
Si trova a mille anni luce da noi ed è stato annunciato dagli astronomi dell’Eso, l’Osservatorio Europeo Australe di cui fanno parte sedici nazioni, fra cui l’Italia.
Il buco nero è stato scoperto osservando il sistema doppio di HR 6819, una coppia di stelle nella costellazione del Telescopio, visibile perfino a occhio nudo dai cieli bui dell’emisfero australe. Grazie allo spettrografo Feros accoppiato al telescopio Mpg da 2,2 metri di diametro installato a La Silla, sulle Ande cilene, un team di astronomi ha scoperto che una delle due stelle orbitava con un periodo di 40 giorni intorno a un terzo compagno “oscuro”.
Fatti i conti, è risultato che questo oggetto misterioso è almeno quattro volte più massiccio del Sole: senza dubbio un buco nero di taglia stellare. Assolutamente silente, a differenza di altri suoi simili che interagiscono fortemente con l’ambiente circostante e causano quindi il rilascio di copiose emissioni di raggi X.
Secondo gli scienziati, con in testa Thomas Rivinius dell’Eso, primo firmatario dell’articolo che annuncia la scoperta su Astronomy & Astrophysics, potrebbero essere moltissimi i buchi neri con caratteristiche analoghe nascosti nella Via Lattea, addirittura centinaia di milioni. Infatti, i modelli di popolazione stellare indicano una notevole discrepanza fra i cosiddetti nonaccreting black holes (i “buchi neri non aggressivi”) che dovrebbero esistere e quelli scoperti.
Il problema è che i buchi neri “quieti” sono difficilissimi da trovare. Almeno un altro candidato, però, è sotto esame da tempo: si tratta del sistema stellare doppio LB-1 nella costellazione dei Gemelli, che potrebbe anch’esso rivelarsi un sistema triplo e ospitare un buco nero di caratteristiche simili a quello del sistema di HR 6819.
Questa scoperta, oltre a spalancare le porte verso ricerche analoghe, potrebbe aiutare a comprendere meglio i meccanismi di fusione nei sistemi multipli, che possono condurre anche alle fusioni fra buchi neri o fra buchi neri e stelle di neutroni, ovvero i primi fenomeni recentemente rivelati grazie alle onde gravitazionali e alla nascente astronomia multi-messaggero.