Il Premio Nobel 2020 per la fisica ai Buchi Neri

A ROGER PENROSE, REINHARD GENZEL E ANDREA GHEZ L’AMBIZIOSO RICONOSCIMENTO

Un premio Nobel ai buchi neri era atteso da anni. Dopo quelli assegnati alla scoperta delle pulsar (Hewish – 1974) e della pulsar doppia (Hulse e Taylor – 1993), delle onde gravitazionali (Barrish, Thorne e Weiss – 2017) e dei pianeti extrasolari (Mayor e Queloz – 2019), in compagnia del teorico del Big Bang Jim Peebles (sempre lo scorso anno) si pensava che l’astronomia dovesse aspettare almeno un giro per vedersi di nuovo sul posto più alto del Nobel per la fisica.

E invece no, ecco che il premio 2020 è stato assegnato al britannico Roger Penrose, al tedesco Reinhard Genzel e alla statunitense Andrea Ghez. Il primo per i suoi studi teorico-matematici sui buchi neri, i secondi per aver ipotizzato la presenza di un buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea.

Diciamo la verità, se di buchi neri si doveva trattare in molti pensavano che il premio potesse andare agli scienziati del consorzio Event Horizon Telescope (Eht), autori di quella che nell’aprile 2019 venne definita la prima “fotografia” di un buco nero supermassiccio da sei miliardi di masse solari posto al centro della galassia M87 nella costellazione della Vergine, e che sta cercando da anni di produrre un’immagine di Sagittarius A*, il black hole al centro della nostra Galassia. Ma l’assegnazione dei Nobel spesso sovverte la logica dei pronostici e così è stato anche quest’anno.

Roger Penrose è divenuto famoso per i suoi studi sui buchi neri svolti spesso in tandem con il più celebre Stephen Hawking, che nonostante la sua fama e il suo impatto – anche mediatico – sulla fisica moderna non è mai stato insignito del Premio. Penrose, si legge nella motivazione dell’Accademia delle Scienze svedese, è stato premiato “per la scoperta che la formazione dei buchi neri è una robusta previsione della teoria generale della relatività” cioè per la formulazione, a metà degli anni 60 di nuovi modelli matematici “con i quali dimostrò che la formazione dei buchi neri era una inevitabile conseguenza della Relatività generale, naturale e attesa” continua l’Accademia.

L’altra metà del premio è invece divisa fra Genzel e Ghez (quest’ultima la quarta donna a ottenere l’ambito riconoscimento dopo Marie Curie, Maria Goeppert-Mayer e Donna Strickland) “per la scoperta di un oggetto compatto supermassiccio al centro della nostra Galassia”, il che sembra allontanare ulteriormente l’assegnazione del Nobel alla prima immagine del buco nero, anche se dovesse arrivare la tanto agognata immagine di Sagittarius A*, che era attesa da parte della rete Eht anche prima di quella del mostro al centro di M87. Ma, come si è visto anche quest’anno, con i premi Nobel non si può mai dire mai.

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