I misteri delle galassie nane ultradiffuse isolate

GRAZIE A POTENTI SIMULAZIONI, SI COMINCIA A COMPRENDERE IL MECCANISMO DELLA LORO FORMAZIONE

UDG4 è una galassia ultradiffusa (ESO/VST)

Sin dalla loro scoperta, le galassie ultradiffuse (UDG) hanno sollevato intriganti interrogativi sulla loro formazione. Tali oggetti non sono facilmente inquadrabili nel modello di formazione gerarchica ΛCDM (Costante Cosmologica + Materia Oscura Fredda) e si presentano come galassie di luminosità estremamente debole, bassissima densità stellare e prive di qualsiasi segnale che denunci recente formazione di nuove stelle. Gli astronomi definiscono questo tipo di sistemi come spenti o quiescenti.

Inizialmente gli astronomi avevano pensato che le UDG fossero delle grandi galassie abortite che, per qualche ignota ragione, avevano interrotto la formazione stellare. Alcune condizioni di formazione stellare possono spiegare tale scenario, tuttavia è stato dimostrato che tutte le UDG sono oggetti di piccola massa la cui formazione può essere stata guidata da più meccanismi.

Le UDG sono oggetti con masse comparabili a quelle di una normale galassia nana, ma con estensioni comparabili a una galassia come la nostra Via Lattea. La ragione di tale morfologia è ancora argomento di dibattito, tuttavia l’opinione generale tra gli specialisti chiama in causa ripetute interazioni con le galassie maggiori nei gruppi e ammassi. Nei passaggi ravvicinati gli oggetti più massicci possono sottrarre gran parte della misteriosa materia oscura (che funge da collante gravitazionale per la materia ordinaria) alle malcapitate galassie nane che così si trasformano in trasparenti UDG.

Sul fronte osservativo, sappiamo che le UDG negli ammassi di galassie sono arrossate perché composte di stelle vecchie, mentre le controparti nelle regioni meno congestionate sono più blu con cenni di formazione stellare recente. Questa dicotomia suggerisce che l’ambiente abbia un ruolo non secondario nelle sorti dei sistemi meno massicci.

A complicare le cose è di recente emersa l’evidenza osservativa di UDG ben lontane dalle zone più dense degli ammassi di galassie. Che ci fanno lì e come si sono formate?

Ora un team internazionale – guidato da Laura Sales, astronoma dell’Università della California, in uno studio con primo autore José A. Benavides, dottorando dell’Istituto di Astronomia Teorica e Sperimentale in Argentina – propone una spiegazione convincente quanto semplice.

“Come si formano le nane ultra-diffuse spente di campo? Il nostro lavoro con Jose Benavides usando TNG50 dice che è abbastanza facile: 1) aloni nani ad alto spin, 2) orbite backsplash. Tanti UDG quiescenti sul campo!”, sintetizza Sales.

Lo scenario proposto nello studio per spiegare la formazione di una UDG isolata (Vanina Rodriguez).

Per giungere a tale conclusione gli autori hanno utilizzato TNG50, una spettacolare simulazione idrodinamica cosmologica che spiega la formazione delle galassie partendo dal giovane Universo sino alla situazione attuale. Le simulazioni si basano sul modello ΛCDM e descrivono molto bene quello che effettivamente osserviamo e altrettanto permettono di ricostruirne l’evoluzione. Le simulazioni TNG sono quanto di più simile a una macchina del tempo che permette agli astronomi di “vedere” la situazione cosmica a diverse epoche.

Grazie a TNG50 è stato possibile appurare che le attuali UDG osservate ad alcuni megaparsec lontani dal centro degli ammassi di galassie, un tempo erano satelliti che percorrevano orbite molto eccentriche delle galassie maggiori, dette in gergo backsplash. Tali oggetti, in modo analogo alle comete del nostro Sistema Solare, si sono avvicinati moltissimo alla galassia dominante e durante l’avvicinamento si sono tuffati nel suo alone, tanto da essere stati privati del contenuto di materia oscura e gas, tuttavia conservando gran parte del contenuto stellare.

La “nana spogliata” prosegue così la sua traiettoria molto allungata dopo aver perso quasi tutto il suo contenuto di “collante”, la densità stellare si abbassa progressivamente sino a farle assumere l’aspetto di una UDG isolata. Questo tipo di UDG spente, secondo gli autori, potrebbe costituire il 25% della popolazione complessiva di galassie ultradiffuse che però non osserviamo per le difficoltà intrinseche di rilevamento mediante gli attuali telescopi.

Una simulazione TNG50 in cui compaiono alcune UDG isolate lungo filamenti e vuoti, anche a molti megaparsec dal centro ammasso.

Ancora la simulazione dimostra come le UDG possono occupare posizioni anche molto distanti dalle parti centrali degli ammassi, lungo i filamenti e addirittura nei vuoti, cosa non spiegabile senza invocare il meccanismo descritto nello studio.

“Le galassie isolate e quelle satellitari hanno proprietà differenti, perché la fisica della loro evoluzione è abbastanza diversa”, continua Sales. “Queste galassie backsplash sono intriganti, perché condividono proprietà con la popolazione di satelliti nel sistema cui un tempo appartenevano, ma oggi si osserva che sono isolate dal sistema”.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.