I riflessi spaziali del conflitto in Ucraina

La situazione è in continua evoluzione, ma le prime conseguenze sulle attività spaziali dell'invasione russa stanno manifestandosi da giorni

Lo spazio è diventato a pieno titolo parte integrante del conflitto tra Russia e Ucraina.

Il motivo è molteplice: anzitutto le comunicazioni di Kiev e di Mosca con i propri militari e gli alleati passano dai satelliti. Questi ultimi vengono anche usati per spiare il nemico e per identificare con precisione le coordinate dei bersagli. A loro volta gli asset spaziali, in orbita e sulla Terra, sono diventati un obiettivo.

Lo conferma l’attacco hacker di tipo DDoS, che nei giorni scorsi ha colpito Roscosmos, l’agenzia spaziale russa. È stata la risposta alle parole di fuoco del direttore, Dmitry Rogozin, il quale ha denunciato i presunti tentativi degli Stati Uniti di degradare l’industria spaziale della Federazione mediante le “sanzioni dettate dall’Alzheimer”.

A proposito, Rogozin ha anche alluso a un rischio per la comunità internazionale – che molti hanno interpretato come una minaccia velata -, ricordando che la Stazione spaziale internazionale viene mantenuta a un’altitudine di sicurezza grazie ai razzi russi. Di conseguenza, se fosse bloccata la cooperazione spaziale, chi salverebbe la Iss da una discesa incontrollata che potrebbe portarla a cadere sugli Usa o sull’Europa? Per il direttore della Roscosmos nemmeno la Cina e l’India sono al sicuro. La Russia, invece, lo sarebbe, visto che la Iss non ci transita sopra.

La Nasa ha tentato di raffreddare i bollenti spiriti ribadendo che la cooperazione con i partner internazionali, Mosca compresa, prosegue senza problemi. La stessa agenzia spaziale della Federazione ha diffuso una nota per confermare le buone relazioni e il fatto che sta lavorando insieme con la Nasa per un accordo sui cambi degli equipaggi a bordo della Iss.

L’idea comune è quella di condividere i voli per risparmiare sui costi. L’idillio, però, è durato molto poco: la Russia ha infatti sospeso tutti i lanci del suo vettore Sojuz dalla Guyana Francese. Il 26 febbraio, Roscosmos ha annunciato che “in risposta alle sanzioni dell’UE contro le nostre imprese, stiamo sospendendo la cooperazione con i partner europei nell’organizzazione di lanci spaziali dal cosmodromo di Kourou e ritirando il nostro personale, compreso l’equipaggio di lancio consolidato, dalla Guyana Francese”.

Mosca, inoltre, sta richiamando in patria dallo spazioporto 87 lavoratori russi che supportano i lanci dei razzi Sojuz e le società della Federazione NPO Lavochkin, Progress RCC e TsENKI. Parallelamente, si è cominciato a registrare un incremento di cyber attacchi ai danni di diverse tipologie di satelliti, appartenenti a vari Paesi. La matrice è ignota, ma gli esperti del settore hanno espresso forte preoccupazione e temono sia solo l’inizio. Intanto, gli attivisti di @YourAnonCentral – legati ad Anonymous – hanno hackerato il sito di Roscosmos, affermando di aver interrotto i collegamenti tra l’ente spaziale e i suoi satelliti. Rogozin è intervenuto negando l’evento – seppure gli Anon abbiano postato fotografie dei server messi offline – e ha minacciato l’Occidente in caso ci siano tentativi di compromettere i satelliti della Federazione.

In questo clima di tensione crescente, anche in ambito spaziale, c’è grande attesa per il 16 e il 17 marzo, quando si terrà la riunione del Consiglio dei Paesi membri dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). In quelle date, infatti, si deciderà del destino a breve termine della missione congiunta ExoMars. In molti vogliono congelarla, quale ulteriore risposta all’invasione in Ucraina. Altri, tuttavia, sono convinti sia necessario lasciare una “porta aperta” a Mosca e, soprattutto, che serva lanciare un segnale di distensione su un tema cruciale per l’Umanità come quello della ricerca scientifica. Di conseguenza, almeno per il momento, non è stata ancora presa una decisione definitiva e si prevede un incontro del Consiglio movimentato.

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