Il gas esilarante come firma della vita

Uno studio sul protossido di azoto getta nuova luce sulle ricerche esobiologiche

Rappresentazione che illustra l'interpretabilità di N2O come biofirma nel contesto dell'ambiente planetario. Crediti: Schwieterman et al., 2022.

Le tracce di vita si possono rilevare dallo studio delle atmosfere dei pianeti. Queste tracce possono essere direttamente prodotte da essere viventi o essere il risultato della rielaborazione del pianeta dei prodotti biologici. Un esempio per tutti è l’ossigeno prodotto dalla fotosintesi confrontato con l’ozono prodotto dalle reazioni fotochimiche dell’ossigeno nella stratosfera. Gli organismi fotosintetici come le piante, le alghe ed i cianobatteri usano l’energia del sole per scindere l’acqua in modo da produrre biomassa utilizzando CO2 e producendo O2 come prodotto di scarto. Non è sempre vero però che i gas rilevati attraverso l’analisi spettroscopica siano derivanti da processi biologici. Molte volte infatti, essi possono essere dovuti a processi geologici o di altra natura, conducendo l’osservatore inesperto a cosiddetti “falsi positivi”.

Dallo studio delle molecole più rappresentative della presenza di organismi viventi è stata generata una mappa di elementi che includono ossigeno (O2), ozono (O3), metano (CH4), clorometano (CH3Cl), etano (C2H6), ammoniaca (NH3), dimetilsolfuro (DMS), dimetildisolfuro (DMDS) e il metantiolo (CH3SH). Per meglio figurare quest’ultima, essa è la molecola che conferisce lo sgradevole odore noto come “puzza di piedi”.

In particolare, il protossido di azoto (N2O), quello che comunemente viene chiamato gas esilarante, è un’altra molecola che gli astrobiologi usano per cercare la vita sui pianeti intorno ad altre stelle. In un recente studio, Edward W. Schwieterman ha guidato un gruppo di ricercatori per capire quanto di questa preziosa molecola potrebbero produrre gli esseri viventi su un pianeta simile alla Terra e se questa quantità possa essere rilevabile da un osservatorio come il James Webb Space Telescope. Il risultato ha mostrato che in un sistema stellare come TRAPPIST-1, che è il sistema più vicino e più promettente per l’osservazione delle atmosfere dei pianeti rocciosi, si potrebbe potenzialmente rilevare il protossido di azoto a livelli paragonabili alla CO2 o al metano.

Ma come viene prodotto il protossido di azoto sulla Terra? La vita, in generale, genera azoto come prodotto di scarto, che vengono convertiti da alcuni microrganismi in nitrati. Negli acquari, ad esempio, i composti azotati che si accumulano sono il motivo per cui deve essere spesso cambiata l’acqua. Ci sono diversi modi in effetti. Per esempio, alcuni microrganismi, nelle giuste condizioni nell’oceano, trasformano costantemente composti azotati in N2O, in un processo metabolico volto a produrre energia per le cellule. Il gas poi fuoriesce nell’atmosfera.

Non sempre le biosignatures che vengono rilevate dagli strumenti rappresentano tanto oro quanto luccicano. Spesso quello che sembra proprio essere la firma della presenza della vita si rivela essere un mero prodotto della fisica e della geologia del pianeta. Si parla in questo caso di “falso positivo”. Qualsiasi processo abiotico che ad una analisi poco attenta potrebbe assomigliare ad un processo biologico o viene mascherato come tale, è da considerarsi come un potenziale falso positivo. A concorrere ad ingannare gli astrobiologi contribuiscono anche i falsi negativi. Essi sono, al contrario, l’assenza di indizi che potrebbero far pensare ad un pianeta biologicamente morto laddove invece non lo è. Questo accade quando le firme della vita non sono abbastanza prepotenti o quando, al contrario, gli strumenti non sono abbastanza sensibili.

Esistono diversi tipi di biosignatures: di tipo I, II e III. Le prime sono costituite dai gas prodotti dalle reazioni metaboliche di organismi biologici che catturano l’energia attraverso gradienti energetici e potenziali chimici redox. Questi gas sono molto comuni in natura come comuni sono gli elementi con cui reagiscono, ma possono essere facilmente mascherati da falsi positivi. Spesso, in un ambiente, una determinata reazione di ossido-riduzione può essere preclusa dalle condizioni ambientali ma essere presente soltanto grazie agli enzimi della vita (come la produzione di metano ad opera dei batteri metanogeni). In un altro ambiente con le giuste condizioni di pressione, temperatura e pH invece, la stessa reazione potrebbe procedere spontaneamente senza bisogno di un organismo che la alimenti. L’ossigeno molecolare sulla Terra è una diretta conseguenza della fotosintesi. Ecco che quindi, in determinate circostanze, il gas esilarante potrebbe essere rilevato in un’atmosfera e tuttavia non indicare la vita. Piccole quantità di questo gas infatti vengono create dai fulmini, assieme anche al biossido di azoto. Questi direbbe agli astrobiologi che i fulmini e non la vita o processi geologici hanno creato il gas.

C’è da tenere conto che stelle comuni come le nane K e M producono uno spettro luminoso meno efficace nel rompere la molecola N2O rispetto al nostro Sole. Questo ci dice che su pianeti orbitanti attorno a queste stelle, la quantità prevista di questo gas potrebbe essere decisamente maggiore che sulla Terra.

Marco Sergio Erculiani

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