Lo spazio profondo non è del tutto nero

GLI SCIENZIATI SCOPRONO UN DEBOLISSIMO CHIARORE CHE LO PERVADE

new horizons

Se guardiamo il cielo notturno, anche da un luogo davvero privo d’inquinamento, scopriamo che il cielo ha un suo chiarore dovuto a una debole emissione prodotta dall’atmosfera, detto airglow

Questo chiarore infonde talvolta suggestione alle riprese panoramiche notturne e si manifesta con un colore verdastro oppure rossastro e può essere rimosso dalle immagini ricorrendo a specifici filtri.

Viene istintivo pensare che fuori dall’atmosfera, il fondo cielo, vale a dire lo spazio vuoto tra le singole stelle, debba essere completamente nero, in altre parole con valori pari a zero sia nella scala di grigi e nei canali RGB, per dirlo nel linguaggio degli astrofotografi.

Il colore dell’Universo

Anche gli astronauti hanno sempre parlato di un cielo nero come la pece, tuttavia qualcuno, nella fattispecie Tod Lauer, un astronomo del National Optical Astronomy Observatory in Arizona, ha voluto verificare l’esattezza di tale asserzione chiedendosi se il cielo fosse davvero nero.

In altri termini, se togliessimo tutte le stelle, nebulose e galassie, l’Universo ci apparirebbe completamente nero, oppure di una pur lieve tonalità di grigio?

È una domanda difficile alla quale gli astronomi hanno cercato di rispondere per decenni. Ora, Lauer e altri colleghi della missione New Horizons della Nasa, riferiscono di essere stati in grado di determinarlo analizzando i dati presi dalla sonda nel suo viaggio verso il sistema di Plutone, raggiunto nel luglio 2015.

Dopo aver esplorato un asteroide Tno, ribattezzato (486958) Arrokoth, adesso la sonda si trova a circa 7,4 miliardi di chilometri, cinquanta volte la distanza che separa la Terra dal Sole, quindi ben lontana dalle principali fonti di disturbo nel Sistema solare interno. 

A quella distanza, anche la nostra stella è molto attenuata e non illumina significativamente la polvere interplanetaria, producendo il fenomeno della Luce zodiacale, e non interferisce così nella rilevazione di qualsiasi pur minimo segnale luminoso proveniente dallo spazio profondo.

Per cercare di rilevare il debole bagliore dell’Universo, i ricercatori hanno esaminato le immagini catturate con il piccolo telescopio e dalla fotocamera della sonda e hanno cercato quelle più vuote di sorgenti.

“Le immagini erano tutte del tipo che chiami semplicemente cielo vuoto. C’è una spruzzata di deboli stelle, c’è una spruzzata di deboli galassie, ma sembra casuale”, dice Lauer. “Quello che cerchi è uno scatto che non abbia molte stelle luminose nelle immagini o anche al di fuori del campo (di vista) che possano diffondere la luce nella fotocamera”.

Quindi, il gruppo ha elaborato queste immagini per rimuovere tutte le fonti conosciute di luce visibile.

Una volta sottratte le stelle, l’emissione diffusa dalla Via Lattea e qualsiasi altra sorgente dovuta a disturbi anche elettronici insiti nella strumentazione, è rimasta l’emissione proveniente dallo spazio extragalattico.

A questo punto è stata rimossa tutta la luce attribuibile alle galassie esterne e ammassi, scoprendo che rimane ancora un chiarore inspiegabile.

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Da dove provengono questi fotoni? 

Questo chiarore residuo è quasi uguale alla sommatoria della luce proveniente dalle galassie conosciute, nota Marc Postman , un astronomo dello Space Telescope Science Institute di Baltimora.

Quindi potrebbero esserci galassie ancora più lontane o una misteriosa fonte che ancora non conosciamo e che farà discutere gli astrofisici.

Già alcuni anni fa era stato condotto un esperimento simile, sempre con dati ottenuti dalla New Horizons, con risultati compatibili benché meno robusti.

Allora, da dove provengono questi fotoni? Forse, ci sono galassie nane molto più piccole e deboli che anche i telescopi maggiori non sono in grado di rilevare ma che cumulativamente fanno sentire la loro presenza.

Oppure c’è più “polvere” là fuori di quanto si pensi e ne registriamo la diffusione della luce, senza trascurare spiegazioni più esotiche chiamando in causa fenomeni assolutamente nuovi, magari attribuibili alla materia oscura, cioè quella misteriosa forma di materia che esercita attrazione gravitazionale su quella ordinaria visibile di cui ignoriamo la natura.

“Come persona che studia l’Universo, voglio davvero sapere di cosa è fatto l’Universo e quali sono tutti i suoi elementi”, dice Postman. “Ci piacerebbe pensare che i componenti che emettono luce siano qualcosa di cui possiamo davvero avere una buona percezione e capire perché ci sia così tanta luce”.

New Horizons è ora in una posizione davvero unica per svolgere tale ricerca che inquieta gli astronomi, tuttavia, anche dopo tutte le analisi, dice Lauer, “Lo spazio rimane ancora piuttosto buio, molto buio”.

In figura, un’esposizione ultra-profonda ottenuta da Giuseppe Donatiello in una piccola regione nella costellazione dei Cani da Caccia, non lontano dalla galassia M51. Sommando dati per circa 200 ore, si ottiene l’immagine di destra in cui il fondo cielo si riempie di debolissime sorgenti molto distanti e arrossate. Nel riquadro a sinistra sono stati sommati dati per circa 2 ore e, pur avendo usato lo stesso processo, il fondo cielo rimane alquanto scuro. 

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.