Il Sistema solare ringrazia le supernove

La regione di formazione stellare nella costellazione dell'Ofiuco. (Credits immagine: João Alves/ESO VISIONS)

Una nuova ricerca, pubblicata il 16 agosto sulla prestigiosa rivista Science, ha studiato una vicina regione di formazione stellare nella costellazione di Ofiuco che vanta condizioni potenzialmente simili a quelle che caratterizzavano il Sistema solare primordiale, Ciò nel tentativo di risolvere il mistero di come gli elementi radioattivi essenziali per la formazione dei pianeti siano giunti nella ​​Nebula solare. Lo studio conclude che tali particelle sono comuni nelle regioni di formazione stellare, suggerendo che i processi che hanno formato il Sistema solare sono facilmente disponibili in tutta la galassia.

Immagine di fantasia di un’esplosione stellare nell’Ofiuco (Credits: Space.com)

Caccia all’alluminio-26…

Un ingrediente chiave è sicuramente l’alluminio-26, un elemento radioattivo che si forma all’interno delle stelle e che ha una vita media relativamente breve, di circa 100.000 anni. Poiché i primi pianeti hanno probabilmente impiegato circa un miliardo di anni per formarsi, la presenza di questo elemento suggerisce una fonte vicina.

Osservando le condizioni trovate nella vicina regione di formazione stellare dell’Ofiuco, gli scienziati hanno concluso che la fonte più probabile di alluminio-26 per il nostro Sistema solare sia l’esplosione di una serie di supernove vicine, piuttosto che un singolo evento fortunato.

I ricercatori hanno dato la caccia all’alluminio-26 concentrandosi sulle inclusioni ricche di calcio-alluminio (le cosiddette “CAIs”), che sono grani di dimensioni sub-millimetriche che si trovano all’interno di alcuni meteoriti.

L’alluminio-26 è uno dei tanti metalli prodotti nel cuore infuocato delle stelle massicce. Quando una stella di grandi dimensioni diventa supernova ed esplode, diffonde i suoi componenti nella regione vicina della galassia. In teoria, una singola supernova potrebbe essere la fonte di tutto l’alluminio-26 del Sistema solare. Tuttavia, secondo John Forbes, il principale autore dello studio, le stime attuali della produzione di alluminio dalle supernove non giustificano la quantità che era presente nel nostro sistema solare.

“Per alcune stelle di grande massa che diventano supernova, in realtà viene prodotto abbastanza alluminio-26, ma a causa del suo rapido decadimento, quella supernova avrebbe dovuto verificarsi in tempi estremamente recenti e trovarsi nel giusto intervallo di massa”, ha detto Forbes. “È possibile, ma non probabile”.

Le stelle giganti hanno vita breve rispetto a quella di stelle come il Sole: una stella 8 volte più massiccia della nostra vivrà infatti “solo” 40 milioni di anni, rispetto ai 10 miliardi di anni di vita della nostra stella. Questa mortalità rende le stelle massicce dei cattivi vicini, poiché possono riscaldare il gas nelle vicine regioni di formazione stellare, distruggendo i nuclei e i dischi proto-stellari in costruzione. Ma le stelle giganti possono anche bilanciare questa interferenza nefasta con la produzione, al momento dell’esplosione, di una scorta di alluminio-26, materiale che può aiutare la formazione dei pianeti.

Studiando la regione di Ofiuco e le sue stelle massicce vicine in più lunghezze d’onda, Forbes e i suoi colleghi hanno determinato che le nubi che danno origine alle stelle neonate sono state letteralmente inondate di alluminio-26 dai loro vicini morenti. Poiché Ofiuco è una tipica regione di formazione stellare, senza nulla che la contraddistingua come significativamente diversa dalla maggior parte delle altre, ciò suggerisce che la maggior parte delle stelle, incluso il nostro Sole, hanno ricevuto un’abbondante iniezione di alluminio-26 dalle supernove prima di nascere.

… e alle stelle Wolf-Rayet

Il team ha anche cercato la presenza di stelle Wolf-Rayet, che sono più di 20 volte più massicce del Sole e sono anche considerate potenziali donatori di alluminio-26. Le stelle Wolf-Rayet producono venti estremamente forti, specialmente quando si avvicinano alla fine della loro vita. Questi venti spogliano le stelle del loro materiale superficiale, che include l’alluminio-26, e lo soffiano nelle vicinanze. Secondo Forbes, è possibile che una singola stella Wolf-Rayet produca abbastanza alluminio per spiegare il materiale trovato nel Sistema solare primordiale.

Ma quando hanno studiato la regione di formazione stellare di Ofiuco, gli scienziati non hanno però trovato stelle Wolf-Rayet capaci di inseminare di alluminio i suoi vicini e hanno quindi concluso che il meccanismo di arricchimento più probabile di una nube protostellare sia quello derivante da una serie di esplosioni di supernove.

Una bolla gigante di gas lanciata all’esterno dalla massiccia stella Wolf-Rayet HD 50896, la stella rosa al centro dell’immagine.
(Credits immagine: ESA, J. Toala e M. Guerrero (IAA-CSIC), Y.-H. Chu e R. Gruendl (UIUC), S. Arthur (CRyA–UNAM), R. Smith (NOAO/CTIO) , S. Snowden (NASA/GSFC) e G. Ramos-Larios (IAM)).

Non tutto quadra ancora

Questa nuova ricerca ha importanti implicazioni per la comprensione del Sistema solare primordiale anche se molti aspetti rimangono da chiarire, prima fra tutte la necessità di far combaciare la quantità di alluminio con le osservazioni dei meteoriti, che necessiterebbero di una sorta di “ripristino globale” dell’alluminio nel disco stellare per sincronizzare i loro orologi radiogenici e dare loro una medesima formazione. Un tale ripristino richiederebbe però un immane evento di riscaldamento globale che avrebbe vaporizzato tutti gli elementi solidi allora presenti nel Sistema solare.

Un tale reset potrebbe essere stato causato da un’emissione parossistica del Sole in formazione o da una supernova estremamente vicina, ma Forbes ammette che entrambe queste ipotesi hanno degli svantaggi perché troppo “ad hoc”.

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