Domanda di Salvatore Pellegrino del 29/01/2023

Domanda Un obiettivo degli astronomi è trovare un pianeta gemello della Terra; fra i requisiti c'è la presenza di una atmosfera simile a quella terrestre che contenga innanzitutto ossigeno (libero). Il JWST è in grado di rilevarlo? EELT sarà pure usato nell'analisi della atmosfera degli esopianeti: in cosa risulterà superiore al JWST dal momento che entrambi operano nel vicino e medio infrarosso?
Autore Salvatore Pellegrino
Risponde Giuseppe Donatiello
Risposta L’ossigeno libero (cioè in forma molecolare composta da due atomi) è certamente un valido marcatore biologico ma debole poiché è una molecola che può essere prodotta da processi che di biologico non hanno nulla. La rivelazione dell’ossigeno nelle atmosfere planetarie non sarebbe la prova dell’esistenza di attività biologica se, insieme a tale molecola non fossero trovati altri biomarcatori più forti. La forte radiazione ultravioletta della stella, ad esempio, può scomporre le molecole d'acqua nell'atmosfera, creando idrogeno atomico e ossigeno. L’idrogeno è abbastanza leggero da sfuggire nello spazio perciò, nel tempo, tale processo potrebbe far sì che un esopianeta esibisca una densa atmosfera di ossigeno. Non tutti i biomarcatori sono inoltre esclusivi dell’attività biologica, quindi nella ricerca di vita aliena andranno cercate soprattutto le firme spettrali di sostanze unicamente legate alla chimica biologica, almeno per come la conosciamo. Anche il concetto stesso di vita è tutt’altro che univoco. Organismi con attività del tutto analoghe alle forme biologiche, basate sul carbonio, potrebbero non produrre alcun prodotto di scarto riconoscibile come biomarcatore. In altri termini, per quanto perfezionata possa essere la nostra ricerca di altri viventi nel cosmo, c’è il rischio di essere limitati e condizionati dall’unica forma che conosciamo. Anche sulla Terra, nei primi miliardi di anni, i viventi unicellulari hanno prosperato nei mari senza produrre significativi tenori di ossigeno. Trovarne in quantità misurabili, sempre nell’ipotesi di forme viventi come quelle terrestri, significherebbe che quelle atmosfere ospitano una biosfera già molto evoluta. Quegli organismi hanno già conosciuto un evento come la “grande ossidazione” adattandosi a un’atmosfera altrimenti letale. Un esopianeta con un’atmosfera come quella appena descritta, con forti biomarcatori, è nelle attuali possibilità tecnologiche. Sia il JWST dallo spazio, sia il costruendo ELT dal suolo, sono potenzialmente in grado di rivelare la presenza di ossigeno molecolare per via spettroscopica in pianeti non molto distanti. Anche in spettroscopia, la rivelazione delle righe è condizionata dalla luminosità della sorgente. Nello specifico, alcuni astronomi propongono che il JWST potrebbe cercare l’impronta dell’ossigeno mediante l’osservazione di una particolare banda di rotazione-vibrazione fondamentale indotta dalla collisione tra molecole. Quando le molecole di ossigeno si scontrano, l'evento crea un segnale forte che impedisce a parte dello spettro di essere osservabile. Tale banda è a 6,4 μm ed è la migliore prova della presenza di ossigeno molecolare atmosferico in Infrarosso Medio. Gli assorbimenti indotti dalle collisioni (CIA) potrebbero essere la caratteristica O2 più rilevabile per le osservazioni di transito. Quella dell’ossigeno potrebbe essere l’unica firma rilevabile entro un raggio di 5pc dal Sistema Solare con il JWST mediante lo strumento MIRI. Un pianeta con un’atmosfera simile a quella terrestre (per tenore di ossigeno), sarebbe identificabile con il metodo della sottrazione spettrale nel corso di un transito, se distante meno di 16 anni luce. Tuttavia ciò non sarebbe in grado di confermare l’origine biologica con una certa percentuale di falsi positivi [Nat Astron 4, 372–376 (2020)]. ELT consentirà invece di ottenere immagini dirette di alcuni esopianeti vicini, compresi quelli rocciosi nelle zone abitabili della stella. Grazie all'enorme potere di raccolta dell'ELT, gli astronomi saranno anche in grado di rilevare e caratterizzare le impronte chimiche delle loro atmosfere mentre sono in transito davanti alla loro stella madre. ELT grazie agli spettrografi ultra stabili, sfruttando la grande potenza di raccolta del telescopio, raggiungerà precisioni di misurazione delle velocità radiali intorno 1 cm/s e sarà in grado di rivelare pianeti rocciosi in zone abitabili. Con tale ciclopico telescopio potranno essere studiate le proprietà fisiche e chimiche degli esopianeti, i loro parametri orbitali e le strutture interne, i profili di temperatura, la composizione delle loro atmosfere, il clima, le stagioni e molto probabilmente indicazioni dell’esistenza di forti biomarcatori. Alle lunghezze d'onda del visibile e medio infrarosso, l'ELT sarà in grado di rilevare varie firme molecolari, accessibili a risoluzioni spettrali basse e alte tra cui monossido e biossido di carbonio, metano, acqua, ammoniaca e anche l’ossigeno negli spettri di pianeti di tipo roccioso in zone abitabili. In alternativa, le atmosfere degli esopianeti possono essere osservate durante i transiti [fonte ESO]. I possibili target sono gli oggetti che vari osservatori orbitali e dal suolo stanno scoprendo con regolare frequenza. Tali misurazioni sono state già eseguite per pianeti giganti con telescopi della classe 8 metri. Estendere queste misure al regime dei pianeti terrestri è una possibilità alla portata dell'ELT. Per tali pianeti, e per quelli che si trovano nella zona abitabile. Se la vita analoga alla nostra è un fenomeno universale e comune, così come molti credono, la scoperta di un esopianeta con un’atmosfera con segni di attività biologica potrebbe essere qualcosa di imminente, entro pochi anni. Tutto questo è emozionante e possiamo considerarci dei privilegiati per vivere in tale momento storico.

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