
Sin dalla scoperta dell’espansione cosmica per merito di Edwin Hubble nel 1929, il valore del tasso di espansione dell’Universo, la cosiddetta costante di Hubble (H0), è andato convergendo verso una misura sempre più definita e quindi restituendo una migliore datazione dell’Universo.
La stima attuale di H0 è intorno ai 74 km/s per megaparsec (unità equivalente a 3,26 milioni di anni luce), che comporta un’età dell’Universo di circa 13,8 miliardi di anni. Affinare tale stima è una delle sfide dell’astrofisica, con implicazioni molto profonde che abbracciano un’ampia rosa di discipline.
Una nuova serie di misure, eseguita con un gruppo di grandi radiotelescopi nel progetto internazionale Megamaser Cosmology Project, ha utilizzato galassie che manifestano uno specifico tipo di emissione elettromagnetica coerente nella banda radio (maser), che viene cercata presso i dischi di accrescimento dei buchi neri supermassici nei loro nuclei.
Se il disco è visto con la giusta prospettiva, i maser si manifestano come sorgenti puntiformi e possono essere usati per determinare la dimensione fisica del disco e la sua estensione angolare, da cui si ricava la distanza. Un metodo elegante perché, a differenza di altri, è basato esclusivamente sulla geometria.
Sono state studiate le galassie UGC 3789, NGC 6264, NGC 6323 e NGC 5765b (con distanze tra 168 e 431 milioni di anni luce), ricavando il valore H 0 = 73,9 ± 3,0 kms −1Mpc −1.
Il problema è che le nuove misurazioni inaspriscono la differenza esistente tra queste stime di H 0 e il valore ottenuto dalle misurazioni del fondo cosmico a microonde eseguite dal satellite Planck, che danno un valore H 0 = 67,4 kms −1Mpc −1: una differenza significativa e preoccupante.
Le nuove misure sono così precise che la discrepanza rispetto alle misure di Planck è attribuibile al modello cosmologico di riferimento, che andrebbe opportunamente corretto. Si tratta del modello Lambda Cold Dark Matter, che prevede un Universo composto da materia ordinaria, materia oscura ed energia oscura, evolutesi dal Big Bang.
Dalle nuove misure, emerge che le galassie sono più vicine di quanto previsto dal modello standard, un problema riscontrato anche con altri metodi di misurazione.
Appurato che il problema risiede nel modello, gli astronomi dovranno trovare il modo per calibrarlo per risolvere la discrepanza. Non è un compito facile, perché si tratta di intervenire su due entità di cui sappiano poco o nulla: energia e materia oscura.