2021: Odissea, cinese, nello spazio

Parlarne al futuro è un equivoco, la Cina è ormai la seconda potenza spaziale del mondo

taiwen 1

Una missione robotica, “Tianwen-1”, pronta a toccare la superficie di Marte il prossimo 23 aprile, un programma lunare che punta a sbarcare i primi pellegrini entro il 2030, e una stazione spaziale modulare in orbita bassa sulla rampa di lancio (partirà entro fine anno): sono solo alcuni dei prossimi obbiettivi della Cina, che oltre l’atmosfera ha pianificato di bruciare le tappe fino ad arrivare, nel 2049, centenario della Repubblica popolare, a portare i propri astronauti, meglio taikonauti, sul Pianeta rosso.

Fino ad allora, il dominio extra atmosferico del Dragone andrà costruendosi giorno dopo giorno.

“Parlarne al futuro è un equivoco, la Cina è ormai la seconda potenza spaziale del mondo, sia per le capacità complessive, che per il sostegno economico e politico” commenta Blaine Curcio affiliate senior consultant della francese Euroconsult.

Che abbia ragione lo conferma un dato su tutti: in Cina il settore impiega circa 100mila persone, 60mila più dell’Europa.

tianwen 1

“Penso che le dimensioni della Cina – continua Curcio – sia per quanto riguarda il Pil, il numero di addetti e le infrastrutture spaziali esistenti, le permetteranno progetti su larga scala, come la prossima grande stazione in orbita bassa terrestre.

Questi programmi offriranno molte opportunità ad altri: è improbabile, per esempio, che un Paese come il Pakistan sia in grado di costruire un avamposto spaziale, ma non è escluso possa inviare un proprio astronauta a bordo di quello cinese”.

Detto altrimenti, la corsa per la supremazia tecnologica sul nostro Pianeta, forse il più importante asset strategico della nostra era, si gioca fuori dal mondo. E il Dragone è fra i giocatori migliori, l’unico in grado di competere, da solo, con gli Stati Uniti.

È una partita per cui la Cina si allena da più di mezzo secolo, da quando Qian Xuesen, un allievo di Theodor von Karman cacciato dall’America per sospetto comunismo, nel 1956 allestì e diresse in patria il primo programma di sviluppo di missili balistici.

Quando, quattro anni dopo, la collaborazione con l’Unione Sovietica si interruppe, la Cina non si fece trovare impreparata: il primo razzo sviluppato in patria, il vettore CZ-2, nacque nel 1964 e nel ‘70 portò in orbita il “Dong Fang Hong 1”, il primo dei 55 satelliti della stessa famiglia lanciati nei trent’anni successivi.

tianwen 1

Inaugurato dal solito Qian Xuesen nel ‘68, il Centro di ricerca di medicina spaziale contribuì invece a realizzare l’idea per cui era nato, quella di lanciare un taikonauta nello spazio, risultato raggiunto il 15 ottobre del 2003 con Yang Liwei e la missione “Shenzhou 5”.

Dopo Usa e Urss, la Cina fu il terzo Paese a inviare in autonomia un uomo oltre l’atmosfera. Complici quattro siti di lancio sul proprio territorio e investimenti crescenti – nel 2020, stima Euroconsult, dei 177 miliardi di dollari stanziati per la Difesa, almeno 9 andati allo spazio -, il ritardo del programma spaziale cinese è stato via via ridotto e, in alcuni casi, annullato: nel gennaio 2019, l’Agenzia spaziale nazionale, la Cnsa, è stata la prima della storia a manovrare un rover sulla superficie nascosta della Luna.

“La Cina acquisisce informazioni e competenze dal resto del mondo da vent’anni” precisa Ezio Bussoletti, decano del settore, già vicepresidente dell’Agenzia spaziale italiana e nella commissione di selezione dei componenti il Consiglio di amministrazione del Miur.

“Pechino ha mandato migliaia di studenti a specializzarsi nei migliori centri di ricerca e università internazionali. Complice un meccanismo selettivo che deriva dalla struttura politica spiccatamente verticale, ma è molto sensibile alle capacità dei singoli, oggi gli impiegati nel settore sono bravi e numerosi.”

“L’obbiettivo è acquisire la leadership mondiale e il motivo è semplice: le tecnologie spaziali sono intrinsecamente duali, possono ciò essere impiegate sia per obbiettivi civili che militari. Dominare queste tecnologie significa vantare una posizione predominante nello scacchiere geopolitico”.

A ribadire un nuovo status negli equilibri (extra)terrestri, lo scorso 23 luglio è arrivato anche il lancio di “Tianwen-1”, la prima missione marziana dai tempi della fallimentare “Yinghuo 1, disintegratasi nel 2012 sopra l’Oceano Pacifico.

Per confermare urbi et orbi le proprie intenzioni, con “Tianwen-1” la Cnsa punta a Marte con un orbiter, un lander e un rover, il “pacchetto completo”, ed è significativo che il lancio della missione sia avvenuto pochi giorni dopo il viaggio inaugurale del vettore Kuaishou-11, andato perso poco dopo il distacco dalla rampa: la Cina non si ferma. Anzi, rilancia.

Non che le ambizioni spaziali di Pechino siano di esclusivo carattere bellico. L’importanza cruciale del settore e la sua progressiva centralità derivano dal fatto che lo spazio è strategico per una molteplicità di motivi, anche diplomatici.

Realizzare progetti come l’insediamento umano sulla Luna, o arrivare su Marte, comporta partnership internazionali solide.

tianwen 1

E Pechino ha già palesato una forte volontà cooperativa: molto attivo in ambito multilaterale, attraverso la partecipazione a tutte le attività del Comitato delle Nazioni Unite per l’uso pacifico dello spazio extra atmosferico, e in bilaterale con Unoosa, da anni il Paese ospita in ufficio nell’ambito del programma Un-Spider (United Nations Platform for Space Based Information for Disaster Management and Emergency Response), che consente attività di training nell’uso di dati satellitari in caso di disastri e soprattutto per rispondere alle emergenze in tutti i Paesi nella regione.

La Cina ha anche un ruolo di primo piano nell’International Committee on Gnssil sistema satellitare globale di navigazione, ndrche rappresenta un modello virtuoso di cooperazione. 

“Penso che Pechino sarà sia un collaboratore che un competitor dell’Occidente – conclude Curcio – concorrente, perché continuerà a sviluppare tecnologie proprie e offrirà ad altri Paesi servizi spaziali sempre più avanzati.”

“Collaboratore, invece, perché come detto la Cina offre già oggi a Paesi con programmi spaziali limitati ruoli di supporto o, addirittura, la possibilità di sviluppare capacità scientifiche attraverso progetti cinesi”.

“Le collaborazioni future – chiosa Bussoletti – saranno possibili se configureranno situazioni win-win, cooperazioni che, se di reciproco vantaggio, anche l’industria italiana non dovrà escludere”.

Iscriviti alla newsletter

Email: accetto non accetto