
Durante le notti invernali non passa inosservato l’ammasso aperto delle Pleiadi, un bel raggruppamento di stelle nel Toro.
Anche molte delle stelle di questa costellazione sono parte di un esteso e vicino ammasso aperto, le Iadi. E le stelle azzurre del Grande Carro rappresentano il nucleo di un gruppo distribuito su tutta la volta celeste.
Se ci trovassimo a sufficiente distanza, vedremmo queste stelle raggruppate in modo molto più compatto, come altre migliaia osservabili con un telescopio amatoriale sotto un cielo buio.
Gli ammassi aperti nascono nelle nubi molecolari poste lungo i bracci della Via Lattea e rimangono come gruppi compatti per un tempo limitato su scala cosmica, di norma per alcune centinaia milioni di anni, prima di disgregarsi per effetto delle perturbazioni gravitazionali interne alla Galassia.
Anche il Sole era un tempo all’interno di un ammasso, da cui si è distaccato già da miliardi di anni.
La scoperta delle coronae
Un gruppo di astronomi, guidati da Stefan Meingast dell’Università di Vienna, ha rivelato la presenza di vasti aloni stellari, chiamati coronae, distribuiti intorno agli ammassi aperti e composti da stelle che hanno abbandonato gli ammassi, ma sono ancora abbastanza vicine ad essi.
Tali stelle si mimetizzano nei ricchi campi stellari, ma sono riconoscibili come appartenenti all’ammasso grazie alla loro firma chimica, pressoché identica a quella delle stelle nel gruppo, e dai peculiari moti propri.
Grazie al satellite Gaia dell’Esa, il gruppo di ricerca ha potuto stabilire che un ammasso aperto rappresenta appena una frazione minuscola dell’intera famiglia di stelle coeve, distribuite in ampie aree intorno al nucleo centrale, spesso nettamente allungate.
Secondo lo studio, le coronae sono almeno dieci volte più estese della regione a più alta densità dell’ammasso. Per poterlo stabilire, il gruppo di astronomi ha sviluppato un algoritmo che – grazie all’apprendimento automatico – traccia gruppi di stelle nate insieme e che si muovono insieme nel cielo.

Analizzando dieci ammassi (Platais 9, M39, Alfa Persei, NGC 2451 A, IC 2602, NGC 2547, Blanco 1, IC 2391, NGC 2516 e Pleiadi) è emersa l’identificazione di migliaia di componenti disperse ormai lontane da essi, ma chiaramente appartenenti alla stessa famiglia.
Sarà ora necessario considerare tutte le implicazioni derivanti da questa scoperta, anche per quanto riguarda la formazione planetaria.
Di solito, al centro degli ammassi aperti, ci sono le componenti più massicce che emettono potenti radiazioni sterilizzanti verso i più vicini esopianeti. Nascere in periferia di un ammasso aperto non sarebbe quindi un male.
In testa, una ripresa dell’ammasso aperto M11 nello Scudo, eseguita dall’autore lo scorso agosto da Piano Visitone – Parco Nazionale del Pollino, con rifrattore 127ED e fotocamera Canon EOS 4000D.