
Con l’osservazione diretta del buco nero supermassiccio (SMBH) al centro della galassia M87, nel cuore dell’ammasso della Vergine, l’idea che tali oggetti siano presenti in quasi tutte le grandi galassie è diventata ampiamente accettata. Anche la sorgente al centro della nostra Galassia, Sagittarius A* (SgrA*), stimata di 4 milioni di masse solari, è ritenuta essere uno SMBH. Questa idea è andata rafforzandosi negli ultimi tre decenni, grazie all’osservazione del moto peculiare esibito da un gruppo di stelle (denominato S) vicino alla sorgente che ha fruttato ad Andrea Ghez, Roger Penrose e Reinhard Genzel, il Premio Nobel per la Fisica 2020.

Secondo un gruppo di ricercatori dell’International Center for Relativistic Astrophysics, in un articolo accettato per la pubblicazione su Monthly Notice of the Royal Astronomical Society: Letters, la realtà sarebbe differente da quella proposta e ne discutono le prove. La natura di buco nero per SgrA* sarebbe stata adottata acriticamente poiché le orbite delle stelle S vicine concordano con le traiettorie geodetiche previste dalla geometria di Schwarzschild. In particolare, l’orbita della Stella S2 (la più vicina alla massa centrale) è servita anche per una verifica delle previsioni della Relatività Generale, essendo stati osservati la precessione relativistica e il redshift gravitazionale.
In quella affollata regione dello spazio non ci sono solo stelle, ma pure nubi gassose, tra cui quella denominata G2 che, stando alle previsioni, avrebbe dovuto finire catturata dal buco nero nel 2014, provocando una temporanea “accensione” dello stesso. G2 ha invece beffato gli astronomi che ne attendevano la fine in diretta, proseguendo indenne la sua corsa con perturbazioni gravitazionali irrilevanti. Come mai?

Per spiegare queste e altre osservazioni, il gruppo propone un’ipotesi alternativa: al centro della Via Lattea non ci sarebbe uno SMBH ma un’elevatissima concentrazione di materia oscura autogravitante!
Per giungere a tale intrigante conclusione, sono stati analizzati nel dettaglio i dati astrometrici di 17 stelle S tra le meglio risolte nelle immagini. Secondo il team, una massa compatta di materia oscura è in grado di produrre gli effetti osservati sulle stelle e spiegare alcune anomalie osservate, meglio di quanto farebbe uno SMBH.
In tale nuovo scenario, G2 è stata in grado di sopravvivere all’incontro con SgrA*, perché la sorgente non sarebbe una singolarità, ma una più diffusa densa concentrazione di massa composta di darkini, particelle ipotetiche appartenente allo stesso gruppo dei fermioni. L’ipotesi è stata messa alla prova con delle simulazioni, dimostrando che la Via Lattea con una tale massa centrale di materia oscura, funzionerebbe all’incirca allo stesso modo del buco nero da 4 milioni di masse solari, con le stelle S che seguirebbero le orbite osservate e la rotazione complessiva dell’intero sistema.