
IM Lupi, una giovane stella situata a 155,8 pc (508 anni luce) nella costellazione del Lupo, ospita un grande e spettacolare disco protoplanetario, noto sin dal 2006. Le osservazioni eseguite hanno stabilito che il disco ruoti e presenti deviazioni localizzate dalla velocità kepleriana, interpretate come concentrazioni di massa al suo interno.

Un oggetto ancora nascosto alla vista
Di recente, osservazioni condotte con il Molecules with ALMA at Planet-forming Scales Survey (MAPS) hanno confermato che le strutture non sono artefatti ma riconducibili a pianeti in formazione. In particolare, la causa delle deviazioni sembra essere un pianeta massiccio posto a 117 unità astronomiche (AU) dalla stella. Rilevare questo pianeta, utilizzando i metodi di osservazione tradizionali, come le velocità radiali, i transiti o l’imaging diretto, è in questo momento impossibile poiché la sua orbita è troppo grande e il pianeta è nascosto all’interno di un disco spesso e opaco di gas e polveri.
Già nel 2018, altre osservazioni in luce diffusa suggerivano la presenza di pianeti in formazione nel disco di IM Lupi. Questo grazie alla presenza di una spettacolare struttura spirale nello strato superiore del disco e rivelata grazie alla radiazione infrarossa emessa da grani di polveri microscopiche.

Un esempio alquanto raro
IM Lupi è importante perché è uno dei pochi dischi a mostrare bracci spirale su larga scala in emissione millimetrica, riconducibili a pianeti in formazione o instabilità gravitazionale. Le simulazioni indicano che l’instabilità gravitazionale produce una struttura flocculante, mentre i pianeti in formazione sono responsabili delle deviazioni al moto kepleraiano, esattamente quanto si osserva nel disco di IM Lupi. L’instabilità gravitazionale richiede anche un enorme disco, mentre i pianeti incorporati no.
L’uso della modellazione
Un gruppo di astronomi, guidato da Harrison Verrios (Monash University, Australia), ha preso in carico di verificare se un pianeta massiccio, incorporato nel disco, può spiegare le sottostrutture osservate. Le simulazioni idrodinamiche sembrano suffragare tale ipotesi e permettono di vincolare pure la massa e la posizione dell’oggetto, così come le sue perturbazioni effettivamente osservate. In particolare, sono stati ricreati gli effetti di una massa tra 2 e 7 volte la massa di Giove in orbita attorno alla stella centrale a una distanza di 100–120 AU.

[Harrison J. Verrios et al 2022 ApJL 934 L11]
Poi è stata modellata l’emissione dal disco a lunghezze d’onda di 1,25 millimetri e 1,6 micron. Ciò ha permesso di scoprire che includendo un pianeta nelle loro simulazioni, si ottiene una pressoché perfetta riproduzione di quanto si osservi intorno alla giovane stella. I valori che meglio riproducono le osservazioni sono compatibili con un pianeta di 2-3 masse gioviane a circa 110 AU. Tuttavia, Verrios e colleghi hanno scoperto che in tale scenario emergono pure caratteristiche diffuse con effetti di più ampio raggio nell’ambiente circostante.