Il calcio e le stelle

La calmodulina spiega come i nostri occhi raggiungono la sensibilità alla luce fioca

La microscopia crioelettronica e la spettrometria di massa sono due tecniche all’avanguardia per l’analisi dei tessuti. Recentemente, un team guidato da Jacopo Marino ha analizzato l’occhio umano nel dettaglio, in particolare la struttura di un canale ionico. Il risultato è stata la scoperta che l’interazione con la proteina calmodulina sarebbe in grado di spiegare come i nostri occhi possano raggiungere una sensibilità così alta alla luce fioca.

Ma andiamo per gradi. Quando si guarda una fonte luminosa, come un paesaggio in una giornata di sole, i canali ionici all’interno degli occhi si chiudono in risposta alla luce, un processo che è l’apice di una cascata biochimica innescata dalla luce. Quando ciò accade, gli ioni calcio non possono più fluire attraverso i canali situati nella membrana cellulare, e il segnale biochimico viene convertito in un segnale elettrico che passa attraverso il sistema nervoso per poi essere, alla fine, elaborato nel cervello.

In condizioni di scarsa luminosità, per esempio mentre si sta osservano il cielo notturno, i bastoncelli eseguono questo trucco, permettendoci di rilevare solo pochi fotoni di luce da una stella lontana. Sebbene questa possa sembrare una cosa normale, non è affatto scontata per l’occhio umano. Insomma, è un’impresa notevole.

In questo processo, la calmodulina ci aiuta a raggiungere questo obiettivo, interagendo con i canali ionici nelle cellule dei bastoncelli. La calmodulina è un sensore in grado di rilevare il calcio. Consente alla cellula di rispondere alle fluttuazioni del calcio, che è uno dei mezzi di comunicazione della cellula.

Una funzione importante per la calmodulina nell’occhio

I primi esperimenti furono fatti all’interno della retina di una mucca, ma una struttura analoga di quello stesso canale ionico è stata trovata anche nelle cellule dei nostri occhi.

La struttura, chiamata Rod CNG, è costituita da quattro subunità, di cui tre, le subunità A, sono identiche, mentre una quarta, la subunità B, è diversa.

E’ proprio quest’ultima a legare la calmodulina. Questa caratteristica si trova in tutto il regno animale, anche se finora il suo reale funzionamento era ancora poco chiaro.

D’altronde, se qualcosa viene conservato attraverso l’evoluzione, vuol dire che l’adattamento funziona ed è importante. Oggi sappiamo che quando la calmodulina si lega, il canale ionico diventa un po’ più compatto, e questo permette di chiudere i canali. Il vantaggio di questo adattamento è che, in questo modo, la riduzione delle aperture spontanee dei canali impedirebbe al “rumore di fondo” di entrare, rendendo gli occhi più sensibili alla luce fioca.

Ottenere la struttura della calmodulina e il legame del canale ionico non è stato facile in quanto l’interazione tra calmodulina e Rod CNG avviene in una regione altamente flessibile del canale, dove è libero di oscillare. Un po’ come se si cercasse di capire da una fotografia di una stanza piena di persone che stanno ballando, qual è la forma del corpo umano.

Per questo la spettrometria di massa ci viene in aiuto. Grazie ad essa è possibile analizzare pezzi di proteine tagliate da appositi enzimi e di identificarle, permettendo di restringere alcune delle possibilità che non si potevano discernere con la microscopia crioelettronica. Pertanto, la combinazione della microscopia elettronica e della spettrometria di massa ha permesso di far luce su un mistero e di aumentare la nostra comprensione dell’interazione della calmodulina con i canali ionici anche in altre parti del corpo.

Iscriviti alla newsletter

Email: accetto non accetto