Habitat spaziali su asteroidi

I pianetini potrebbero fornire la materia prima per le colonie di O’Neill

Rendering di un asteroide in un sacchetto flessibile a rete fatto di nanofibre di carbonio ultraleggere e ad alta resistenza (Università di Rochester / Michael Osadciw)

Negli ultimi anni, lo spazio si sta aprendo all’industria privata. Ne sono un esempio le recenti imprese del magnate di Amazon Jeff Bezos con la sua Blue Origin e di Elon Musk con SpaceX, che ha finanziato un volo spaziale senza astronauti.

Il movimento New Space sta dunque mobilitando le aziende aerospaziali che si stanno operando per sviluppare un accesso a basso costo allo spazio per tutti, non solo per i miliardari.

Da qui a dire che lo spazio possa essere fruibile e abitabile per una grande quantità di gente nel prossimo futuro, magari in vista di colonie, ovviamente, il passo è troppo lungo. Per ospitare esseri umani, servirebbero case, edifici e altre strutture in grado di alloggiare milioni di persone in cui essi possano vivere e lavorare.

Ma, ammesso che le città spaziali per ora rimangono un miraggio, potrebbero essere fattibili, almeno in via teorica? E, se sì, come?

Secondo una ricerca degli scienziati dell’Università di Rochester, una grossa opportunità in questo verso potrebbe essere offerta dagli asteroidi. In un articolo a cavallo fra scienza e fantascienza, Adam Frank, Fred H. Gowen professore di fisica e astronomia, e Peter Miklavčič, un dottorando in ingegneria meccanica, delineano un piano per la creazione di grandi città sugli asteroidi.

Una metropoli spaziale rotante

Già nel 1972, la NASA commissionò al fisico Gerard O’Neill la progettazione di un habitat spaziale che potesse consentire agli esseri umani di vivere nello spazio. Lui e i suoi colleghi svilupparono piattaforme chiamate Cilindri di O’Neill, metropoli spaziali rotanti costituiti da due cilindri che ruotavano in direzioni opposte, con un’asta che collegava i cilindri a ciascuna estremità.

La rotazione dei cilindri, secondo i calcoli, era in grado di fornire una forma di gravità artificiale. La velocità di rotazione sarebbe stata tale da far soffrire la cinetosi ai residenti.

I Cilindri di O’Neill, col tempo, sono poi stati ripresi come ispirazione per film, libri e programmi televisivi come Star Treck e Ender’s Game. Sebbene queste strutture siano in grado di fornire una soluzione alla mancanza di gravità dello spazio, mancherebbero le forniture necessarie per trasportare dalla Terra allo spazio il materiale atto alla realizzazione dei cilindri di O’Neill.

La pandemia ha accelerato lo studio di queste colonie spaziali. Piano piano, ha cominciato a farsi largo l’idea che gli asteroidi potessero essere usati per creare cilindri di O’Neill. Questi corpi rocciosi che orbitano attorno al Sole sono i residui della formazione del Sistema solare, formatosi circa 4,6 miliardi di anni fa. Si stima ci siano circa 1000 asteroidi più grandi di un chilometro. Oltre alla loro abbondanza, gli asteroidi hanno molti altri vantaggi che li portano ad essere interessanti per fornire un supporto all’abitazione umana, come la loro composizione rocciosa, in grado di fornire uno scudo naturale contro le radiazioni cosmiche provenienti del sole.

Tuttavia, la roccia che li compone, non è abbastanza forte da gestire anche solo un terzo della gravità terrestre. Questo perché la maggior parte degli asteroidi non sono nemmeno rocce solide ma cumuli di macerie, pietre e sabbia tenuti insieme dalla debole gravità e, una volta messo in rotazione, l’asteroide si fratturerebbe in mille pezzi.

Qui interviene lo studio di Miklavčič, che si concentra su sistemi granulari composti da particelle come sabbia o piccoli grani, studiando come questi sistemi possano rispondere in ambienti con gravità bassa o nulla. Un esempio pratico di questa ricerca è l’impatto che i rover spaziali potrebbero avere quando toccano terra.

Come contenere un asteroide in rotazione

Per ovviare al problema della disintegrazione degli asteroidi in rotazione, i ricercatori immaginano di coprire un asteroide con una sorta di involucro flessibile a forma di rete fatto di nano-fibre di carbonio ultraleggere e sottilissime ad alta resistenza. La forza generata da questa copertura potrebbe essere in grado di avvolgere e sostenere l’intera massa rotante delle macerie dell’asteroide.

Quando l’asteroide verrebbe messo in rotazione, i pezzi delle macerie volerebbero verso l’esterno, espandendo il sacchetto di nanofibra di carbonio che avvolge l’asteroide. Quando il sacchetto raggiunge la sua massima estensione, le nanofibre di carbonio si spezzerebbero, catturando le macerie in espansione e formando uno strato abbastanza spesso da schermare le radiazioni solari per chiunque vi viva all’interno.

Sulla base dei calcoli, un asteroide di 300 metri di diametro di pochi campi da calcio potrebbe essere ampliato in un habitat spaziale cilindrico con circa 57 chilometri quadrati di superficie abitabile.

Ovviamente, questo studio è soltanto teorico ma è un esercizio teorico per verificare se, almeno in teoria, gli asteroidi possano offrire un supporto per eventuali colonie spaziali. Va da sé che nessuno costruirà città di asteroidi, almeno per ora, ma realizzare questo tipo di ingegneria è fisicamente possibile.

In fin dei conti, nel 1900 nessuno aveva mai volato su un aereo, eppure in questo momento migliaia di persone sono comodamente sedute su sedie mentre sfrecciano a centinaia di chilometri all’ora. Chi ci dice che in futuro il progresso tecnologico non possa essere in grado di rendere possibili strutture di questo tipo?

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