Una nuova vista sul disco di Fomalhaut

Il telescopio spaziale Webb svela nuovi e interessanti dettagli nella sua struttura

Il disco di detriti della stella Fomalhaut ripreso dal JWST con la camera MIRI [ NASA, ESA, CSA, A. Gáspár (Università dell'Arizona), A. Pagan (STScI)]

Quello di Fomalhaut, la giovane stella alfa nella costellazione del Pesce Australe, è stato tra i primi dischi di detriti circumstellari a essere scoperto dal satellite IRAS nel 1983. I dischi di detriti si sviluppano più tardi, in seguito alla formazione dei pianeti e alla dispersione del gas primordiale nei sistemi. Mostrano che piccoli corpi rocciosi si stanno scontrando in modo catastrofico, formando enormi nuvole di polvere e altri detriti. Nelle osservazioni infrarosse il disco di Fomalhaut presenta dimensioni apparenti comparabili a Giove, ma non è rilevabile a lunghezze d’onda visibili a causa della preponderante luce stellare su quella debolissima diffusa dai detriti. Anche con grandi telescopi la situazione non migliora, quindi gli astronomi si affidano alle osservazioni infrarosse, dove l’ingerenza della stella è molto minore.

Un sistema triplo davvero particolare

Ricordiamo che Fomalhaut è una stella bianca con temperatura efficace di circa 8500 K, ben visibile verso sud nel cielo autunnale. Dista circa 25 anni luce e fa parte di un sistema triplo davvero particolare o, più realisticamente, è parte di un gruppo di stelle con lo stesso moto proprio. A differenza di altre stelle doppie o multiple, le componenti non sono vicine ma addirittura distanti in cielo alcuni gradi tra loro. Senza le informazioni di distanza e moto proprio si stenterebbe a credere che esse siano appartenenti al medesimo sistema.

Fomalhaut B (da non confondere con Fomalhaut b, il presunto pianeta di A) è più nota come TW PsA ed ha permesso di datare l’età del sistema in circa 440 milioni di anni. Fomalhaut C , anche LP 876-10 , è la lontana terza stella del sistema. Si trova a circa 5° da A, all’incirca a metà strada con la Nebulosa Elica . Dista 2,5 anni luce (0,77 pc) da A e 3,2 anni luce da B (0,987 pc).  La magnitudine circa 12,5 la rende un soggetto interessante per fotografie, quasi un analogo di Proxima Centauri.

Era una nana rossa solitaria, almeno sino all’ottobre 2013, quando Eric Mamajek annunciò che la stella aveva una posizione, distanza, velocità e magnitudine coerenti con Fomalhaut, diventando Fomalhaut C. La stella ha una massa di 0,2 volte il Sole, mentre Fomalhaut A è 1,9 e B è 0,7. Se davvero in orbita reciproca, il sistema di Fomalhaut sarebbe il più ampio conosciuto.

Il disco di detriti osservato a più lunghezze d’onda con il JWST. Sopra l’aspetto reale, sotto l’aspetto fittizio che avrebbe se visto in posizione polare. (Tratto da Gáspár, A., Wolff, S.G., Rieke, G.H. et al.)

Un laboratorio naturale

Se già il sistema stellare è molto interessante, lo è ancor di più il disco di detriti perché può essere considerato un laboratorio naturale di formazione planetaria in corso, osservabile in diretta in un ambiente che ricalca quello del giovanissimo Sistema Solare, con notevole dettaglio grazie alla relativa vicinanza. I dischi di detriti planetari sono analoghi alla fascia asteroidale e alla cintura di Kuiper nel Sistema Solare. La loro struttura rivela la configurazione di piccoli corpi in orbita e fornisce indizi sulla presenza di pianeti.

Quello di Fomalhaut è leggermente inclinato rispetto alla nostra direzione di vista, tuttavia non tanto da rendere difficoltosa la risoluzione di lacune e addensamenti. La forte emissione in infrarosso/submillimetrico tradisce la preponderanza di polveri riscaldate dalla radiazione stellare. Il disco è stato risolto dai telescopi spaziali Hubble, Spitzer, Herschel e dal suolo con l’Atacama Large Millimeter Array (ALMA).

Il pianeta che non c’è

Con tali osservazioni erano stati evidenziati anelli a varie distanze dalla stella e quello che sembrava essere un pianeta, denominato Fomalhaut b. Quell’oggetto era più probabilmente una nube compatta di polveri generata per collisione, ormai completamente dissolta.

Il disco di Fomalhaut era per ovvie ragioni nella lista di oggetti vicini da osservare a lunghezza d’onda del medio infrarosso usando lo JWST e la camera MIRI. Grazie alla straordinaria risoluzione del nuovo telescopio spaziale, non sono mancate le sorprese.

Il disco di Fomalhaut nell’immagine ottenuta con lo struemnto MIRI. Tra gli anelli sono ben visibili le lacune, forse occupate da pianeti, e addensamenti di polveri prodotti da collisioni tra corpi rocciosi. (Cortesia András Gáspár et al.)

Struttura ad anelli

Le nuove osservazioni mostrano lo stretto anello esterno analogo alla Fascia di Kuiper già noto; una maggiore estensione di quella che si pensava essere l’analogo della Fascia Principale; una nuova cintura intermedia, probabilmente guidata da un pianeta invisibile che funge da pastore. La cintura appena scoperta è delimitata da uno spazio interno, situato a circa 78 Unità Astronomiche (AU), ed è disallineato rispetto alla cintura esterna. La nube di polveri Fomalhaut b potrebbe aver avuto origine per collisione in questa cintura, suggerendo un ambiente dinamico ad alto tasso di collisioni. Le osservazioni rivelano inoltre una grande nuvola di polveri all’interno dell’anello esterno, possibile prova di un’altra collisione tra oggetti rocciosi.

L’archetipo dei dischi di detriti

Complessivamente, le tre cinture si estendono sino a 23 miliardi di chilometri dalla stella, cioè 150 AU, all’incirca il doppio delle dimensioni del nostro Sistema Solare, includendo la Fascia di Kuiper oltre Nettuno. Preso insieme alle precedenti osservazioni, quello di Fomalhaut sembra essere un sistema planetario complesso e forse dinamicamente attivo. Queste cinture di detriti, molto probabilmente sono guidate dalle perturbazioni gravitazionali indotte da pianeti invisibili.

I risultati sono stati esposti con un articolo su Nature Astronomy da un gruppo di astronomi guidati da András Gáspár dell’Università dell’Arizona a Tucson.

“Descriverei Fomalhaut come l’archetipo dei dischi di detriti trovati altrove nella nostra galassia, perché ha componenti simili a quelli che abbiamo nel nostro sistema planetario”, ha detto Gáspár. “Osservando i modelli in questi anelli, possiamo effettivamente iniziare a fare un piccolo schizzo di come dovrebbe essere un sistema planetario, se potessimo effettivamente scattare un’immagine abbastanza profonda da vedere i pianeti sospetti”.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.