“Artemis”: dalle regole lunari alla stazione Gateway

La Nasa lavora alle modalità di collaborazione per i futuri allunaggi. Incerto il destino della prossima stazione in orbita cislunare

Si va delineando con sempre maggiore chiarezza il futuro di Artemis, il programma spaziale grazie al quale gli Stati Uniti intendono aprire una nuova e duratura fase dell’esplorazione umana della Luna a partire dal 2024. Dettagli utili per comprendere le probabili tempistiche e modalità dello sbarco della prima donna e del prossimo uomo sulla superficie del nostro satellite sono stati rivelati dai vertici della Nasa nel corso della passate settimane, culminate con la presentazione di un corpo di linee guida volte a regolamentare le attività e l’utilizzo dello spazio extra atmosferico.

È un quadro normativo di cui l’ente spaziale americano si avvarrà per l’attivazione di trattati bilaterali con le agenzie spaziali che coopereranno al perseguimento degli obiettivi del programma. Ulteriori e importanti dichiarazioni hanno inoltre fatto luce sulle date previste per le prime missioni e sul destino del Gateway, la stazione spaziale che verrà realizzata in orbita cislunare.

Promuovere un’esplorazione spaziale che poggi su attività pacifiche, sicure e favorevoli per tutti: è questa l’idea al centro degli accordi Artemis, che stabiliscono un insieme di principi a cui tutti i partner internazionali intenzionati a collaborare con la Nasa dovranno attenersi. La loro promulgazione, annunciata il 15 maggio dall’amministratore dell’agenzia, Jim Bridenstine, si pone in continuità con l’ordine esecutivo firmato dalla Casa Bianca il 6 aprile, con il quale Donald Trump aveva auspicato il superamento delle norme in materia di sfruttamento delle risorse lunari raccolte nel Moon Treaty del 1979, ritenute non conformi alla politica spaziale degli Stati Uniti e agli interessi del Paese in questo settore (all’argomento è peraltro dedicata questa puntata di Space Economy, con gli interventi di Simonetta Di Pippo, direttrice Unoosa e di Andrea Sommariva, fondatore del See Lab dell’Università Bocconi di Milano).

Nonostante gli accordi Artemis formalizzino quindi l’indirizzo tracciato dal documento del presidente americano, che aveva ricevuto aspre critiche da parte di Cina e Russia, il loro intento più evidente è quello di rassicurare e coinvolgere i partner storici della Nasa, senza i quali l’agenzia non potrebbe garantirsi una presenza sostenibile e duratura sulla superficie lunare.  

Oltre a superare l’idea di spazio come bene comune, aprendo la strada all’estrazione e all’impiego commerciale delle risorse lunari, la policy proposta dalla Nasa per disciplinare le attività e la cooperazione nell’ambito del programma Artemis mira a implementare molti degli aspetti chiave presenti all’interno del diritto spaziale internazionale vigente, tra cui l’uso pacifico dello spazio e l’obbligo di registrare gli oggetti lanciati in orbita e di prestare soccorso agli astronauti che dovessero trovarsi in difficoltà. A questi principi se ne aggiungono di nuovi, quali l’utilizzo di sistemi che facciano ricorso a standard tecnologici interoperabili, la condivisione aperta dei dati scientifici, la trasparenza delle operazioni che verranno condotte, la protezione dei siti di interesse storico – come le aree di allunaggio delle missioni Apollo – e l’adozione di soluzioni che limitino la creazione di detriti spaziali. Da ultimo, ma non per importanza, gli accordi prevedono l’istituzione di zone lunari di sicurezza (Safety Zones) al fine di evitare situazioni conflittuali e pericolose derivanti dal sovrapporsi delle operazioni nella medesima area.

Grandi assenti nella lista delle attività che dovranno sottostare alla condotta prescritta dagli accordi Artemis sono le missioni inerenti al progetto Gateway: l’utilizzo della piattaforma, frutto di una collaborazione tra Stati Uniti, Europa, Russia, Giappone e Canada, sarà regolamentato da un’estensione del già esistente trattato intergovernativo (Iga) per la Stazione Spaziale Internazionale. Sul ruolo del Gateway nei piani per il prossimo sbarco lunare si è invece espresso Doug Loverro, amministratore associato delle operazioni e dell’esplorazione umana della Nasa, che lo scorso 13 maggio ha riferito come l’agenzia, nel tentativo di ridurre costi e rischi legati all’iniziativa, sta valutando, diversamente da quanto inizialmente programmato, la possibilità di lanciare con un unico vettore e nel novembre del 2023 i primi due moduli della stazione, il Power and Propulsion Element (Ppe) e l’Habitation and Logistics Outpost (Halo), già integrati. Il compito di raggiungere l’orbita lunare di destinazione sarà poi affidato al sistema di propulsione elettrica di cui sarà dotato il Ppe. Confermando quanto già anticipato a marzo, Loverro ha tuttavia ribadito che il Gateway non verrà utilizzato per la missione Artemis 3, durante la quale si dovrebbe concretizzare il prossimo allunaggio. La base verrà sfruttata solo in una fase successiva del programma.

Senza il supporto fornito da Gateway, anche le missioni che precederanno il ritorno sulla Luna potrebbero subire modifiche. La Nasa starebbe infatti pensando di aggiungere al profilo missione di Artemis 2, primo volo con equipaggio della capsula Orion, manovre dimostrative di avvicinamento tra il veicolo e un bersaglio, che potrebbe essere costituito dallo stadio superiore dello Space Launch System o da un satellite realizzato per l’occasione. Una scelta che anche in questo caso si inserirebbe in una strategia di riduzione complessiva dei rischi.

Sulla reale pianificazione delle future tappe di Artemis potrebbero tuttavia incidere le dimissioni dello stesso Loverro, giunte a sorpresa il 19 maggio. Dopo appena cinque mesi dall’inizio del suo mandato, secondo alcune indiscrezioni, il capo del volo umano della Nasa avrebbe rinunciato al suo incarico proprio a causa dei disaccordi venutisi a creare con i vertici dell’agenzia su alcuni aspetti del programma di esplorazione.        

Iscriviti alla newsletter

Email: accetto non accetto