
Non solo Stati Uniti. L’Europa torna a festeggiare il suo ritorno nello spazio, dopo la lunga sosta imposta alle attività del settore dall’emergenza Coronavirus.
Si è da poco concluso con un successo il sedicesimo volo del lanciatore leggero Vega. Decollato stanotte dallo spazioporto di Kourou, in Guyana Francese, il veicolo ha rilasciato nelle loro rispettive orbite i 53 satelliti che componevano il suo carico. La missione, denominata VV16, ha aperto la stagione dei servizi di trasporto condiviso, il cosiddetto ride-share, dell’Agenzia Spaziale Europea. Un risultato di cui il nostro Paese è protagonista, grazie al fondamentale contributo di due aziende italiane: Avio, capofila del programma Vega, e SAB Aerospace, responsabile della realizzazione dello Small Spacecraft Mission Service (Ssms), il dispender modulare utilizzato per alloggiare i diversi payload lanciati.

Appartenenti a 21 clienti provenienti da otto Stati europei, i satelliti (7 microsatelliti, con peso compresa tra 15 e 150 kg, e 46 cubesat) stivati all’interno del quarto stadio del Vega, l’Attitude and Vernier Upper Module (Avum), hanno raggiunto la loro destinazione, un’orbita eliosincrona a circa 500 chilometri di distanza dalla Terra, un’ora e quaranta minuti dopo il distacco dalla rampa, venendo disseminati in sequenza dall’Ssms. Al termine dell’operazione, l’Avum ha riattivato il proprio propulsore per dare inizio al rientro verso l’atmosfera terrestre, dove è interamente bruciato evitando di diventare un detrito spaziale.
Progettato e costruito negli stabilimenti in Campania e Repubblica Ceca della SAB Aerospace per conto di Avio, prime contractor del progetto, l’Ssms sfrutta una struttura composta da un modulo esagonale, una colonna centrale, torri, una base di supporto e una serie di distanziatori con interfaccia satellitare, che è possibile assemblare in combinazioni diverse a seconda delle varie tipologie di satelliti che affrontano di volta in volta i lanci. Tutti gli elementi sono realizzati con pannelli di alluminio rinforzati da fibre di carbonio e protetti da pelli polimeriche che rendono l’intera piattaforma, una volta integrata, rigida, resistente e leggera. La configurazione del dispenser utilizzata per la missione VV16, denominata Flexi-3, ha un peso totale di appena 330 chili.
A motivare l’attenzione nei confronti del successo ottenuto dalla missione VV16, non sono solo le nuove opportunità legate all’impiego dell’Ssms, ma anche alcune delle soluzioni innovative adottate dai payload lanciati: l’Esa, per esempio, con il cubesat FSSCat, si prefigge di validare una tecnologia basata sull’intelligenza artificiale battezzata con la sigla phi-sat, al fine di selezionare a monte, prima del loro invio, solo le immagini del nostro Pianeta più significative raccolte dai tre velivoli. L’azienda italiana D-Orbit, invece, ha sfruttato il passaggio oltre l’atmosfera per uno dei suoi prodotti, lo ION CubeSat Carrier, a sua volta un dispenser per satelliti, scelto dalla compagnia statunitense Planet B per il trasporto di alcuni degli elementi della sua costellazione dedicata all’osservazione della Terra.
