
Come distinguere i messaggi “intelligenti” da quelli astrofisici? Per prima cosa bisogna capire come la vita intelligente potrebbe interagire con il suo ambiente circostante e se e come possa essere in grado di comunicare. Questo è un argomento estremamente vasto e irto di pericoli, essendo una zona d’ombra fra la fisica e la filosofia. Per non ricadere nella pura speculazione è utile isolare tre punti saldi che permettono di fare chiarezza:
1) Quante sono e quanto diverse potrebbero essere le forme di vita intelligenti nell’universo?
A cercare di rispondere a questa domanda non facile contribuiscono diverse branche del sapere, come l’astrobiologia, la chimica, la biologia, la geologia e le scienze planetarie ed esplorative. La permanenza della vita su altri mondi viene analizzata dal punto di vista biochimico, partendo da modelli cosmologici e fisico-chimici.
2) Come forme di vita intelligenti sarebbero in grado di comunicare fra loro?
A questa domanda le scienze cognitive e le neuroscienze, coadiuvate dalla matematica, dagli algoritmi di reti neurali e dall’inferenza statistica provano a dare una risposta. E lo fanno usando modelli fisico-chimici e biochimici partendo dalla comunicazione fra gli esseri terrestri ed immergendo tali modelli in ambienti esoplanetari. In questo modo si generano sistemi neurali probabilistici e omologhi su come entità aliene potrebbero comunicare fra loro o interagire con l’ambiente che le circonda.
3) Come possiamo rilevare la vita intelligente?
Ci sono moltissime teorie a riguardo, strategie esplorative e protocolli sperimentali. Da quando è nata, la ricerca Seti cerca di rispondere alla una delle domande più importanti quanto controverse: siamo soli nell’Universo?
La nuova astronomia e l’astrobiologia stanno approcciando il problema da vari punti di vista, analizzando le atmosfere planetarie, cercando molecole e ricreando in laboratorio le condizioni di altri pianeti.
Il radio Seti si sforza di rilevare le tecnofirme, ovvero l’esistenza di quelli che dovrebbero essere segnali che tradiscono la presenza di civiltà extraterrestri intelligenti.
In passato, la radioastronomia e l’astronomia a microonde hanno svolto un ruolo importante in questa ricerca, cominciando a cercare vicino alla riga neutra dell’idrogeno a 1,42 GHz per l’emissione continua a banda stretta. Di tutto lo spettro elettromagnetico, infatti, le frequenze radio sono un forte candidato per le ricerche, poiché questa emissione dovrebbe derivare da civiltà avanzate, in particolare dalla loro attività tecnologica e le onde radio viaggiano relativamente senza ostacoli attraverso l’atmosfera, la polvere e il mezzo interstellare. In particolare, l’emissione a banda stretta è molto allettante come discriminante dai fenomeni radio astrofisici naturali.
In passato, tuttavia, molti segnali sono stati falsati dalle interferenze radio terrestri che, in alcuni casi, hanno generato falsi positivi. La maggior parte delle ricerche Seti di oggi sono condotte da radiotelescopi terrestri, cosa che implica interferenze onnipresenti sia da parte dei dispositivi terrestri che satellitari e che possono essere confusi con tecnofirme aliene.
Attualmente, il problema si può ovviare puntando il telescopio in un punto diverso nel cielo per poi tornare più volte nel punto in cui il segnale è stato originariamente rilevato per confermare che non si trattava di un segnale isolato. Nonostante questo, non esiste garanzia che il segnale non sia qualcosa di strano prodotto sulla Terra.
La tecnica della scintillazione
Una nuova tecnica sviluppata dagli astronomi del progetto Breakthrough Listen presso l’Università della California, Berkeley, promette di verificare che segnale sia effettivamente passato attraverso lo spazio interstellare, eliminando la possibilità che esso sia una semplice interferenza radio terrestre. Questa nuova tecnica incredibilmente potente, chiamata scintillazione, abbinata a una strumentazione in grado di registrare dati con altissima fedeltà permette di vedere l’effetto del mezzo interstellare sul segnale radio.
L’effetto dominante che causa la diffusione radio nel plasma ionizzato è la rifrazione dovuta alle variazioni della densità degli elettroni. Le variazioni dell’indice di rifrazione danno dunque luogo a cambiamenti di fase quando un’onda radio piana passa attraverso lo strato diffondente e queste variazioni di fase, insieme ai ritardi di fase indotti dal percorso, si propagano fino all’osservatore, creando un modello di interferenza.
Questi effetti di scattering a radiofrequenza, chiamati scintillazione diffrattiva e l’allargamento degli spettri potrebbero imprimersi sui segnali extra-solari a banda stretta, alterandoli abbastanza da essere risolti e distinti dalla dall’interferenza dei segnali terrestri.
È stato osservato che la ionosfera, il mezzo interstellare e il vento solare possono indurre effetti di scattering sull’emissione radio dalle stelle. Le pulsar stesse furono scoperte grazie a questo effetto e gli studi successivi hanno rivelato una forte dispersione del mezzo interstellare.
È proprio questa scintillazione che cambia la rilevabilità di una firma tecnologica. Il più delle volte, l’intensità del segnale è ridotta, ma occasionalmente l’intensità aumenta a causa dei fenomeni di interferenza costruttiva. I segnali astrofisici sono a banda larga e sono quindi meno soggetti a questo effetto, un po’ come le immagini ottiche dei pianeti, che non sono soggette alla scintillazione atmosferica a causa della loro estensione, a differenza di quelle stellari, che sono puntiformi.
Potenzialmente, questo metodo potrebbe permettere di differenziare un segnale intrinsecamente dalle interferenze a radiofrequenza e rilevare anche segnali sporadici senza necessità di ritornare nello stesso punto e correre il rischio di non riceverlo più. Ne è un esempio il famoso segnale a banda stretta di 72 secondi osservato il 15 agosto 1977 da un radiotelescopio in Ohio, probabilmente dovuto a un’interferenza radio. Se infatti il primo indizio di vita fuori dal Sistema solare fosse identificato attraverso un segnale una tantum, ovvero, un segnale che non si ripete, oggi avremmo la possibilità di dire se effettivamente si tratta di qualcosa che proviene dallo spazio o è un’interferenza terrestre.