
Quasi tutti gli asteroidi conosciuti (circa un milione) si trovano su orbite esterne a quella terrestre, in prevalenza nella Fascia Principale tra Marte e Giove. Tuttavia ci sono particolari classi di oggetti con elementi orbitali differenti che li portano, per esempio, a intersecare le orbite dei pianeti, oppure a occuparne i punti lagrangiani. Altri occupano orbite decisamente insolite, come la minuscola classe degli Atira, scoperta nel 2019, con orbite completamente interne a quella terrestre.
Un caso speciale
Un caso veramente speciale è quello di 2020 AV2, che invece si muove interamente all’interno dell’orbita di Venere ed è il primo oggetto conosciuto a farlo.

Questi asteroidi, denominati Vatira (la V per Venere), erano nel novero dei modelli sino al 4 gennaio 2020, quando un primo esponente è stato individuato da un giovane ricercatore, Bryce Bolin, in immagini prese dalla Zwicky Transient Facility (ZTF) del Caltech, una camera di rilevamento installata sul vecchio Telescopio Schmidt presso l’Osservatorio Palomar. La ZTF è progettata per rilevare i transienti nell’Emisfero Settentrionale, tra cui pure piccoli oggetti del Sistema solare.

(Tratto da Bryce Bolin et al. 2022)
Osservazioni al crepuscolo
Una parte del tempo delle operazioni ZTF è destinata all’osservazione di porzioni di cielo, il più vicino possibile al Sole durante il crepuscolo, in quella che è chiamata Twilight Survey.
Poiché i Vatira sono interni all’orbita terrestre, sono visibili solo dopo il tramonto o prima dell’alba. 2020 AV2 è stato il terzo Atira scoperto dalla ZTF nel corso di tale sondaggio.
L’asteroide, inizialmente designato come ZTF09k5 dal Minor Planet Center (MPC), destò subito l’interesse degli esperti per un immediato follow-up. I dati sono stati ottenuti con il Kitt Peak Electron Multiplying ChargeCoupled Device Demonstrator (KPED),montato sul telescopio da 84 pollici il 9 gennaio 2020 e sono stati segnalati al MPC. Le osservazioni svolte hanno permesso di definire l’orbita e restringere la stima delle dimensioni dell’oggetto in circa 2 Km.
Tra Mercurio e Venere
L’astrometria delle osservazioni di follow-up, combinata con quelle ZTF iniziali, ha perfezionato l’afelio, stimato in circa 0,65 UA, ben all’interno dell’orbita di Venere (0,72 UA). L’orbita seguita è leggermente allungata, inclinata di circa 15° rispetto all’eclittica e impiega 151 giorni per completare un giro intorno al Sole, con un perielio quasi tangente l’orbita di Mercurio.
L’orbita di 2020 AV2 è stata ulteriormente perfezionata con dati raccolti durante la successiva finestra di osservabilità dall’emisfero settentrionale, il 24-26 novembre 2020. Questi nuovi dati hanno esteso l’intervallo di osservazione a 327 giorni, migliorando la precisione degli elementi orbitali di una parte su un milione.
Le osservazioni spettroscopiche di ‘Ayló’chaxnim sono state compiute al telescopio Keck il 23 gennaio 2020, indicando una superficie rossastra. Secondo gli autori dello studio, tale colorazione è compatibile con una composizione simile a un asteroide di tipo S di silicati, coerente con un’origine nella Fascia Principale interna, dove sono più abbondanti. I modelli NEA prevedono che gli asteroidi con elementi orbitali simili ad ‘Ayló’chaxnim provengano da tale regione.
Una terza serie di dati è stata ottenuta il 17-19 luglio 2021 dal Southern Astrophysical Research Telescope e dal Magellan Telescope. Il perfezionamento dell’orbita, grazie alle tre epoche di osservazioni, ha portato 2020 AV2 a ricevere il numero (594913) dal MPC il 20 settembre 2021.

(Tratto da Bryce Bolin et al. 2022)
Un omaggio ai nativi americani
Il 7 giugno 2021, presso l’Osservatorio Palomar, nella montagna fuori San Diego, alcuni esponenti delle popolazioni indigene Pauma si sono riuniti per decidere la denominazione di 2020 AV2.
Alla fine, il gruppo ha deciso di chiamarlo (594913) ‘Ayló’chaxnim, che significa “Ragazza di Venere” nella loro lingua madre, il Luiseño. Si tratta di una delle sei tribù di nativi americani nell’area di San Diego nelle cui terre insiste il Monte Palomar. L’8 novembre 2021, il gruppo di lavoro dell’Unione Astronomica Internazionale sulla nomenclatura dei piccoli corpi ha ufficialmente sancito la denominazione.
‘Ayló’chaxnim ha caratteri chimici di un normale NEA, con un colore rosso e un’evoluzione orbitale influenzata da ripetuti incontri planetari. Tuttavia, mentre i modelli di popolazione di asteroidi prevedono un certo numero di NEA, i Vatira dovrebbero rappresentare meno dello 0,3% della popolazione. Il rilevamento di ‘Ayló’chaxnim è sorprendente date le sue grandi dimensioni e la relativa rarità.
Quanti ce ne sono?
Tuttavia, il cielo crepuscolare entro 50 gradi dal Sole è relativamente inesplorato e il confronto tra le osservazioni e i modelli di popolazione di asteroidi richiede l’esplorazione futura. Le osservazioni del cielo vicino al Sole mediante indagini come ZTF e Dark Energy Camera, insieme a quelle future come il Rubin Observatory, forniranno maggiore copertura.
Se in futuro saranno trovati altri oggetti con orbite analoghe, saranno detti della famiglia ‘Ayló’chaxnim, poiché i nomi ufficiali delle famiglie di asteroidi derivano dal primo esempio trovato nella classe.