La ricerca della vita su Marte parte dall’Australia

LO STUDIO DELLE STROMATOLITI PIù ANTICHE INSEGNA UN METODO PER LA RICERCA ESOBIOLOGICA

Campione di stromatolite della Formazione Dresser, che mostra una complessa struttura stratificata formata da ematite, barite e quarzo (Keyron Hickman-Lewis e colleghi)

Come sia apparsa la vita sulla Terra, nonostante i numerosi studi, è ancora un punto di domanda. Le prime tracce che parlano di essa, infatti, sono spesso molto controverse in quanto, da una parte, i processi non biologici possono produrre strutture relativamente simili, dall’altra, i fossili possono essere stati sottoposti ad alterazioni e metamorfismi molto importanti.

Nel grande disegno della storia della vita sulla Terra, le stromatoliti hanno un ruolo di primo piano. Esse sono strutture organo-sedimentarie stratificate che sono il risultato delle complesse interazioni tra comunità di microbi e il loro ambiente. Un po’ come spesso accade, la vita modifica il posto in cui vive. Per questo motivo, sono state a lungo considerate macrofossili chiave per cercare tracce di vita. Ci sono anche altre correnti di pensiero, tuttavia, che mettono in dubbio l’origine biologica delle antiche stromatoliti.

Dal momento che il bello della scienza è che tutto, in qualsiasi momento, può essere stravolto da una nuova scoperta, fino a prova contraria, ogni ipotesi può essere vagliata. Secondo un recente articolo pubblicato sulla rivista Geology della Geological Society of America, grazie a tecniche analitiche bidimensionali e tridimensionali avanzate è stato condotto uno studio per stabilire le origini biologiche delle stromatoliti più antiche della Terra, quelle che risalgono alla Formazione Dresser, più di 3,48 miliardi di anni fa, nella zona di Pilbara, in Australia occidentale. I campioni testati erano molto deteriorati e, purtroppo non conservavano materiali organici, ma grazie a tecniche di microscopia ottica ed elettronica, geochimica elementare, spettroscopia Raman e tomografia di sincrotrone, è stato possibile rilevare numerose tracce che indicano che esse hanno davvero avuto un’origine biologica.

In particolare, sono stati identificati strati non uniformi e spazi vuoti, che molto probabilmente si sono formati a causa del degassamento di materiali organici in decomposizione. Inoltre, il ritrovamento di strutture verticali simili a pilastri, comunemente chiamate strutture microbiche a palizzata, sono un indicatore universale della crescita fototrofica, un processo che alcuni organismi viventi utilizzano per produrre in modo autonomo energia dalla luce, non necessariamente sfruttando la fotosintesi.

Col tempo, le strutture biologiche sono state per lo più sostituite dall’ematite o ossido di ferro. Non bisogna dimenticare infatti che gli agenti atmosferici modificano i campioni nel corso del tempo.

Sebbene questo renda impossibili le analisi geochimiche organiche, questa composizione è molto rilevante per la ricerca della vita su Marte. Infatti, sul Pianeta rosso, le rocce sedimentarie sono state sottoposte a un tipo di ossidazione simile e ospitano ossidi di ferro stratificati.
Se il parallelo regge, le stromatoliti della Formazione Dresser possono essere un punto di partenza per studiare uno stile preciso di conservazione della vita, se presente, su Marte. Quando finalmente i campioni raccolti dai rover attualmente presenti sul suolo marziano verranno riportati a casa, potremmo quindi cercare espressioni morfologiche della vita simili a quelle identificate nella Formazione Dresser.

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