Tianwen-1, la risposta cinese alle domande su Marte

È partita stanotte, quando in Italia era da poco passata l'una; dovrebbe arrivare sul Pianeta Rosso il prossimo febbraio, con un orbiter, un lander e un rover

Per millenni filosofi e mistici si sono interrogati sulla realtà celata oltre il nostro cielo, considerato, a seconda delle varie discipline teoretiche, come residenza del divino, o come sede di una realtà più profonda. Sfidando questo approccio spirituale alla questione, la tecnologia oggi consente di rispondere attraverso strumenti in grado di spingersi verso i confini del Sistema solare, e di esplorare altri mondi. Osservando il lancio avvenuto ieri dal Centro spaziale di Wenchang sull’isola di Hainan, in Cina, del vettore Long March 5 con a bordo la seconda delle tre sonde protagoniste di questa estate all’insegna di Marte, non si può non riflettere su questa inconciliabile dualità, soprattutto alla luce del nome scelto dall’Agenzia spaziale cinese (Cnsa) per battezzare il primo tentativo di conquista del pianeta rosso da parte del colosso asiatico, Tianwen-1, letteralmente, “domande al cielo” o “la ricerca della verità celeste”.

Dopo la perdita nel 2011 dell’orbiter Yinghuo-1 nel corso della missione a guida russa Fobos-Grunt, Pechino ha rapidamente colmato il divario tecnologico con le altre potenze spaziali. Un’ascesa fulminea culminata nel gennaio dello scorso anno con l’allunaggio del rover Yutu-2 sulla faccia nascosta del nostro satellite, che ha consentito alla Repubblica Popolare di riversare le conoscenze e le competenze così acquisite nel progetto Tianwen-1. Sviluppata dall’accademia cinese di tecnologie spaziali, la sonda, il cui volo dovrebbe concludersi nel febbraio del 2021 – giusto in tempo per celebrare i cento anni dalla fondazione del partito comunista cinese – ha un peso complessivo di circa 5 tonnellate ed è composta da un orbiter, un lander e un rover. Una volta raggiunta l’orbita marziana, il primo avrà sia il compito di studiare per un anno il pianeta che quello di ritrasmettere i dati provenienti dal centro di controllo missione e dalla coppia formata da lander e rover. Lander e rover che affronteranno, due mesi dopo l’arrivo a destinazione della navicella, i cosiddetti “sette minuti di terrore” della discesa su Marte, cui dovrebbe seguire l’atterraggio, previsto in un’area denominata Utopia Planitia, una distesa pianeggiante già protagonista nel 1976 della missione statunitense Viking 2. In caso di successo, grazie ai suoi 13 strumenti scientifici, il veicolo robotizzato, dotato di sei ruote, inizierà poi l’esplorazione del terreno marziano, studiandone morfologia, composizione e analizzando le condizioni climatiche sulla sua superficie.

Tianwen-1 deve il suo nome al titolo di uno dei poemi di Qu Yuan, poeta cinese vissuto nel terzo secolo Avanti Cristo. Oltre a costituire il primo atto dell’ambizioso programma di esplorazione marziana annunciato da Pechino nel 2016, che mira nel 2030 a entrare in possesso di campioni del suolo marziano attraverso una missione di Mars Sample Return, incarna bene lo spirito della moderna Cina. Il dragone cinese è infatti alle prese con una delicata operazione volta alla riscoperta delle proprie millenarie tradizioni, rimosse durante la rivoluzione culturale, e insieme al consolidamento dello proprio status di super potenza mondiale per mezzo della crescita interna, come dimostrano gli ingenti investimenti economici stanziati negli ultimi anni dal Paese a favore settore aerospaziale, riconosciuto ormai trasversalmente come volano per l’economia.           

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