Come l’acqua spiega i pianeti mancanti

LA CAUSA RISIEDE NELLA LINEA DEL GHIACCIO

esopianeti

Tra gli oltre 4200 esopianeti a oggi conosciuti, c’è un’evidente abbondanza tra 1 e 4 volte le dimensioni della Terra, ma sorprende un’altrettanto evidente e misteriosa lacuna nella distribuzione, in mezzo ai valori più frequenti 1,3 e 2,4. 

In questo intervallo si conoscono davvero pochi pianeti e un gruppo di scienziati, sotto la guida dell’International Space Science Institute e del National Center of Competence Planets, ritiene di aver trovato una spiegazione sorprendentemente semplice al mistero della cosiddetta radius valley e ne illustrano i risultati in uno studio con prima autrice Julia Venturini.

La differenza è nella linea del ghiaccio

Studi precedenti erano stati in grado di spiegare la presenza della lacuna limitatamente alla formazione dei pianeti in specifiche zone intorno alla loro stella madre, però non sulle cause che producevano l’evidente demarcazione tra i raggi.

Il gruppo di Venturini ha potuto dimostrare che gioca un ruolo decisivo, la presenza o meno di acqua condensata. 

“Questo è in contrasto con la teoria della formazione dei pianeti. I pianeti si formano molto facilmente oltre la linea del ghiaccio (ice line, la regione fredda intorno alla stella oltre la quale l’acqua si condensa), ne accumulano molta e poi migrano tipicamente verso l’interno, finendo più vicini alla stella”, spiega Venturini. 

esopianeti

“Abbiamo scoperto che i pianeti che si formano solo da materiale roccioso secco rimangono molto più piccoli di quelli che accumulano ghiaccio man mano che crescono”, continua. Il processo di accrescimento dipende dalle diverse proprietà collisionali di rocce e ghiaccio e prescinde dalla zona di formazione originaria. 

Dal punto di vista della formazione planetaria, il modello proposto prevede che molte super-Terre/sub-Nettuno si formino oltre la linea del ghiaccio, indicando che i pianeti del secondo picco possono essere spesso costituiti per metà d’acqua e per l’altra da roccia, così com’è stato rilevato recentemente in alcuni spettri.

I pianeti nel primo picco potrebbero invece aver perso tutto il loro contenuto d’acqua ed essere rimasti dei nuclei rocciosi spogli. Pertanto, anche i pianeti che iniziano la loro formazione oltre la linea del ghiaccio possono diventare puramente rocciosi.

Tuttavia, quando si combinano i modelli di formazione ed evaporazione, sembra difficile ottenere pianeti di 10–40 masse terrestri e di raggio inferiore a quello di Nettuno. Tali oggetti potrebbero quindi essere nuclei nudi di acqua e roccia mista che si formano quando qualche meccanismo ne inibisca l’accrescimento del gas o lo rimuova dopo la formazione, come ad esempio la fotoevaporazione.

ghiaccio

Servono conferme

Nello studio è stato trascurato l’effetto delle collisioni in grado di rimuovere gas, soprattutto dopo che il disco proto-planetario sia stato dissipato. In particolare, gli impatti giganti che avvengono dopo la dispersione del disco riproducono meglio i dati, con una distribuzione molto simile alla casistica osservata.

Tali modelli riproducono così la lacuna e si dimostra che il primo valore più comune di circa 1,3 raggi terrestri deriva da pianeti rocciosi asciutti, mentre il secondo di 2,4 e rappresentato principalmente da mondi ricchi di acqua. 

Tuttavia, questo nuovo modello deve essere confermato e irrobustito con nuovi dati osservativi che arriveranno dagli strumenti futuri, tra cui Ariel (Atmospheric Remote-sensing Infrared Exoplanet Large-survey) dell’Esa e il James Webb Space Telescope.

In figura, un pianeta con 1,3 raggi terrestri e un sub-Nettuno ricco di acqua, pari a 2,4 volte le dimensioni della Terra. Le dimensioni intermedie sono molto meno comuni.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.