I canyon di Marte

Il sistema delle valles marineris è la più vasta cicatrice geologica del sistema solare

Hebes Chasma, Valles Marineris, Marte (ESA/DLR/FU Berlin, G. Neukum)

Vi siete mai soffermati a pensare alle immagini che vengono pubblicate sui siti e sulle riviste di astronomia? Comodamente seduti, avete la possibilità di osservare la superficie di altri pianeti. Il pianeta in questione è Marte, che quando va bene dista 54,6 milioni di km da noi.

Se prendeste la macchina e ci andaste di persona, ammesso che ci sia una lunga autostrada che li ci colleghi al Pianeta rosso, viaggiando a 130 km/h ci mettereste 48 anni. E senza pausa pipì.

In questa immagine vedete una mesa (un ripiano roccioso con scarpate molto ripide), all’interno di Hebes Chasma, nella regione di Vallis Marineris.

Prominente, a sinistra, una struttura a forma di ferro di cavallo si eleva da un lato del promontorio, messo in risalto dal materiale crollato sul fondo della valle sottostante. Molto probabilmente, questo materiale, misto a ghiaccio sciolto e dilavato, è scivolato lungo le pareti da uno strato intermedio, dando l’impressione di un flusso fluido. Una sottile stratificazione orizzontale lungo il lato della struttura è il risultato di un mix di polvere soffiata dal vento e antichi sedimenti lacustri, insieme ai resti del vecchio altopiano.

L’intero sistema delle Valles Marineris, dove questo promontorio si trova, sembra una enorme e profonda cicatrice che solca il volto del dio della guerra. È un complesso di canyon che si srotola per 4000 km di lunghezza e 700 km di larghezza e pesca fino a 11 km in profondità all’interno delle viscere del pianeta, nella zona equatoriale di Marte, nella parte orientale della regione di Tharsis.

Questo sistema di fratture geologiche è immenso, dieci volte più lungo, sette volte più largo e sette volte più profondo del Grand Canyon americano. Copre circa un quarto della circonferenza di Marte. Ma come si è formata questa meraviglia geologica?

Negli anni 70 si pensava che queste valli fossero il risultato dell’erosione dell’acqua combinata allo scioglimento del permafrost, compatibile con un ambiente caratterizzato da temperature polari, come quello marziano. Ma la pressione e temperatura medie del pianeta, che corrispondono allo 0,5% della pressione atmosferica terrestre e temperature fra i 148 e i 310 K, sono molto al di sotto del punto triplo dell’acqua, lo stato termodinamico determinato dai valori di temperatura e pressione in cui coesistono, in condizioni di equilibrio, le fasi solida, liquida e aeriforme. Quindi la presenza di acqua liquida in superficie sembra essere un’ipotesi da scartare.

Altre ipotesi suggerivano che i canyon avessero avuto origine dal ritiro di materiale magmatico sotterraneo o fenomeni di natura tettonica. Quest’ultima era la via giusta. Oggi si pensa che sia il risultato del sollevamento della placca della regione di Tharsis, combinato agli effetti dell’erosione ad opera degli agenti atmosferici e in particolare dell’anidride carbonica solida contenuta nel sottosuolo che, per effetto della veloce decompressione, può sublimare e sfuggire a grande velocità verso l’atmosfera del pianeta. Questo ci dice che le Valles Marineris, solcate da antichi canali, forse formatesi da acqua o anidride carbonica, sono una regione ricca di fratture tettoniche della crosta marziana, che si sono formate in un’epoca in cui il pianeta si stava raffreddando.

L’immenso canyon delle Vallis Marineris si estende dalla regione del Noctis Labyrinthus, a ovest, passando per Tithonium e Ius Chasma, per Melas e Ophir Chasma, per poi proseguire verso Coprates, Ganges, Capri ed Eos Chasma, fino ai terreni caotici presenti più a est. Queste sono una collezione di molte valli parallele le une alle altre tutte disposte lungo la direttrice est-ovest, le cui principali sono Ophir Chasma, Candor Chasma e Melas Chasma.

Prima dell’impiego di telescopi potenti, le Valles Marineris erano state scambiate, anche grazie a un errore di traduzione, per la parte più imponente un complesso sistema di canali artificiali, progettato dai presunti marziani per irrigare vaste estensioni di superficie. Ma le analisi spettroscopiche indicarono che la superficie di Marte non ospitava né acqua, né ossigeno. E tantomeno marziani.

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