
L’immagine che illustra questa news è stata ottenuta dal telescopio spaziale Hubble, uno degli strumenti di punta dell’astronomia contemporanea. La povertà estetica della ripresa ci fa capire che siamo di fronte a qualcosa di speciale: stiamo vedendo la galassia che oggi detiene il titolo della più distante (e più antica) dell’Universo.
GN-z11 è nota già da qualche anno ed era in testa in una lista di oggetti a distanze cosmologiche, ma un gruppo di astronomi ha prodotto le prove che attribuiscono il suo record. La luce di questa galassia primordiale, molto arrossata dall’espansione cosmica, proviene da un giovanissimo Universo di soli 400 milioni di anni. GN-z11 è una galassia molto diversa da quelle che osserviamo nell’Universo vicino e testimonia un’epoca d’intensa formazione stellare. I suoi fotoni hanno viaggiato per 13,4 miliardi di anni, prima di colpire una manciata di pixel sul sensore, appena sufficienti per produrre il segnale in cui sono state cercate le informazioni necessarie per stabilire le caratteristiche della sorgente.
Stabilire il primato di antichità non è una curiosità da Guinness: questi oggetti sono dei messaggeri di un’era poco conosciuta, che corrisponde alla formazione delle prime galassie, ed è un banco di prova per verificare le teorie cosmologiche.
Di formazione primordiale di galassie si occupa Nobunari Kashikawa, del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Tokyo, che si è rivolto alla migliore tecnologia disponibile per determinare il valore dello spostamento verso il rosso (redshift) di GN-z11, al fine di stabilirne la distanza.
Misurare il redshift nelle righe spettrali diventa sempre più difficile al crescere della distanza della sorgente, sia perché la sua luce diventa sempre più debole, sia perché le righe spettrali slittano in regioni dello spettro a maggiore lunghezza d’onda. Nelle galassie primordiali la formazione stellare era estremamente intensa, perciò emettevano molta radiazione ultravioletta in righe spettrali, che sono però osservabili nella regione infrarossa in caso di alti valori di redshift.
Inoltre, per via della debolezza della sorgente, queste righe sono spesso appena intuite in uno spettro molto “rumoroso”. L’emissione di GN-z11 è talmente attenuata da risultare debole anche per Hubble, quindi è stata necessaria l’osservazione al Mosfire, il più potente spettrografo utilizzabile dal suolo, montato sul telescopio Keck I alle Hawaii.
Mosfire è stato in grado di rilevare le righe di emissione prodotte dalle giovanissime stelle di GN-z11. Così, il gruppo è riuscito a produrre una stima del redshift migliore di un fattore cento rispetto alla precedente, trovando il valore record di 10,957, che assegna a GN-z11 il titolo di galassia più lontana mai rilevata nell’Universo.