Vulcani esplosivi attivi su Venere

La prova sarebbe nelle tracce di fosfina trovate in atmosfera

Immagine sintetica ottenuta con informazioni radar raccolte dalla sonda Magellan nel 1992 (NSA/JPL).

Qualche tempo fa, la scoperta di tracce di fosfina nell’atmosfera di Venere aveva alimentato la speranza che il pianeta ospitasse un qualche tipo di batteri anaerobici, migrati nella zona più alta man mano che le temperature in superficie aumentavano. La fosfina è considerata un ottimo biomarcatore perché le fonti abiotiche naturali sono improbabili. Il vecchio studio aveva escluso anche il vulcanismo attivo.

Una nuova ricerca della Cornell University, con autori Jonathan Lunine e il suo studente Ngoc Truong, pubblicata negli Atti della National Academy of Sciences però, demolisce definitivamente tale conclusione, ribaltandola. E’ stato trovato infatti che le quantità osservate del gas sono spiegabili anche con una modesta attività vulcanica di tipo esplosivo.

Truong e Lunine sostengono che il vulcanismo sia il processo che immetta fosfina nell’atmosfera superiore e sono giunti a tale conclusione esaminando le osservazioni a lunghezza d’onda submillimetrica eseguite dal Telescopio James Clerk Maxwell sul Mauna Kea alle Hawaii e con l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) in Cile.

Indizi di vulcanismo attivo su Venere erano stati trovati in passato. Ad esempio le immagini radar ottenute dalla sonda Magellan negli anni Novanta mostravano evidenti segni nell’orografia. Ancora prima, nel 1978, la sonda Pioneer Venus della Nasa aveva registrato la presenza di anidride solforosa nell’atmosfera superiore. La presenza di fosfina ha quindi confermato il vulcanismo venusiano ed è compatibile solo con attività di tipo esplosivo, infatti se nel sottosuolo profondo di Venere ci sono fosfuri e sono portati in superficie in modo esplosivo, essi reagiscono con l’acido solforico atmosferico per formare fosfina.

Nonostante questa particolare produzione abiotica, la fosfina rimane comunque un forte biomarcatore in grado di tradire l’attività di forme batteriche anaerobiche.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.