La nuova età della crosta terrestre

Era già solida almeno 3,7 miliardi di anni fa: le conseguenze sull'origine della vita

La superficie terrestre quando ha smesso di essere un mare di magma ed è diventata solida? I geologi non sanno dire con esattezza quando sia successo, però adesso hanno la certezza che la solidificazione sia avvenuta prima di quanto stimato in precedenza.

La datazione delle rocce è un compito difficile e si basa sulla misurazione di certi elementi radioattivi inglobati nella loro matrice. Particolarmente utilizzati allo scopo, sono i minerali carbonatici estratti dai fondali oceanici. Sulla Terra, a causa dei movimenti tettonici, non dovrebbero più esserci rocce risalenti alla prima solidificazione e anche quelle più antiche hanno subito, nel frattempo, profonde alterazioni. Trovarne d’incontaminate per eseguire le delicate misure di datazione è quindi estremamente complicato. Un team di scienziati ha tuttavia escogitato un nuovo metodo per datare i campioni di rocce antiche e lo ha presentato nel corso dell’Assemblea Generale 2021 della European Geosciences Union (EGU), in cui sono stati esposti i primi sorprendenti risultati.

Analizzando un minerale chiamato barite, formato dalla combinazione di sali oceanici e il bario emesso dalle bocche vulcaniche sottomarine, il team, guidato dalla geochimica norvegese Desiree Roerdink, ha potuto stabilire che la crosta continentale della Terra ha una età superiore a 3,7 miliardi di anni, più antica delle stime precedenti.

La barite si forma in profondità, dove l’acqua calda, arricchita di sostanze nutritive di origine continentale, erutta dalle bocche idrotermali oceaniche, diventando un ottimo registro dello scambio di sostanze tra gli oceani e i continenti. Conoscerne le caratteristiche diventa quindi un modo per studiare la crosta continentale affidandosi a un minerale che non si altera nel tempo. Le bariti più antiche sono infatti identiche a quando si sono formate senza aver subito variazioni significative, perciò conservano le migliori registrazioni geologiche dei processi avvenuti sulla Terra primordiale.

Una rappresentazione artistica di come sia l’interno della Terra. Il sottile strato esterno solido è spesso tra circa 4 e 70 Km, rispettivamente in corrispondenza dei fondali oceanici e le regioni continentali. Secondo uno studio, lo strato esterno del nostro pianeta era già solido almeno 3,7 miliardi di anni fa.

I continenti, al contrario, sono formati da rocce destinate ad alterarsi nel tempo e soggette a continua erosione. La loro disgregazione e trasporto negli oceani rappresenta una delle principali fonti di nutrienti per i mari e con essi vengono trasportati anche vari elementi, tra cui lo stronzio. Misurando il rapporto tra due isotopi radioattivi di stronzio in sei diversi depositi di bariti, il gruppo ha potuto calcolare che l’età di quei minerali è compresa tra 3,2 e 3,5 miliardi di anni fa. È stato anche possibile determinare quando lo stronzio è cominciato a fluire dai continenti ai mari per essere inglobato nelle bariti, dimostrando che il processo era già attivo circa 3,7 miliardi di anni fa. Questo significa che la solidificazione della crosta era già avvenuta.

Le implicazioni della scoperta sono importanti sia sul fronte geologico sia biologico. Una prima conseguenza è che i processi di formazione continentale e la tettonica a placche erano già attivi su quella Terra giovanissima; la seconda conseguenza, non meno importante, è che lo scambio di nutrienti tra continenti e oceani può aver accelerato quei processi che hanno portato allo sviluppo dei primi viventi. Recenti studi indipendenti hanno infatti mostrato come lo sviluppo della vita sia fortemente condizionato dalla disponibilità di nutrienti di origine continentale. Sebbene la ricerca non si esprima in termini di esobiologia, la presenza di una tettonica attiva deve certamente essere un parametro da considerare parlando di potenziali ambienti abitabili sui pianeti rocciosi.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 353 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.