Carbonio biologico su Marte?

GLI ATOMI DI CARBONIO MARZIANO PRESENTANO DISTRIBUZIONI ISOTOPICHE SIMILI A QUELLE DEGLI ORGANISMI TERRESTRI

Nelle molecole organiche degli organismi viventi terrestri domina in maniera quasi assoluta il carbonio 12 (C12), ovvero le molecole biologiche sono nettamente depauperate dell’isotopo carbonio 13 (C13), un fatto strano e non completamente spiegato. Un criterio, quindi, per capire se una molecola carboniosa è naturale o biologica è quello di verificarne un depauperamento in C13. Il tenore di C13 viene indicato come δC13‰ ossia come differenza in millesimi rispetto a uno standard di riferimento naturale.

Nei composti organici non biologici troviamo valori di δC13‰ sempre prossimi a 0. Invece nelle molecole biologiche δC13‰ è sempre negativo e può raggiungere il valore di -60 ‰ in sedimenti molto antichi.

Si può quindi capire quanto interesse abbia suscitato la ricerca pubblicata il 22 gennaio 2022 sulla rivista Pnas, dove si annuncia la scoperta che la maggior parte delle molecole carboniose individuate dal rover Curiosity (figura) nei dieci anni di lavoro svolto nel cratere marziano di Gale sono estremamente depauperate di C13. Lo strumento che ha ottenuto questo risultato è lo spettrometro infrarosso a laser Tls, che fa parte del laboratorio Sam a bordo di Curiosity.

In dieci anni, il Sam ha prelevato 24 campioni di suolo, scaldandoli in una fornace fino a 850°C e spedendoli poi a uno spettrometro di massa per analizzare i volatili eventualmente emessi. Tra i volatili svolti c’era anche una relativa “abbondanza” di idrocarburi leggeri (specialmente metano), derivanti dalla decomposizione di molecole più complesse. Questi idrocarburi leggeri sono stati mandati anche al Tls che riesce a distinguere il metano che contiene C12 da quello che contiene C13.

I risultati sono stati sorprendenti: tutti i campioni mostravano un δC13‰ negativo! Gli autori, però, hanno adottato una estrema cautela: siccome il metodo termico utilizzato potrebbe indurre una perdita di C13 anche del 50%, hanno preso in considerazione solo i campioni con δC13‰ minore di -70. Questi campioni sono almeno sei, distribuiti soprattutto (ma non solo) alle falde del monte Sharp, la montagna a strati al centro del cratere Gale, dove gli strati più bassi sono anche quelli più antichi.

L’ipotesi biologica rimane primaria, anche se gli autori hanno voluto attenuarla con altre due ipotesi, peraltro un po’ forzate. La prima è legata al fatto che le Gmc (Nubi Molecolari Giganti) sono impoverite di C13 (nella meteorite di Allende c’è polvere interstellare con δC13‰ pari a -240) e il Sistema solare passa in una di queste nubi ogni 100 milioni di anni.

La seconda ipotesi implicherebbe la sintesi di materia organica per azione della radiazione UV sulla anidride carbonica dell’atmosfera di Marte, con produzione intermedia di formaldeide: un processo che, però non è mai stato valutato sperimentalmente, e che per di più partirebbe da una anidride carbonica nettamente sfavorita, dato che quella marziana ha un δC13‰ pari a +43.

Affronteremo questo argomento in modo più approfondito e aggiornato su uno dei prossimi numeri di Cosmo con un articolo di Cesare Guaita (ndr).

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