Metis invia dati sulla corona solare

E’ uno degli strumenti principali della sonda Solar Orbiter, ed è tutto made in Italy.   Il coronografo Metis, progettato da Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Università di Firenze, Università di Padova, CNR-IFN, e realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana con la collaborazione dell’industria italiana, a poche settimane dall’inizio delle operazioni già inizia a fornire dati, in buona parte inediti, di grande rilevanza scientifica.

Metis, un sofisticato coronografo con occultatore esterno, ha osservato direttamente per la prima volta la propagazione delle perturbazioni del campo magnetico nella corona solare, denominate switchback.

Tali fluttuazioni rappresentano delle vere e proprie inversioni del campo magnetico che, come sotto l’effetto di una frusta, si propagano a grandissime distanze nello spazio interplanetario.

Nonostante tali fenomeni siano stati rilevati per la prima volta oltre trent’anni fa, dalle missioni Helios 1 e Helios 2 e successivamente misurati da parte della missione Parker Solar Probe, la loro origine non era stata ancora determinata.

La Solar Orbiter è una sonda dell’ESA  (Agenzia Spaziale Europea), ed è stata sviluppata e realizzata da Airbus e da Thales Alenia Space  (che ha realizzato la piattaforma del satellite e lo scudo termico), in cooperazione con la NASA, che ha lanciato la sonda tramite un razzo vettore Atlas V da Cape Canaveral il 10 febbraio 2020.

Il risultato delle osservazioni del coronografo italiano Metis è stato ottenuto grazie ai dati acquisiti in concomitanza con il passaggio ravvicinato della sonda al Sole il 25 marzo scorso, quando Metis si trovava ad una distanza di sole 0.32 unità astronomiche dal Sole.

I dati ottenuti da Metis mostrano la propagazione di una di queste perturbazioni del campo magnetico nella corona solare e hanno permesso finalmente di discriminare tra diversi possibili meccanismi di formazione tra quelli finora proposti, mettendo inoltre in relazione questo tipo di processi con l’accelerazione del vento solare.

“Questo risultato è stato ottenuto grazie all’alta risoluzione raggiunta da Metis durante il passaggio ravvicinato al Sole, che ha permesso di risolvere e studiare la struttura su piccola scala della corona solare” –  spiega Marco Stangalini,  responsabile di programma per l’ASI della missione Solar Orbiter – “Inoltre, tutto ciò ci dimostra l’importanza di un approccio combinato nel quale misure del vento solare in-situ, osservazioni ad alta risoluzione e modelli numerici possono efficacemente essere usati in sinergia al fine di maturare la nostra comprensione di fenomeni estremamente complessi nell’atmosfera solare”.

“La prima immagine di uno switchback nella corona solare ha svelato il mistero della sua origine” – commenta Daniele Telloni dell’INAF, primo autore dello studio –  “Continuando a studiare il fenomeno potremmo riuscire a far luce sui processi che accelerano il vento solare e lo riscaldano a grandi distanze dal Sole”.

E se Solar Orbiter procede con regolarità la sua missione per lo studio del Sole, con altrettanta regolarità procede anche la missione DART, della NASA, anch’essa con un rilevante contributo della tecnologia italiana.  La sonda, il prossimo 27 settembre, dopo un viaggio della durata di 10 mesi, raggiungerà il culmine della propria missione. Alle ore 01:14 italiane, si schianterà contro Dimorphos, la piccola luna dell’asteroide potenzialmente pericoloso (65803) Didymos, per testare gli effetti di un impatto cinetico, al fine di modificarne la traiettoria. Un esperimento prezioso, in vista dell’eventuale impiego di questa tecnica per deviare in futuro asteroidi in rotta di collisione con la Terra

E nel frattempo, nella notte tra domenica e lunedì,  la DART ha rilasciato il suo nano-satellite italiano.  Entra così nel vivo la fase finale di questa spettacolare missione di studio dedicata alla difesa planetaria.  Sono state ore intense e concitate. Tutto il team di LICIACube ha operato e seguito la fase di distacco: fiato sospeso in attesa dell’aggancio del segnale avvenuto alle 2.04 e l’emozione per tutti è stata grande: l’Italia ha la sua prima sonda interplanetaria.         

Il distacco è stato nominale, la sonda DART ha ripreso il suo assetto pre-rilascio per proseguire la sua crociera che lo porterà al momento dell’impatto previsto nella notte tra il 26 e il 27 settembre.  

Il team di Argotec, azienda torinese che ormai è specializzata in mini-satelliti per missioni interplanetarie (ha anche ArgoMoon pronto a partire con Artemis I), assieme ai team di navigazione e dell’ ASI, con il supporto del team Deep Space Network (rete di antenne radio della NASA che supporta le missioni spaziali interplanetari) ha continuato per tutta la notte a utilizzare le finestre di comunicazione per comunicare con il piccolo satellite.

Sono quindi iniziate le operazioni di calibrazione in volo e navigazione verso la traiettoria di avvicinamento ottimale da cui osservare, da vicino ma in sicurezza, l’impatto di DART sull’asteroide Dimorphos e i fenomeni successivi, primo tra tutti la generazione del getto di materiali espulsi dalla superficie.

Appuntamento quindi al 27 settembre, e per chi fosse interessato a seguire in diretta tutte le fasi della missione, può farlo attraverso il Virtual Telescope, che attiverà una specifica collaborazione con due osservatori in Sud Africa, nel cui cielo l’asteroide Didymos sarà perfettamente visibile al momento dell’impatto.
Tutti i dettagli sono disponibili a questo link.

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