Domanda di Salvatore Pellegrino del 19/07/2022

Domanda OSSERVARE LE PRIME GALASSIE E LE PRIME STELLE COL WEBB TELESCOPE Il 12 luglio finalmente abbiamo potuto vedere la prima immagine dello spazio profondo fornita dal Webb telescope e confrontarla con quella fornita precedentemente da Hubble. Grazie alla possibilità di vedere nel vicino e medio infrarosso si sono potute veder galassie invisibili ad Hubble a causa del redshift cosmologico. Per catturare la loro luce ha dovuto sfruttare le lenti gravitazionali generate magari da ammassi di galassie o è stato capace catturare la luce senza questi aiuti? Vedremo con Webb telescope le prime galassie e soprattutto le prime stelle (le sfuggenti finora di Popolazione III) o per vederle dobbiamo aspettare un altro telescopio ancora più potente? Potrebbe essere necessario per vedere con Webb telescope le prime stelle il cosiddetto allineamento perfetto fra sorgente-lente-osservatore con lente un grande ammasso di galassie che implicherebbe una grande amplificazione della luce?
Autore Salvatore Pellegrino
Risponde Giuseppe Donatiello
Risposta Rispetto a Hubble, il Webb presenta una superficie di raccolta luce circa 7 volte maggiore e questo è un bel passo in avanti. Se poi consideriamo che entrambi operino nello spazio, le loro prestazioni sono realmente limitate dalla diffrazione. Si pensi che in Visuale e NIR, nonostante uno specchio di soli 2,4 m, Hubble è in grado di superare in pratica tutti gli strumenti operanti dal suolo nelle stesse lunghezze d’onda, grazie all’assenza del disturbo dell’atmosfera. Questo è uno dei motivi che rendono Hubble e Webb, strumenti ambitissimi dagli astronomi. Webb non manderà in pensione Hubble poiché, nonostante qualche acciacco dovuto all’età e all’assenza di manutenzione, rimane uno strumento formidabile da sfruttare sino a quando potrà funzionare. L’entrata in funzione del Webb non farà calare l’interesse della comunità astronomica per accedere al suo utilizzo. Se Hubble è portentoso, lo è ancor di più Webb, grazie alla maggiore potenza sia in termini di raccolta luce sia in risoluzione. È difficile quantificare quanto tali differenze potranno incidere su specifiche osservazioni, ma già il confronto con le immagini dello stesso soggetto eseguite con Hubble e Webb permettono di apprezzare notevoli differenze. Sull’ammasso SMACS 0723 è emersa una maggiore visione dei dettagli in tutti gli oggetti presenti nel campo, così come nella profondità della stessa con la presenza di sorgenti assenti nella prima. In verità, un confronto tra Hubble e Webb è leggermente improprio perché sono due strumenti che operano in regioni spettrali leggermente differenti ma sono anche figli di una tecnologia diversa. Hubble utilizza elettronica risalente agli anni 80/90 mentre Webb monta elettronica molto più recente. Tutto questo si traduce pure in un’efficienza maggiore. Potenza ottica e qualità dell’elettronica permettono di ottenere immagini scientifiche di qualità in un tempo nettamente più breve: la ripresa dell'Ultra Deep Field di Hubble ha richiesto giorni, mentre l’immagine di SMACS 0723 circa 12 ore di integrazione. Questo significa che Webb potrebbe spingersi davvero profondo, ma quanto? Certamente non vedrà cose che non può vedere… quindi gli astronomi si aspettano che riesca a scorgere sorgenti a ridosso dell’Era Oscura, sicuramente meglio di quanto abbia già fatto Hubble (ne abbiamo spesso parlato nelle nostre news). Spingendosi così indietro, Webb permetterà di vedere la luce delle prime galassie, stirata per via dell’espansione cosmica nella regione infrarossa dello spettro. La scelta di far operare il telescopio nell’infrarosso deriva anche da questo e dall’interesse di tale regione dello spettro per interessanti processi più locali (si pensi alla formazione stellare nelle nubi molecolari) o lo studio degli esopianeti, anche spettroscopicamente per ricerca di biomarcatori. Hubble ha mancato la rilevazione delle prime stelle, la fantomatica Popolazione III, ma potrebbe riuscirci il Webb. Non significa che si debba però guardare necessariamente a distanze cosmologiche poiché tali stelle potrebbero essere anche vicinissime a noi, magari in qualche galassia nana vicina. La logica ci porta a considerare gli oggetti a distanze cosmologiche, ma anche uno strumento come il Webb potrebbe faticare non poco perché tali stelle apparirebbero debolissime. Di recente ha destato un certo clamore la mia scoperta della galassia nana ultradebole Pegasus V, un lontano satellite di M31 ma leggermente più vicino alla Terra, che sembra essere una vera reliquia dell’era della reionizzazione. Questa galassia sembra essersi formata molto presto e altrettanto presto ha smesso di produrre stelle. Sicuramente quelle stelle a bassissima metallicità si sono formate con gas contaminato dalle primissime stelle, compresa la primigenia Popolazione III. Gli esperti dicono che fossero mediamente oggetti giganteschi con masse enormi rispetto alle stelle attuali. Quasi tutte sono esplose nel volgere di pochissimi milioni di anni, ma qualcuna di piccola massa potrebbe essere sopravvissuta sino alla nostra epoca. Uno strumento come il Webb sarebbe in grado non solo di registrare queste debolissime nane rosse ma anche di analizzarne il contenuto delle loro atmosfere. Ci riuscirà? Non potremo saperlo sino a quando non sarà intrapresa una ricerca sistematica. Come scopritore di Pegasus V, spero che tali ricerche avvengano proprio su questa galassia nana. Non va nemmeno sottovalutata la possibilità di sfruttare le lenti gravitazionali per sbirciare più a fondo nello spazio-tempo. Le lenti gravitazionali si comportano, infatti, come veri telescopi cosmici, amplificando sorgenti più lontane, quindi il Webb si potrebbe davvero spingere sino all’alba cosmica, cioè l’era della reionizzazione, intorno a 13 miliardi di anni fa. Di allineamenti ottimali ce ne sono tantissimi da sfruttare e sicuramente sarà fatto. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che, comunque, grazie alle microonde possiamo spingere l’osservazione dell’Universo sino alla radiazione cosmica di fondo (Cosmic Microwave Background), risalente a circa 380 mila anni dopo il Big Bang. Fisicamente non si può andare oltre nel nostro orizzonte cosmico.

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