Un piccolo impostore galattico

UN AMMASSO GLOBULARE SI È RIVELATO UN RESIDUO FOSSILE DI ANTICHE GALASSIE

The Milky Way panorama

Gli ammassi globulari sono raggruppamenti sferoidali di vecchie stelle appartenenti alla Popolazione II, quella successiva alle stelle primordiali, e perciò sono tra gli oggetti più antichi dell’Universo. Si comportano come minuscoli satelliti della Via Lattea e percorrono orbite molto eccentriche intorno al nucleo e si pensa che abbiano contribuito ad arricchire di stelle il rigonfiamento centrale, il bulge.

Un tipico ammasso globulare ha una popolazione stellare omogenea di stelle a bassa metallicità, con età tipica intorno ai 12 miliardi di anni. Sono oggetti pressoché privi di gas, non sostengono alcuna formazione stellare e sono quindi spenti. Un tempo si pensava che i globulari fossero tenuti insieme dalla gravità delle loro stelle, ma poi si è compreso che questa era insufficiente e che sono circondati da piccoli aloni di materia oscura in grado di agire da collante gravitazionale.

È stato scoperto che alcuni globulari manifestano distinte popolazioni stellari, per cui si è iniziato a sospettare che alcuni di essi fossero i nuclei superstiti di piccole galassie private delle loro stelle periferiche e  per alcuni sono state identificate correlazioni con certi residui galattici.

Mayall II (G1), nel sistema della Galassia di Andromeda, è considerato il prototipo di questi oggetti a metà tra ammassi globulari e galassie nane, e lo stesso vale per Omega Centauri della Via Lattea, e per M54, posto al centro della nube stellare residua della Galassia Nana del Sagittario, ormai disgregata dalla interazione gravitazionale.

A caccia di fossili galattici

Una delle zone più adatte per cercare questi “fossili galattici” è la regione del bulge galattico entro cui è confinata la maggior parte dei globulari, ma è pure una delle regioni più promettenti in cui cercare i resti di oggetti più massicci che sono stati un tempo i mattoni da cui si è formato il rigonfiamento centrale, circa 12 miliardi di anni fa.

Sappiamo che le galassie maggiori si sono formate alle spese di galassie più piccole, fagocitate secondo uno schema piramidale gerarchico, perciò è rilevante trovare qualcuno di questi veri e propri fossili con cui si è edificata l’intera Via Lattea.

Grazie alla sinergia tra il telescopio Gemini South in Cile e il telescopio spaziale Hubble, è stata trovata una nuova classe di sistemi stellari, battezzata “Frammenti Fossili del Bulge”: sono dei raggruppamenti stellari rappresentativi proprio di quegli oggetti primordiali, ed è il risultato di uno studio condotto da un gruppo internazionale guidato dall’italiano Francesco Ferraro, del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna e dell’Inaf.

Gli astronomi hanno puntato l’attenzione sul grande ammasso Liller 1, posto a soli 3200 anni luce dal centro galattico e noto dagli anni Settanta come uno dei circa 200 globulari appartenenti alla Via Lattea. Tuttavia, un’analisi delle sue stelle ha svelato che l’oggetto manifestava caratteri compatibili con quelli di un residuo di una galassia primordiale, miracolosamente sopravvissuto alla totale disgregazione mareale esercitata dal nucleo centrale.

Liller 1 è quindi un residuo preziosissimo che può raccontare dettagli importanti su quelle prime tumultuose fasi della Via Lattea primordiale che possiamo soltanto intuire dalle osservazioni profonde, difficili anche per gli strumenti di punta e lo stesso HST.

Indagare oggetti come Liller 1 non è facile: servono dettagliate analisi con strumenti specifici per attingere e decifrare le informazioni che serbano e con cui ricostruire gli eventi occorsi molto tempo fa.  Questo è un compito demandato alla cosiddetta “archeologia galattica”.

Archeologia galattica

Finora, Liller 1 era stato studiato pochissimo, perché fortemente oscurato dalle polveri opache presenti presso il bulge galattico, ricevendo un’attenuazione nel visibile pari a circa 10mila volte. Per tale ragione è stato osservato nella regione infrarossa dapprima con il telescopio Gemini South di 8 metri, dotato di ottica adattiva e quindi in grado di correggere le distorsioni delle immagini stellari introdotte dall’agitazione dell’atmosfera terrestre.

Grazie all’alta risoluzione angolare raggiunta, è stata svolta una prima analisi dettagliata della popolazione stellare del sistema, tuttavia insufficiente per comporre un quadro definitivo. In particolare, non era chiaro se tutte le stelle registrate appartenessero all’ammasso, oppure se era presente una contaminazione da parte delle stelle del bulge. In una zona così affollata non è un compito semplice.

Per dipanare qualsiasi dubbio, il gruppo ha richiesto del tempo aHubble e le immagini in banda visuale ottenute sono state così combinate con quelle infrarosse del Gemini e ciò ha permesso di discriminare le stelle dell’ammasso da quelle di fondo.

Dai diagrammi colore-magnitudine è arrivata la sorpresa: l’ammasso ospita due distinte popolazioni stellari di età nettamente differente. La prima è stimata avere un’età di 12 miliardi di anni (pari all’età di formazione del bulge e in linea con quella di molto globulari), mentre la seconda risale ad appena 1-2 miliardi di anni.

Liller 1 non è quindi un ammasso globulare, ma va a infoltire la lista di residui galattici, giacché ospita una seconda generazione di stelle formatesi da gas chimicamente arricchito dalla popolazione stellare precedente e di cui sopravvivono i membri meno massici.

Lo stesso gruppo di astronomi aveva già smascherato, 11 anni fa, un altro oggetto camuffato da ammasso globulare, sempre nella stessa regione. Stiamo parlando di Terzan 5, in cui è stata rivelata la presenza di una popolazione vecchia e di una recente risalente a 4,5 miliardi di anni fa, molto più ricca di metalli.

Due oggetti di questo tipo aprono la strada a una nuova classe di oggetti legati alla formazione del bulge ed è plausibile la presenza di altri analoghi nei pressi del centro galattico.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.