Acqua marziana sulla Terra?

TRACCE DI OSSIDAZIONE ALL'INTERNO DEL METEORITE MARZIANO NWA7533

ossidazione

Dopo l’annuncio della scoperta della fosfina nell’atmosfera di Venere – su cui stanno però già nascendo i primi dubbi a seguito di analisi con altri strumenti che non la rilevano – e della presenza di molecole d’acqua nella regolite lunare, è la volta di Marte.

All’interno di un meteorite marziano, NWA 7533, scoperto nell’Africa nordoccidentale (da cui la sigla NWA) nel 2012 gli scienziati hanno trovato chiari indizi di ossidazione che potrebbe essersi verificata quando sul pianeta rosso le condizioni ambientali erano ben diverse dalle attuali e l’acqua scorreva in superficie, in particolare nell’emisfero Nord del pianeta.

Acqua sul pianeta rosso

La presenza di acqua su Marte non è più argomento di discussione: molte volte sono stati trovati indizi della sua presenza sia grazie alle sonde in orbita che ai lander scesi sulla superficie (come per esempio il Mars Phoenix che “ammartò” nei pressi del Polo Nord marziano nel 2008 e scoprì la presenza di ghiaccio nel luogo di discesa).

E ricordiamo la scoperta di un sistema di laghi, forse addirittura collegati fra loro, sotto la calotta polare sud del pianeta rosso effettuata dal radar italo-americano Marsis a bordo della sonda europea Mars Express. 

Un testimone del passato di Marte

Ma adesso tracce di acqua marziana sembrano arrivate sulla Terra anche se all’interno di una meteorite proveniente dal passato remoto del pianeta rosso.

Datata circa 4,4 miliardi di anni fa, la meteorite sembra estendere la presenza dell’acqua fin dalla formazione di Marte suggerendo forse che essa possa derivare come conseguenza di qualche processo avvenuto all’inizio della formazione del pianeta, riproponendo il tema di come l’acqua sia giunta nel Sistema solare più interno.

Più antica di “Black Beauty”

NWA 7533 non è infatti la prima meteorite marziana a evidenziare indizi della presenza di acqua, trovati per esempio anche all’internodella più famosa NWA 7034, trovata sempre in Nord Africa nel 2011 e soprannominata “Black Beauty”, ma è sicuramente la più antica.

L’autore dello studio, il professor TakashiMikouchi dell’Università di Tokio, ha affermato di aver trovato segni evidenti dell’ossidazione che potrebbe essersi verificata durante un impatto terrificante che ha fuso parte della crosta del pianeta creando del magma di cui la meteorite è costituita.

Un tale impatto avrebbe dovuto provocare il rilascio in atmosfera anche fi ingenti quantità di idrogeno in un periodo in cui, verosimilmente, Marte aveva un’atmosfera di anidride carbonica più consistente di quella attuale. È ipotizzabile che, pur trattandosi di rocce di epoche geologiche diverse, sia stato lo stesso impatto a scagliarle nello spazio e a farle poi cadere nella stessa macroregione del nostro pianeta dove sono poi state ritrovate a distanza di un anno l’una dall’altra.

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