Domanda di salvatore pellegrino del 15/08/2021

Domanda In riferimento all'attuale pandemia di Covid19, hanno suscitato in me molto interesse due articoli su Cosmo edizione aprile 2021 e novembre 2020. Aprile 2021: virus (compreso Covid19 anche se sembra ormai accertato la provenienza dai pipistrelli) potrebbero avere una origine aliena. Quanto è probabile che in futuro una pandemia venga scatenata da un virus extraterrestre? Si hanno novità sui farmaci anticovid che si stanno testando in condizioni di microgravità su ISS? sarei entusiasta in caso di successo! Novembre 2020: Il compianto Nicki D'amico aveva suggerito a Inaf di promuovere un programma per utilizzo raggi Uv per sanificazione dell'aria e delle superfici in ambienti chiusi: ha avuto degli sviluppi? in altre parole, portare in ambienti chiusi i vantaggi che naturalmente il sole offre all'aperto soprattutto nel mese di luglio dove l'indice Uv raggiunge il valore massimo ovvero 11 garantendo un livello ottimo di sterilizzazione dell'aria (Covid e altri virus ko!!). In caso negativo, non ritenete un errore da parte del governo non aver promosso attività di ricerca per la tecnologia Uv contro i virus lasciando ai privati tale sviluppo con piccole risorse a disposizione? Oggi sono disponibili nel mercato impianti areazione, purificazione aria e sterilizzazione ambienti con raggi Uv che contrasterebbero la diffusione del virus in ambienti chiusi luoghi ideali del contagio (scuole in primis); infatti penso che se il governo avesse fatto la sua parte oggi avremmo a disposizione impianti più efficienti magari in grado di inibire completamente tutti i virus in un ambiente chiuso anzichè il 99% dichiarato dalle ditte: cioè “portare” il sole in terra non solo realizzando il processo di fusione nucleare (attualmente reattore è in costruzione nel sud della Francia) ma anche in ambienti chiusi con la tecnologia Uv!
Autore salvatore pellegrino
Risponde Redazione
Risposta Risponde Giordano Cevolani, autore dell'articolo "Virus spaziali" pubblicato su Cosmo n. 16 (aprile 2021). Nell'articolo i virus vengono descritti come "organismi ai margini della vita", e sono più numerosi di tutte le altre forme di vita sulla Terra. Già questa considerazione potrebbe di per sé essere una motivazione sufficiente per andare a trovarli altrove. Il Daily Express del marzo 2020 ha pubblicato un’intervista, poi rimbalzata su altre testate, a Chandra Wickramasinghe, eminente astrobiologo allievo di Fred Hoyle, il quale ritiene che il coronavirus abbia origine dallo spazio e sia giunto sulla terra “a bordo” di una meteorite. Questa posizione non è condivisa dalla maggioranza della comunità scientifica, anche se il contrasto di opinioni sull'origine del virus è ancora vivo, tant'è che una delegazione dell'Organizzazione mondiale della sanità si è recata in Cina all'inizio di quest'anno per determinare la causa dell'epidemia, ma non è stata in grado di raggiungere una conclusione definitiva. Nondimeno, ci sono prove che esistono batteri e altri organismi nello spazio che raggiungono la Terra, come pure esistono ricerche che considerano probabile che lo stesso avvenga per alcuni virus. ll micidiale virus dell’Hiv, scoperto circa 40 anni fa, apparentemente dal nulla, potrebbe esser divenuto più aggressivo per tante ragioni. Questo virus è stato rilevato nei primati, ma questa non è una prova che provenga dalle scimmie, come la scoperta del Sars-CoV-2 nei pipistrelli non è una prova definitiva che provenga da questi animali. Una possibile spiegazione alternativa è che potrebbe esserci stato un virus in circolazione da molto tempo, e improvvisamente sia mutato con l’ausilio di Rna giunto dallo spazio che lo ha reso improvvisamente virulento. Jonathan Clark, ex medico dell’equipaggio del programma Space shuttle della Nasa, ha spiegato che virus come l’influenza o il Covid19 potrebbero essere trasmessi più facilmente in un ambiente a microgravità, come sulla Stazione spaziale internazionale: “L’assenza di gravità impedisce alle particelle di depositarsi, quindi rimangono sospese nell’aria e potrebbero essere trasmesse più facilmente. Per evitare questo, i compartimenti sono ventilati e il sistema di aerazione è dotato di filtri che rimuovono le particelle”. Uno degli obiettivi delle ricerche sulla Iss è di verificare come i virus reagiscono in presenza di microgravità. Nel novembre 2020 uno studio dell’Iss conferma che il decadimento del virus è sensibile alla temperatura. Inoltre, i cambiamenti nei livelli degli ormoni dello stress e altre ripercussioni fisiche del volo spaziale causano un cambiamento del sistema immunitario. Mentre un astronauta potrebbe avere un buon sistema immunitario sulla Terra, potrebbe essere più suscettibile a malattie o addirittura a reazioni allergiche quando è nello spazio. Fino ad oggi non c'è notizia confermata di farmaci anticovid efficaci. testati in condizioni di microgravità. “Portare” il Sole sulla Terra è un'immagine tanto suggestiva quanto auspicabile per combattere seriamente il Covid19. Uno studio condotto da medici del dipartimento Luigi Sacco dell’Università degli Studi di Milano, ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dell'Istituto nazionale dei tumori, mostra che i raggi ultravioletti sono in grado di disattivare il virus in pochi secondi. Inoltre il Sole determina la cosiddetta stagionalità del virus, come riportato da un altro studio dell’Università di Harvard secondo il quale la differenza tra i raggi UV che arrivano tra inverno ed estate ha portato a una riduzione del 7% nel tasso di crescita dell’epidemia nell’emisfero nord. Secondo taluni modelli teorici, infatti, l’inattivazione del coronavirus avviene tramite i raggi Uv-B (quelli con lunghezza d'onda media tra i 315 e 280 nanometri), cioè gli ultravioletti con una lunghezza d’onda media, che colpiscono l’RNA danneggiandolo. La luce Uv ha uno spettro composto da onde più lunghe, chiamate Uv-A, che non hanno molta energia, mentre le onde Uv-B sono le principali responsabili dell’eliminazione di patogeni e dell’esposizione delle nostre cellule al rischio dei danni solari. Infine, la radiazione Uv-C, l’onda più corta, si è dimostrata efficace contro i virus come il Sars-Cov-2, come aveva verificato lo studio italiano, ma non arriva sulla superficie terrestre direttamente perché viene bloccata dall’atmosfera, in particolare dall’ozono. L'ipotesi è che la radiazione Uv-A potrebbe interagire con alcune altre molecole come quelle delle goccioline di saliva, creando condizioni biochimiche tali da interagire con il virus accelerandone l’inattivazione. Se confermato, anche i raggi Uv-A possono essere sfruttati come arma per abbattere il rischio contagio, grazie a una efficace sterilizzazione, negli ambienti dove potrebbe essere maggiore. Anche in questo settore la ricerca sui raggi Uv potrà, forse a breve, dire la sua nel contrastare con successo la propagazione del virus.

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