Nuove osservazioni sostengono le teorie MOND

Gli ammassi stellari hanno una vita più breve di quanto previsto dalle leggi di Newton

L'ammasso delle Iadi (ESO/Dss2, Giuseppe Donatiello)

Quando osserviamo la curva di rotazione di una galassia, scopriamo che la velocità è più alta di quanto ci aspetteremmo in base alla luce visibile della stessa. Fu il primo indizio che portò a postulare la presenza di materia invisibile che rendesse conto delle velocità osservate. Poteva essere solo materia che non emetteva luce visibile? Anche osservazioni in altre lunghezza d’onda, pur rivelando la presenza di materia invisibile (ad esempio l’idrogeno neutro molecolare), non bastava per far quadrare i conti: esisteva davvero della materia sconosciuta che faceva sentire la sua presenza attraverso la gravità. Gli astronomi la chiamano Materia Oscura perché non sanno davvero cosa sia.

E se non esistesse la materia oscura?

Benché la presenza di materia oscura sia ampiamente ritenuta l’ipotesi più plausibile per giustificare la rotazione e i moti delle galassie, qualcuno si domandò se l’apparente anomalia non potesse essere spiegata introducendo delle correzioni alla gravitazione classica, quella che studiamo a scuola. Nel 1983, con tre storici articoli, il fisico israeliano Mordehai Milgrom presentò le basi di quella che ora è nota come teoria MOND (MOdified Newtonian Dynamics) o Dinamica Newtoniana Modificata. Pur non avendo il favore generale, le teorie MOND fanno spesso capolino tra le pubblicazioni scientifiche, spesso per conciliare le osservazioni con i modelli.

Tra le varie, un gruppo internazionale guidato da Pavel Kroupa dell’Helmholtz Institute of Radiation and Nuclear Physicspresso l’Università di Bonn, ha fatto una scoperta interessante nel corso dello studio di famosi ammassi stellari aperti. Secondo gli autori, questa scoperta sfida le leggi della gravità classica ed è invece coerente con le previsioni MOND.

M44, il Presepe, nella costellazione del Cancro e uno degli ammassi aperti oggetto dello studio. (ESO/Dss2, Giuseppe Donatiello)

La durata degli ammassi aperti

Nel loro lavoro, pubblicato da MNRAS, il gruppo illustra i risultati ottenuti sugli ammassi delle Iadi, la Chioma di Berenice e il Presepe, NGC 752 e COIN-Gaia 13. Gli ammassi aperti sono gruppi composti da centinaia a migliaia di stelle nate tutte nella stessa nube molecolare. Le stelle appena nate soffiano via il gas residuo sino a inibire altra formazione stellare. Nel corso di tale processo, l’ammasso tende a espandersi nonché risentire gli effetti della gravità dovuta alle altre stelle nel braccio galattico in cui si trova. L’attrazione galattica tenderà a prevalere su quella meno intensa esistente tra le stelle del gruppo e questo comporta una progressiva disgregazione.

“Nella maggior parte dei casi, gli ammassi stellari aperti sopravvivono solo poche centinaia di milioni di anni prima di dissolversi”, spiega Kroupa. Nel processo, perdono regolarmente stelle, formato flussi stellari o “code di marea”, una avanti e una dietro la direzione del moto dell’ammasso. Una frazione rilevante di tutte le stelle sperimenta questa fase nel corso della sua vita. Tutti e cinque gli ammassi aperti mappati hanno visibilmente più stelle entro 50 parsec dal loro centro nella coda avanzante rispetto ai 50 nella coda posteriore, pur essendo in apparenza simmetriche.

“Secondo le leggi di gravità di Newton, è una questione di casualità in quale delle code finisce una stella perduta”, spiega Jan Pflamm-Altenburg, collaboratore dello studio. “Quindi entrambe le code dovrebbero contenere all’incirca lo stesso numero di stelle. Tuttavia, nel nostro lavoro siamo stati in grado di provare per la prima volta che questo non è vero: negli ammassi che abbiamo studiato, la coda anteriore contiene sempre un numero significativamente maggiore di stelle vicine all’ammasso rispetto alla coda posteriore.”

Le code di marea estratte nei dati Gaia eDR3 nelle tre proiezioni in Coordinate Cartesiane Galattiche. Il Sole è il cerchio giallo pieno a (0, 0, +27) pc. Il centro di ogni ammasso è indicato dal punto rosso pieno. Si noti come Coma Berenices si trova quasi direttamente sopra il Sole, verso il Polo Nord Galattico. (Tratto da Kroupa et al. 2022)

Nuovo metodo per contare le stelle

Per fare questo sono state contate letteralmente le stelle nelle code di marea. Questo era tecnicamente impossibile con le semplici immagini fotografiche ma da qualche tempo sono disponibili i dati del satellite Gaia dell’Esa con cui possiamo adesso avere informazioni di velocità, direzione del movimento anche delle singole stelle. Per setacciare tra milioni di stelle quelle appartenenti al flusso è stato stabilito un metodo sviluppato da Tereza Jerabkova, una giovane ricercatrice coautrice dell’articolo.

“Per fare questo, devi guardare la velocità, la direzione del movimento e l’età di ciascuno di questi oggetti”, spiega Jerabkova. “Finora, cinque ammassi aperti sono stati studiati vicino a noi, di cui quattro da noi. Quando abbiamo analizzato tutti i dati, abbiamo riscontrato la contraddizione con la teoria attuale. I dati di rilevamento molto precisi della missione spaziale Gaia dell’ESA erano indispensabili per questo”.

I dati osservativi ottenuti si adattano molto meglio a una teoria MOND. Gli ammassi su orbite circolari sviluppano eccentricità orbitale e ciò suggerisce che gli ammassi aperti scompaiono rapidamente mentre la loro eccentricità orbitale continua ad aumentare.

“In parole povere, secondo MOND, le stelle possono lasciare un ammasso attraverso due porte diverse”, afferma Kroupa. “Uno conduce alla coda della marea posteriore , l’altro alla parte anteriore. Tuttavia, la prima è molto più stretta della seconda, quindi è meno probabile che una stella lasci l’ammasso attraverso di essa. La teoria della gravità di Newton, d’altra parte, prevede che entrambe le porte dovrebbero avere la stessa larghezza.”

Gli ammassi stellari si disgregano prima

Il team ha calcolato la distribuzione stellare prevista secondo MOND. “I risultati corrispondono sorprendentemente bene alle osservazioni”, afferma Ingo Thies, che ha curato specificamente le simulazioni. “Tuttavia, siamo ricorsi a metodi computazionali relativamente semplici per farlo. Al momento non abbiamo gli strumenti matematici per analisi più dettagliate della dinamica newtoniana modificata”.

Questo implica un tempo di sopravvivenza molto più breve di quanto ci si aspetterebbe secondo le leggi di Newton e anche questo è in accordo con le osservazioni.

Pur risolvendo alcuni problemi di ordine cosmologico, è ancora presto per una rivoluzione. Il gruppo tenterà comunque di trovare ulteriori prove a sostegno.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 351 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.