Nel cuore del Camaleonte

UNA RIPRESA INFRAROSSA DEL JWST RIVELA LA PRESENZA DI GHIACCI INTERSTELLARI

La regione centrale della nube oscura di Chameleon I. Crediti: NASA/ESA/CSA James Webb Space Telescope's Near-InfraRed Camera (NIRCam)

Quella che state osservando è una piccola parte di cielo situata nella regione centrale della nube molecolare scura Chameleon I, che si trova a 630 anni luce di distanza da noi. La nebulosa che risiede all’estremo sud della costellazione del Camaleonte è molto debole, impossibile vederla a occhio nudo, come del resto, la maggior parte di questi stupendi e poderosi oggetti.

La nebulosa è composta principalmente da tre strutture, chiamate Cha I, II e III e si trova sul bordo più interno del Braccio di Orione, vicino alla celebre Nebulosa Sacco di carbone. La brillante stella Beta Chamaeleontis è circondata dalla polvere che la rende ancora più bluastra a causa del fenomeno dovuto alla riflessione della sua luce ad opera della polvere.

La particolarità di questa immagine è che tutte le stelle e la polvere raffigurate si trovano nella Via Lattea, fatta eccezione per la macchia bianca appena sotto Beta Chamaeleontis che è la galassia IC 3104. La polvere interstellare è una componente che risiede nell’Universo e si genera nelle atmosfere fredde delle stelle giganti per poi venire dispersa nello spazio dalla luce delle stelle stesse, dal loro vento e dalle esplosioni che avvengono alla fine della loro esistenza.

L’immagine, scattata nell’infrarosso dalla Near-InfraRed Camera (NIRCam) del James Webb Space Telescope mostra con un dettaglio abbacinante il materiale che compone questa nube fredda e sottile, in blu, al centro, illuminato in luce infrarossa dal bagliore della giovane protostella Ced 110 IRS 4, in arancione e posta in alto a sinistra in questo maestoso ritratto. Sullo sfondo, numerose stelle sono come puntini arancioni che brillano dietro la nube. Questa particolarità è un dono gratuito perché ci permette di rilevare i ghiacci nella nube, dal momento che assorbono la luce stellare che li attraversa. 

I ghiacci della nube

Questi ghiacci sono materiale che, molto probabilmente, verrà inglobato nei futuri esopianeti, e questo apre una nuova finestra sull’origine delle molecole complesse che sono il primo passo nella creazione dei mattoni della vita.

Il ghiaccio, nello spazio, esiste sui grani di polvere delle regioni più scure delle nubi molecolari interstellari. I granuli di carbonio e di silicati rappresentano il nucleo di grani di polvere di dimensioni maggiori e si originano a temperature di circa 10-20 K. Nelle zone più dense delle nubi molecolari può accadere che gli atomi liberi possano collidere con il grano e rimanervi attaccati, formando un sottile strato congelato. Ciò può avvenire solo se le dimensioni dei grani sono maggiori di qualche decina di nanometri.

Grani di dimensioni inferiori non sarebbero in grado di trattenere gli atomi in maniera efficace. Il processo vede il grano di polvere come attrattore e collante delle molecole circostanti.

L’idrogeno, a sua volta, può combinarsi a formare ghiacci d’acqua, di ammoniaca (NH3), alcol metilico (CH3OH) e metano (CH4). Anche l’ossido di carbonio (CO) , assieme all’anidride carbonica ( CO2) può depositarsi sul grano di polvere e formare ghiacci. Si può trovare anche l’ossisolfuro di carbonio (OCS) che è l’unico composto di zolfo presente nei ghiacci. Infine, possono presentarsi composti del cianogeno, denominati XCN, in cui X è un elemento generico. I grani così prodotti sono di dimensioni oscillanti da 0.25 a 0.5 micrometri e sono composti da un nucleo di silicati e uno strato di materiale organico e ghiaccio.

Le nubi nel Camaleonte sono così dense che il ghiaccio è rimasto per lo più protetto dalle forti radiazioni delle stelle vicine, rendendolo praticamente incontaminato. Si tratta dei i primi ghiacci formatisi e, la cosa incredibile è che contengono anche elementi biogenici, ovvero molecole importanti per la vita.

Inoltre, contengono contenere quantità molto piccole di elementi come ossigeno e zolfo, circa l’1% di quello che ci si aspetta di rilevare. Questo significa che il restante 99% è rinchiuso da qualche altra parte. Gli astronomi pensano che lo zolfo mancante possa essere bloccato all’interno del ghiaccio in minerali reattivi come il solfuro di ferro, che reagisce con il ghiaccio stesso. Il solfuro di ferro è un minerale altamente reattivo che è stato rilevato nei dischi di accrescimento delle stelle giovani e in frammenti di comete, oltre a essere il minerale a base di zolfo più comune nelle rocce lunari.

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