Come trovare un’altra Terra

bisogna riuscire ad analizzare le atmosfere di pianeti lontani

Rappresentazione artistica di tre tipi di pianeti abitabili: un pianeta con la maggior parte della terra; un pianeta con un buon mix di terra e mare, come la Terra; e un pianeta oceanico con pochissima terra.

Il numero di pianeti extrasolari negli ultimi anni non ha fatto altro che aumentare. Ad oggi sono 5197, posti in 3833 sistemi planetari, con 840 sistemi che hanno più di un pianeta.

Fra di questi, ce ne sono alcuni che sono simili alla nostra Terra. Per noi è casa, ma nell’Universo e, in alcuni casi, anche nel Sistema solare, la Terra è una briciolina di pane in confronto ad altri pianeti giganti.
Osservare un pianeta di tipo terrestre al di fuori del nostro quartiere solare comincia a diventare un problema. Ma come si fa ad essere sicuri che un pianeta appena scoperto sia un gemello del nostro?
In effetti, non ci sono criteri stringenti che sanciscano senza ombra di dubbio di essere di fronte ad un’altra Terra. Per alcuni, infatti, avere a che fare con un pianeta roccioso è sufficiente per gridare al miracolo. Per roccioso si intende che abbia una superficie solida, a differenza dei giganti gassosi come Giove o Saturno.
Le dimensioni del pianeta vengono stimate quando si ha la fortuna di osservare il pianeta quando passa davanti alla stella. Una volta stimato il raggio, si osserva come la sua massa faccia “oscillare” la stella. Da questi dati è possibile calcolare la sua densità, discriminando mondi solidi, ghiacciati, liquidi e gassosi. Ci sono tuttavia alcuni pianeti che sono effettivamente rocciosi ma che hanno una temperatura di 2000 °C che rende, di fatto, la loro superficie, liquida, ma con oceani di lava. Tali pianeti, pur essendo, di fatto, rocciosi, non sono esattamente vivibili. O almeno, non per noi.
Per questo è necessario capire se il pianeta è temperato, se abbia, insomma, un clima abbastanza mite da sostenere l’acqua liquida sulla superficie. Questa informazione è possibile dedurla grazie alla quantità di luce che un pianeta riceve dalla sua stella e alla sua distanza da essa. Se infatti il pianeta è troppo vicino alla stella, c’è il rischio che tutta l’acqua liquida evapori, mentre se è troppo lontano, si ghiacci in maniera permanente. Tuttavia, questo non è ancora sufficiente per ritenere che un pianeta sia davvero simile alla Terra. Il pianeta in questione deve anche avere una atmosfera adatta.
Ma anche qui ci vengono in aiuto le osservazioni. Quando il pianeta transita davanti alla stella, i gas all’interno della sua atmosfera assorbono selettivamente alcune molecole a lunghezze d’onda specifiche, un po’ come accade alle ombre cinesi. Questo permette di definire in maniera abbastanza univoca le molecole presenti all’interno dell’atmosfera del pianeta.
La parte più difficile è scoprire se c’è effettivamente acqua liquida in superficie. Su pianeti oceanici come il nostro, dove l’acqua copre il 71%, essa costituisce una piccola frazione della massa complessiva. Il raggio della Terra è di circa 6000 km, mentre gli oceani sono, in media, profondi circa 3,5 km. Quindi i calcoli devono essere estremamente precisi.

Come analizzare le atmosfere di pianeti lontani
Una volta collezionati i dati provenienti dagli strumenti di osservazione come spettrometri e telescopi, è necessario creare un ambiente dove essi possano interagire per dar vita a modelli il più possibile precisi delle eso-atmosfere e, attraverso i processi fisici, capire che fenomeni possono aver luogo. Con il recente lancio del James Webb Space Telescope (JWST) e la missione Ariel dell’Agenzia spaziale europea prevista per la fine di questo decennio, gli scienziati avranno finalmente dati ad altissima risoluzione di mondi lontani.
Per fare un esempio, il sistema stellare più vicino al nostro è quello di Proxima Centauri, una nana rossa a poco più di quattro anni luce dalla Terra. Proxima Centauri b è il pianeta più vicino alla Terra (si fa per dire) e con caratteristiche simili ad essa. La domanda nasce spontanea: Ci saranno missioni verso questo pianeta? La risposta è che, in effetti, anche viaggiando al 10% della velocità della luce, il viaggio richiederebbe comunque 40 anni. Per il momento siamo ancora nel campo della fantascienza.

Iscriviti alla newsletter

Email: accetto non accetto