
In una notte serena scorgiamo molte stelle e individuiamo in esse delle figure geometriche; notiamo inoltre gli addensamenti stellari nella Via Lattea, la nostra Galassia. Con un telescopio, possiamo poi scorgere molte altre galassie, aggregate in gruppi e ammassi.
Questa è però una visione “locale” del cosmo, ben differente dalla struttura che esso manifesta a grande scala, in cui gli ammassi di galassie formano lunghi filamenti che si aggrovigliano in una struttura di aspetto spugnoso. Andando ancora più lontano (e indietro nel tempo), tutto diventa sempre più omogeneo, o meglio isotropo, cioè sempre uguale in qualunque direzione si guardi.
La più antica radiazione che possiamo registrare è la Radiazione di Fondo a Microonde (Cmb), emessa 380 mila anni dopo il Big Bang. In quell’ambiente primordiale c’erano già delle piccole fluttuazioni, misurate con grande precisione dai satelliti che hanno mappato la Cmb, minime differenze di densità da cui si sono poi formate le galassie primordiali e le prime enormi stelle.
Quello che si osserva nella Cmb è ciò che ci aspettiamo da un Universo dominato dalla Materia Oscura e dalla Energia Oscura, in cui le galassie sono aggregate in ammassi e superammassi, intervallati da enormi spazi vuoti, simili a bolle.
Secondo il modello cosmologico Λcdm (Lambda Cold Dark Matter), le galassie primordiali furono attratte verso regioni più dense, presumibilmente ricche di materia oscura. Con l’espansione dell’Universo, si poi è formata l’attuale struttura a spugna. Il livello di uniformità nell’Universo primordiale consente di prevedere l’attuale distribuzione degli ammassi di galassie che dovremmo osservare e così possiamo mettere alla prova il modello cosmologico.
Un nuovo studio sulle galassie rileva che il modello previsionale non è completamente d’accordo con ciò che osserviamo. La Kilo-Degree Survey (KiDS) ha mappato più di 31 milioni di galassie sino a 10 miliardi di anni luce, mostrandone la distribuzione e il grado di raggruppamento statistico.
Analizzando i dati raccolti, un gruppo di astronomi ha scoperto che la disposizione delle galassie è circa il 10% più omogenea del previsto. L’Universo sarebbe quindi più isotropo di quanto si pensasse e queste osservazioni, se confermate, costringeranno a rivedere il modello Λcdm.