La strana morfologia di una galassia nana

La galassia DD068 sembra essersi formata dall’interazione di tre oggetti

DDO 68 (UGC 5340) in una immagine ottenuta con dati del V. Blanco Telescope di 4m e la DECam (DESI, G. Donatiello)

DDO68 (UGC 5340) è una galassia nana peculiare nella costellazione del Leone. Stimata alla distanza di circa 12,6 Mpc (41 milioni di anni luce), ha destato l’attenzione degli astronomi per essere la galassia nana che esibisce la più bassa metallicità conosciuta.

Le galassie a bassa metallicità (vale a dire, povere di elementi diversi da idrogeno ed elio) sono molto ricercate dagli astronomi perché ritenute ambienti adatti per meglio comprendere l’evoluzione chimica e i processi di formazione stellare nell’Universo primordiale. Queste galassie, di solito piuttosto isolate, non hanno avuto interazioni con quelle maggiori e perciò conservano ambienti quasi incontaminati sin dalla loro formazione.

Tutte le galassie, anche le più piccole, sono ritenute al centro di aloni di materia oscura, la misteriosa sostanza che funge da collante per la materia ordinaria e funge da nucleo di addensamento per il gas da cui nasceranno le stelle. È il flusso di nuovo gas esterno che fornisce materia per nuove generazioni di stelle che conterranno gli elementi prodotti nei nuclei della precedente generazione.

Uno degli aspetti più interessanti del modello cosmologico standard, detto Lambda – Cold Dark Matter (ΛCDM), è la previsione che tutte le galassie, anche quelle nane, si formano per cattura e accrescimento alle spese di sistemi stellari più piccoli.  Vien da chiedersi: qual è la struttura minima che possiamo contemplare in tale processo? L’attenzione degli specialisti è ora rivolta alle galassie ultra-deboli (UFD), cioè quelle formate da poche stelle in piccoli aloni di materia oscura, ritenute i “mattoni” elementari della formazione galattica. Le UFD sono perciò ritenute testimoni fossili dell’Universo primordiale e le scoperte di nuovi esponenti in tale categoria sono accolte con molto interesse.

È emerso di recente che le galassie nane satelliti, a  loro volta, possono avere dei satelliti del tipo UFD. Ad esempio, la Grande Nube di Magellano (LGM), considerata il maggiore satellite della Via Lattea, ne annovera sinora almeno sette. La Galassia del Triangolo (M33), ritenuta il maggior satellite della Galassia di Andromeda (M31), ne conta per ora solo due (AndXXII e Pisces VII). NGC 247, considerata il maggiore satellite di NGC 253, annovera un possibile satellite in Donatiello IV.

Non ci sono molti altri esempi in tal senso, quindi ogni nuovo elemento è benvenuto e attenua la tensione sul modello standard ΛCDM, che continua così a essere valido.

DDO 68, nello specifico, ha le caratteristiche tipiche delle galassie poco evolute. Manifesta pure un’abbondanza di ossigeno sotto la media, nonostante una popolazione stellare stimata intorno a 117 milioni di masse solari. A intrigare gli astronomi è però la particolare struttura della galassia, indagata da un gruppo tutto italiano, guidato da Raffaele Pascale dell’Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna.


Pannello di sinistra: immagine LBT g-band di DDO68 con le strutture discusse nello studio. I numeri segnano alcune regioni HII. Pannello di destra: la simulazione ottenuta per DDO 68. (da R. Pascali et al. 2021)

Le osservazioni avevano già mostrato una struttura curvata somigliante alla coda di polveri di una cometa sotto certa prospettiva, con tanto di testa tondeggiante, che verosimilmente è quanto rimane di un vecchio satellite quasi del tutto assorbito (indicato come DDO68A) e un satellite più piccolo distrutto e ridotto a un flusso stellare (DDO68B).

Questa particolare struttura arcuata e la morfologia complessiva sono state ampiamente riprodotte da una simulazione idrodinamica del gas N-body ad alta risoluzione con cui il gruppo ha eseguito osservazioni fittizie da confrontare con quelle reali prese dal LBT. I modelli hanno confermato anche le proprietà cinematiche e la distribuzione dell’idrogeno neutro (HI) già conosciute dell’oggetto. Con questi elementi, il gruppo ha potuto stabilire che le proprietà della galassia sono spiegabili ammettendo l’interazione di tre oggetti. Al nucleo centrale massiccio si sono aggiunti due satelliti molto più piccoli, rispettivamente con 1/20 e 1/150 la massa del principale (di 10 miliardi di masse solari), senza escludere altri fenomeni di cattura minori.

La galassia satellite più massiccia è la progenitrice del flusso stellare denominato Cometary Tail ed è la struttura più ricca di regioni d’idrogeno ionizzato. Queste regioni HII possono essere indagate per misurare la metallicità media. Tuttavia, quella più comoda da studiare, secondo gli autori, è quella indicata come 8 nella figura. Il secondo flusso stellare, denominato DDO68-S1, è ben spiegato come il residuo della terza galassia.

In definitiva, lo studio conferma che le irregolarità osservate in tutta DDO68 non sono il risultato dell’interazione con un compagno più piccolo come DDO68C, ma più probabilmente dovute all’accrescimento multiplo di sistemi più piccoli.

Quanto osservato è perfettamente in linea con le previsioni dei modelli che non escludono la presenza di satelliti anche per le galassie nane, così come stanno dimostrando brillantemente sempre più osservazioni e scoperte. Anzi, le galassie nane isolate in ambienti a bassa densità, sembrano favorire tali scenari.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 353 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.