L’espansione cosmica misurata da Hubble

Trent’anni di lavoro tra dubbi, certezze e nuove domande

36 immagini di HST con galassie ospiti di stelle variabili Cefeidi e supernove, fenomeni cruciali per determinare le distanze cosmiche e stimare il tasso di espansione dell'universo.

Quando Edwin Hubble scoprì che l’Universo si stava espandendo uniformemente in tutte le direzioni, fu una grande sorpresa. Poi, nel 1998, gli astronomi scoprirono che il tasso di espansione stava addirittura accelerando, forse a causa di una misteriosa forza repulsiva che fu chiamata “energia oscura“. Misure recenti del nostro Universo in fuga suggeriscono un’espansione più veloce di quanto si pensasse.

Questo è un altro dei misteri in attesa di risposta. Potrebbe essere che l’energia oscura stia allontanando le galassie l’una dall’altra con una forza ancora maggiore o crescente. Oppure, che il Cosmo primordiale contenesse un nuovo tipo di particella responsabile dell’altrettanto misteriosa “radiazione oscura“.  O ancora, che la “materia oscura“, una forma invisibile di materia che costituisce la maggior parte del nostro Universo, possegga alcune caratteristiche strane e inaspettate. Infine, la teoria della gravitazione di Einstein potrebbe essere incompleta.

Diagramma di Hubble per le Cefeidi. Si basa sui dati raccolti dal team del progetto chiave del telescopio spaziale Hubble. Le distanze sono state misurate utilizzando variabili Cefeidi. La pendenza misura il tasso di espansione dell’universo. Con HST, ora è possibile misurare le distanze delle Cefeidi oltre 30 volte più lontane di quanto Hubble fosse in grado di fare. (Nasa ed ESA)

Alla ricerca della misura esatta

Della misurazione del tasso di espansione dell’Universo, il valore di quella che dal 2018 è chiamata Costante di Hubble-Lemaître, se ne sono occupati vari gruppi nel corso degli anni. Conoscere tale valore era di fondamentale importanza per stabilire, oltre che le dimensioni, anche l’età dell’Universo. Quando la Nasa concepì Il Telescopio Spaziale negli anni ’70, una delle principali giustificazioni di spesa per la sua costruzione, fu quella di riuscire a risolvere le variabili Cefeidi all’interno della nostra Via Lattea e in galassie esterne il più possibile distanti.

Le Cefeidi sono state a lungo ottime candele standard per misurare le distanze cosmiche, sin da quando Henrietta Swan Leavitt, nel 1912, non scoprì la loro utilità. Per calcolare distanze ben maggiori, gli astronomi usano le supernove di tipo Ia. Entrambi questi metodi hanno costruito una “scala della distanza cosmica” e sono essenziali per misurare la Costante di Hubble-Lemaître.

Già dopo il lancio del Telescopio Spaziale nel 1990 e dedicato proprio a Edwin Hubble, fu intrapresa una prima serie di misure di stelle Cefeidi per perfezionare la stima della Costante. Se ne occuparono due team: l’HST Key Project composta da Wendy Freedman, Robert Kennicutt e Jeremy Mould, Marc Aaronson e quello composto da Allan Sandage e collaboratori. Verso il 2000, i due gruppi stabilirono un valore, con incertezza pari al 10%, di 72 chilometri al secondo per megaparsec.

Questa illustrazione mostra i tre passaggi utilizzati dagli astronomi per misurare il tasso di espansione dell’universo.

Misure da Premio Nobel

Nel 2005 e ancora nel 2009, gli aggiornamenti eseguiti su HST permisero di spingere la precisione ad appena l’1% portando il valore a 73 chilometri al secondo per megaparsec, in buon accordo anche con altri metodi. Gran parte di questa precisione si deve esattamente a HST e alle osservazioni, sempre più precise, svolte nei suoi trent’anni di attività dal team guidato dal Premio Nobel Adam Riess dello Space Telescope Science Institute (STScI) e della Johns Hopkins University di Baltimora. Riess guida, infatti, una collaborazione scientifica chiamata SHOES, che sta per Supernova, H0, for the Equation of State of Dark Energy.

“Questo è ciò per cui è stato costruito il Telescopio Spaziale Hubble, utilizzando le migliori tecniche che conosciamo per farlo. Questa è probabilmente l’opera magna di Hubble, perché ci vorrebbero altri 30 anni di Hubble per raddoppiare questa dimensione del campione”, afferma Riess.

Il racconto di tale avventura e alcune scoperte recenti sono riportati in un numero speciale di The Astrophysical Journal, a completamento del più importante e probabilmente ultimo aggiornamento sulla costante di Hubble-Lemaître, basato su più del doppio del precedente campione di marcatori di distanza cosmica. I dati riguardano più di 1000 orbite di HST.

Il programma SHOES è nato con l’obiettivo di eguagliare la precisione del tasso di espansione cosmica dedotta dallo studio della radiazione cosmica di fondo a microonde rimasta dall’alba dell’Universo. Il team ha utilizzato le supernove osservate con HST. “Abbiamo un campione completo di tutte le supernovae accessibili al telescopio Hubble viste negli ultimi 40 anni”, ha proseguito Riess.

Una misteriosa discrepanza

Negli ultimi anni, grazie a HST e altri telescopi, gli astronomi hanno scoperto un’altra cosa interessante e misteriosa: una discrepanza tra il tasso di espansione misurato nell’Universo Locale, rispetto alle osservazioni indipendenti subito dopo il Big Bang, che prevede un diverso valore di espansione. I dati di Hubble, che comprendono una varietà di oggetti cosmici che fungono da indicatori di distanza, suggeriscono l’idea di una fisica completamente nuova.

Nuove domande

Si prevedeva che il tasso di espansione dell’universo fosse più lento di quello che Hubble vede effettivamente. Combinando il Modello Cosmologico Standard dell’Universo e le misurazioni della missione Planck dell’Esa, che ha osservato il fondo cosmico a microonde risalente a 13,8 miliardi di anni fa, gli astronomi prevedono un valore inferiore per la costante, pari a 67,5 chilometri per secondo per megaparsec, rispetto ai 73 del team SHOES.

Data la grande dimensione del campione di Hubble, c’è solo una possibilità su un milione che gli astronomi si sbagliano, quindi c’è un nuovo problema. Cosa genera tale discrepanza tra l’espansione dell’Universo locale e quella dell’Universo primordiale? La risposta potrebbe implicare una fisica aggiuntiva dell’Universo. Per uno scienziato, un nuovo problema da risolvere è uno stimolo in più, quindi la soluzione è demandata alle osservazioni con i nuovi strumenti già costruiti e quelli futuri.

Iscriviti alla newsletter

Email: accetto non accetto
Informazioni su Giuseppe Donatiello 353 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.