Il lato oscuro di Plutone

L’emisfero notturno è stato indagato grazie alla luce diffusa della luna Caronte

Alcuni dettagli del lato notturno e della regione polare sud di Plutone sono visibili nel riquadro in basso a sinistra (Tod R. Lauer et al 2021 )

Appena dopo aver doppiato Plutone e il suo sistema, la sonda New Horizons si è voltata per puntare la fotocamera LORRI verso l’emisfero meridionale del pianeta nano, immerso in un’oscurità stagionale che dura da alcuni decenni. Nonostante che a latitudini inferiori i 39°S la superficie non sia direttamente illuminata dalla debole luce solare (comparabile a quella di un crepuscolo terrestre), il lato notturno di Plutone riceve un debolissimo chiarore dovuto alla luce solare riflessa dalla sua grande luna Caronte. In pratica, la parte notturna è illuminata molto debolmente, in modo simile a quanto faccia più efficientemente la Luna piena sulla Terra e l’ambiente può essere fotografato utilizzando un’esposizione fotografica di durata adeguata.

Estrarre quel debolissimo segnale non è però cosa semplice ed è stata necessaria un’impegnativa procedura di riduzione e calibrazione.

La sequenza è indicativa delle varie fonti di disturbo naturali (diffusione dovuta all’atmosfera) e tecniche (riflessi interni e rumore elettronico) che il gruppo ha dovuto sottrarre per estrarre l’informazione finale. (da Tod R. Lauer et al 2021, Planet. Sci. J. 2 214)

Gli esperti di elaborazione immagine, guidati da Tod Lauer (National Optical Infrared Astronomy Research Laboratory), hanno infatti sottratto il contributo della luce solare diffusa in avanti dall’atmosfera plutoniana che, pur sottile, ha prodotto un evidente anello totalmente saturo. Se così non fosse stato, sarebbe bastata una semplice sottrazione del rumore standard della camera LORRI per avere un’immagine già fruibile. La lunga esposizione, invece, ha prodotto una grande quantità di luce diffusa, inesorabilmente catturata dal piccolo CCD montato su di essa. Il team di analisi è stato tuttavia in grado di ricostruire tutte le fonti di disturbo e sottrarle sino a ottenere un’immagine finale, riconducibile al contributo della luce notturna su Plutone.

A conti fatti, le fonti di disturbo hanno prodotto una quantità di luce diffusa pari a tre ordini di grandezza più forte del flusso di luce di Caronte, simile al chiarore lunare prodotto pochi giorni prima del primo quarto.

Tanto lavoro non è stato vano e grazie al recupero della luce di Caronte, sono emersi dettagli che arricchiscono la già ricca mappa di Plutone. Tra esse spicca una regione ad alta albedo che i planetologi ritengono essere un deposito invernale di azoto molecolare oppure metano ghiacciato. Inoltre, la regione polare sud di Plutone sembra esibire un’albedo molto più bassa rispetto alla parte opposta ben fotografata dalla New Horizons.

Quello appena pubblicato è un risultato davvero notevole e dimostra quanto la completa analisi dei dati raccolti dalle sonde spaziali richieda anni e lo sforzo congiunto di molte persone con specifiche competenze, non senza sorprese.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.