Come i buchi neri inibiscono la formazione stellare

la scoperta è avvenuta grazie a Una nuova tecnica utilizzata per studiare i quasar

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I quasar sono i nuclei super luminosi di galassie che contengono buchi neri supermassicci estremamente attivi. L’intensa radiazione di un quasar proviene da enormi quantità di gas caldo che formano un disco di accrescimento attorno alle fauci del buco nero.

Utilizzando l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array in Cile (Alma), alcuni ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sul quasar 3C 273. A 2,4 miliardi di anni luce dalla Terra, 3C 273 è il quasar più vicino alla Via Lattea e il primo oggetto di questa categoria a essere mai stato identificato. Avvenne nel 1963 grazie all’astronomo olandese Maarten Schimdt che, analizzando minuziosamente lo spettro di quella che a tutti gli effetti sembrava solo una stella, si accorse che la luce di quel corpo celeste presentava un redshift impressionante, che lo faceva allontanare da noi a una velocità equivalente a ben il 16% della velocità della luce. Successivamente altre scoperte simili si aggiunsero e portarono a costituire una nuova famiglia di oggetti celesti, che venne identificata con una sorta di acronimo. “Quasar” significa infatti “quasi stellar radio source” (sorgente radio quasi stellare) perché i primi oggetti furono identificati nel dominio delle radio onde ma in ottico apparivano puntiformi come stelle. Anche nel caso dello studio recente, il bagliore della luce del quasar rende difficile osservare il resto della galassia ospite, in particolare alle lunghezze d’onda radio sub-millimetriche utilizzate da Alma.

Lo scopritore dei quasar, l’astronomo olandese Maarten Schimdt

Riuscire a catturare contemporaneamente emissioni deboli e luminose nella stessa ripresa di una fotocamera richiede elevati valori di una proprietà nota come gamma dinamica. Una tipica fotocamera digitale ha una gamma dinamica molto più elevata rispetto a quella di Alma, il che significa che è difficile per questo strumento, altrimenti eccezionale, di individuare dettagli sbiaditi insieme a caratteristiche più luminose.

Una nuova tecnica

Per ovviare a questo limite, un gruppo di ricerca, guidato da Shinya Komugi dell’Università di Kogakuin in Giappone, ha impiegato una nuova tecnica chiamata “autocalibrazione“. Il trucco è ridurre l’abbagliamento provocato dal quasar utilizzando lo stesso 3C 273 per correggere le fluttuazioni nell’atmosfera terrestre che possono influenzare il rilevamento di onde radio sub-millimetriche da parte di Alma.

Questo metodo, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista The Astrophysyc Journal, si traduce in un aumento del contrasto. Alma ha così osservato il quasar 3C 273 a frequenze rispettivamente di 93, 233 e 343 GHz e la tecnica di autocalibrazione ha consentito di realizzare i più alti intervalli dinamici mai raggiunti da ALMA.

La tecnica ha rivelato dettagli mai visti prima nella galassia ospite di 3C 273, inclusa quella che gli scienziati hanno descritto come una “struttura sconosciuta”. Il team di Komugi ha notato una debole banda di emissioni radio attraverso la galassia ospite che si estendeva per decine di migliaia di anni luce. Questa emissione radio proviene da un qualcosa come decine – forse addirittura centinaia – di miliardi di masse solari di idrogeno gassoso che è stato ionizzato dalla radiazione ultravioletta e dai raggi X del quasar.

A sinistra un’immagine del quasar 3C 273 del Telescopio Spaziale Hubble, che evidenzia un enorme getto relativistico di particelle rilasciato dalle vicinanze del buco nero. Sulla destra c’è il punto di vista di dettaglio di Alma, che mostra che la debole emissione radio (in blu) non è collegata al getto ma al gas ionizzato nella galassia ospite. È la “struttura sconosciuta” a cui si accenna nel testo (Komugi et al/NASA/ESA/Hubble).

Gli astronomi sospettano fortemente che ci sia una connessione tra la radiazione emessa dai buchi neri supermassicci attivi e la soppressione della formazione stellare nelle loro galassie ospiti. La radiazione che fuoriesce dal disco di accrescimento, riscaldando troppo l’idrogeno molecolare, agisce come un fattore negativo per la formazione stellare, agitando troppo il gas e rendendolo incapace di aggregarsi in nuove stelle.

Un nuovo mistero spinge a estendere la ricerca

Sembrerebbe tuttavia che molto idrogeno molecolare gassoso freddo sia ancora presente nella galassia che ospita 3C 273 e che lassù la formazione stellare sia ancora in corso. Quindi, o la connessione tra il feedback del quasar e la cessazione della formazione stellare non è così concreta ed evidente come pensavano gli scienziati, oppure potremmo star osservando 3C 273 e la sua galassia in quel breve lasso di tempo che deve trascorrere prima che gli effetti del feedback negativo diventino evidenti.

Il team di Komugi sta ora osservando altri quasar con la medesima tecnica per arrivare a una migliore comprensione di questi processi.

“Applicando la stessa tecnica ad altri quasar, ci aspettiamo di capire come evolve una galassia attraverso la sua interazione con il nucleo centrale e come essa influenzi la creazione di nuove stelle”, ha dichiarato Komugi.

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