
L’anno scorso è stato celebrato il quarto di secolo dalla prima scoperta di un pianeta intorno a una stella di sequenza principale, nel 1993 erano stati scoperti i primi pianeti intorno a una pulsar, ma la prima scoperta di corpi in orbita intono a una stella risale al 1983, quando il satellite Iras per infrarosso lontano della Nasa dimostrò la presenza di un esteso disco di detriti intorno alla stella Vega, la più brillante della costellazione Lira e la quinta più luminosa del cielo.
Dopo quella prima scoperta, la luminosa stella azzurra a 27 anni luce da noi è stata oggetto di varie ricerche e si è scoperto che dalla Terra osserviamo un suo polo, leggermente più caldo rispetto alle regioni equatoriali, perché la stella, giovanissima, ruota molto velocemente e si presenta leggermente schiacciata, analogamente a quanto accade con Giove.
Un nuovo studio suggerisce, in via indiziaria, che Vega ospiti almeno un pianeta roccioso del tipo Super-Terra nella zona interna della sua fascia di detriti. L’esopianeta orbiterebbe in appena 2,43 giorni terrestri con una massa minima di 20 volte la Terra. Per via della vicinanza alla stella, l’esopianeta farebbe registrare una temperatura altissima per un corpo planetario, intorno a 3000 °C, superato solo da Kelt-9b.
Si tratterebbe di un mondo davvero infernale, con una temperatura superficiale superiore a quella di alcune deboli stelle. Sarebbe privo di atmosfera, evaporata e spazzata via dalla forte radiazione di Vega.
Vega b potrebbe essere stato in origine ancora più grande e massiccio, con una spessa e densa atmosfera. Quello adesso in orbita vicinissimo alla stella sarebbe, quindi, il suo nucleo roccioso. Vega b sarebbe perciò già un “cadavere”, nonostante la giovanissima età della stella, stimata in appena 400-500 milioni di anni.
Con una massa due volte e un raggio 2,3 volte maggiore del Sole e classe spettrale A0, Vega è stata la prima stella a fornire le prove dell’esistenza di dischi protoplanetari, sino ad allora solo ipotizzati come parte iniziale del processo di formazione planetaria, ma i dati non provavano la presenza di pianeti già formati.
Dopo quasi 40 anni di studi, il disco di Vega è ritenuto una fascia di detriti, popolato da polveri o oggetti rocciosi assimilabili ad asteroidi. In esso sono state rilevate delle lacune in cui si ipotizza la presenza di pianeti che abbiano “ripulito” le rispettive orbite e di fasce asteroidali siili a quelle del Sistema solare.

ALLA RICERCA DI VEGA B
Uno studio guidato da Spencer Hunt, della Colorado University a Boulder, ha cercato in dieci anni di osservazioni le prove dell’esistenza di pianeti. Vega, per via della vista polare, non è adatta all’applicazione del metodo dei transiti, dato che i suoi pianeti non passerebbero mai davanti alla stella, perciò se ne può tentare la rilevazione registrando variazioni nella velocità radiale, prendendo molti spettri della luce stellare e cercando in essi gli spostamenti delle righe, imputabili all’azione frenante di un pianeta sulla sua stella madre.
Dopo aver esaminato ben 1524 spettri, il gruppo ha rivelato un segnale coerente con un periodo di 2,43 giorni. Poiché non corrispondente col periodo di rotazione di Vega (secondo tali misure, appena 0,676 giorni), il segnale è probabilmente prodotto da un corpo massiccio in orbita stretta.
Il team ha provato a cercare la controparte nei dati del Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa, senza trovarne. Ma il segnale nella velocità radiale sembra essere reale e da esso si può dedurre la massa minima del pianeta, stimata in 20 masse terrestri (ma l’oggetto potrebbe anche essere più massiccio e di tipo gioviano se l’orbita fosse inclinata).
Se anche esiste (il segnale potrebbe avere un’origine diversa) Vega b non sarà un oggetto longevo, perché la stella, entro un miliardo di anni, si trasformerà in gigante rossa e lo inghiottirà completamente.
Per le conferme dobbiamo attendere l’entrata in funzione del James Webb Space Telescope.