Le prime immagini del JWST

Si apre una nuova era per l'astronomia

Le prime immagini dello JWST presentate il 12 luglio 2022.

La presentazione delle prime immagini scientifiche del James Webb Space Telescope (JWST) è stata un evento curato nei minimi dettagli con assoluta maestria dalla NASA e i suoi partner. Ogni passaggio del percorso che ha portato alla cerimonia è stato abilmente studiato per ottenere il massimo impatto mediatico, dalle operazioni di lancio del telescopio, le varie tappe, sino alla meta nel punto L2. Anche le operazioni di messa in esercizio dello strumento, con il rilascio d’immagini che lasciavano intravedere le potenzialità del telescopio, erano parte dello spettacolo che si è chiuso con il finale nel pomeriggio del 12 luglio.

Che alla NASA sappiano come creare attesa nel pubblico, lo sappiamo bene, e anche la scelta di proporre la prima immagine in un evento speciale, alla presenza del Presidente Joe Biden in persona e del vicepresidente Kamala Harris, è stato un chiaro messaggio più politico che scientifico, in un momento di crisi internazionale in cui riaffiorano i fantasmi della Guerra Fredda.

La prima e la più profonda

SMACS 0723 è la stata la prima immagine ad essere stata mostrata al pubblico nel corso di una specifica conferenza stampa.

Svelare l’immagine di SMACS 0723 il giorno prima, in una sorta di conferenza stampa (iniziata molto in ritardo rispetto all’orario annunciato), aveva l’intento di far scrivere già fiumi di articoli e creare altra attesa per le rimanenti immagini.

Un grande evento mediatico

Quella del 12 luglio è stata invece una vera cerimonia mediatica, curata con grande attenzione in ogni aspetto, dalla scenografia alle inquadrature. Anche la scelta della presentatrice non sembra essere casuale: l’astrofisica Michelle Thaller è, infatti, uno dei nomi più popolari della divulgazione statunitense e molto avvezza alle telecamere, davanti alle quali si muove con disinvoltura. Scelta strategica per evitare intoppi, demandando ai relatori inesperti il ruolo di ospiti.

Tra le immagini presentate, forse non c’è un soggetto più importante di altri, tutte diventeranno iconiche e chissà quante pagine di articoli scientifici saranno scritte con l’analisi dei dati. È certo che verranno altre ultra-deep field, altre immagini di galassie interessanti, nebulose e zone di formazione stellare e spettri di esopianeti.

L’evento è iniziato tuttavia con l’immagine che già conosciamo di SMACS 0723 di cui sono stati forniti altri dettagli e spiegato brevemente il contenuto e l’interesse. In appena 2’x2’ si contano centinaia di galassie, molte delle quali distorte per effetto lente gravitazionale e distanti circa 13 miliardi di anni luce. La galassia in primo piano è a sua volta esibisce strutture interessanti per gli specialisti di evoluzione galattica.  

Inoltre si comporta come un “telescopio gravitazionale” che aumenta la potenza del JWST. Grazie a tale stratagemma possiamo spingere lo sguardo ancora  più lontano, indietro nel tempo e studiare l’evoluzione di quegli oggetti antichissimi.

Lo studio delle deformazioni subite dagli oggetti di fondo permette inoltre di stimare la massa che le ha prodotte e di caratterizzare l’esteso alone di materia oscura invisibile che avvolge SMACS 0723.

L’atmosfera dell’esopianeta WASP-96 b

Lo spettro infrarosso dell’esopianeta WASP-69 b denuncia la presenza di molto vapore d’acqua nella sua atmosfera.

Lo spettro dell’atmosfera dell’esopianeta WASP-96 b, scoperto nel 2014, è composto principalmente da gas, si trova a circa 1150 anni luce dalla Terra, orbita attorno alla sua stella ogni 3,4 giorni. Grazie alle osservazioni dello strumento Niriss a bordo dell’JWST è stata evidenziata abbondante presenza di vapore d’acqua, insieme a prove di nuvole e foschia.

L’osservazione è la più dettagliata del suo genere fino ad oggi, a dimostrazione della capacità senza precedenti di Webb di analizzare atmosfere distanti centinaia di anni luce. L’acqua in unesoatmosfera era stata rilevata da Hubble già nel 2013, tuttavia nella regione infrarossa tali osservazioni sono possibili solo dallo spazio per via dell’assorbimento dovuto all’atmosfera terrestre. La dettagliata osservazione di Webb segna un importante balzo in avanti.

Anche se meno spettacolare per il pubblico, forse il piatto forte è stata la presentazione di tale spettro infrarosso. Le potenzialità dell’JWST sono evidenti e sarà perfettamente in grado di registrare le abbondanze chimiche nelle atmosfere di tanti esopianeti. La speranza è di trovare inequivocabili firme chimiche di molecole associabili all’attività biologica, almeno come la conosciamo.

La nebulosa planetaria Anello del Sud

La nebulosa planetaria NGC 3132 ripresa con la NIRCam (sinistra) e lo strumento MIRI (destra).

A seguire, sono state mostrate le dettagliatissime immagini infrarosse con gli strumenti NIRCam e MIRI, della nebulosa planetaria NGC 3132, detta Anello del Sud, a circa 2500 anni luce. Le nebulose planetarie sono formate da gusci di gas ionizzato dall’intensa radiazione ultravioletta emessa dal nucleo di una stella morente sino a circa 8 masse solari. È una fase transitoria che dura solo poche migliaia di anni. NGC 3132 ha un diametro di circa mezzo anno luce e ne dista duemila dalla Terra.

Il Quintetto di Stephan

Il Quintetto di Stephan.

È stata poi la volta del Quintetto di Stephan, un gruppo compatto di galassie scoperto nel 1877, al centro di una lunga controversia sui redshift. Osservato con lo spettrometro NirSpec, l’immagine mostra dettagli assolutamente inediti. L’immagine è un mosaico di 150MP e copre un’area pari a 1/5 di quella lunare. La presentazione è stata affidata all’astrofisica dell’ESA Giovanna Giardino.

L’immagine mostra in modo inequivocabile che solo tre delle galassie del gruppo sono realmente in interazione, mentre una di esse appare ben risolta in stelle ed è evidentemente più vicina e allineata prospetticamente, al pari della quinta visibilmente più lontana. La vista in infrarosso permette di distinguere nettamente le regioni in cui è in corso un’intensa formazione stellare.

La Nebulosa della Carena

La Nebulosa della Carena.

Infine, è stata mostrata l’immagine di una porzione della Nebulosa Carena, catalogata come NGC 3324. Tra tutte le immagini è quella più appetibile al pubblico per la ricchezza di dettagli e colori. Questa nebulosa è una delle più grandi del cielo e si trova a 7600 anni luce ed è sede d’intensa formazione stellare. L’immagine mostra nel dettaglio la nube molecolare e gli effetti della radiazione di stelle calde e giovani, comprese alcune ancora in fase di contrazione.  

Ha collaborato Giovanni Vincenzo Donatiello

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.