Ecco le tre aziende che ci riporteranno sulla Luna

La Nasa ha scelto gli enti privati che dovranno sviluppare il lander di "Artemis"

SpaceX, Blue Origin e Dynetics: sono queste le tre aziende private di cui ieri, giovedì 30 aprile, la Nasa ha reso noto il coinvolgimento nella fase di sviluppo e progettazione del lander di Artemis, il programma che, dal 2024, dovrebbe portare il prossimo uomo e, per la prima volta, una donna sulla Luna.

A darne l’annuncio, nel corso di una teleconferenza pubblica, l’amministratore dell’agenzia spaziale americana, Jim Bridenstine: “the Artemis generation is going to the Moon to stay” ha twittato subito dopo. Si scoprono così gli ultimi tasselli dell’articolato piano messo a punto dagli Stati Uniti per confermare il primato nell’esplorazione della Luna, dopo gli storici traguardi raggiunti tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta dalle missioni Apollo.

Mentre le “chiamate” di SpaceX, la compagnia spaziale del magnate sudafricano Elon Musk, e di Blue Origin, di Jeff Bezos, ribadiscono l’intenzione di pescare entità private nazionali, la selezione di Dynetics è significativa anche per l’Italia: ai programmi lunari della società di Huntsville, Alabama, partecipa infatti anche Thales Alenia Space.

La scelta è giunta al termine di un processo di selezione avviato dalla Nasa nel novembre del 2019 a seguito dell’invito a presentare proposte riguardanti nuovi sistemi integrati per l’allunaggio umano. L’iniziativa, che rientra nell’ambito della politica di apertura ai privati adottata negli anni recenti dall’ente americano, si propone di combinare le conoscenze e le abilità dell’agenzia con quelle del settore industriale interno, con l’intento di rendere sostenibile il ritorno sul nostro satellite e, al contempo, di aprire la strada verso lo sfruttamento commerciale dei servizi di trasporto da e per la Luna. Lo ha peraltro ribadito anche il controverso ordine esecutivo firmato da Donald Trump il 6 aprile, in cui si invitano le società a prendere parte allo sforzo per l’attuazione del programma Artemis, alla luce dei possibili vantaggi economici derivanti dallo sfruttamento commerciale delle risorse extra atmosferiche.

Con la decisione di ieri, SpaceX, Blue Origin e Dynetics si assicurano la sottoscrizione di contratti per un ammontare complessivo di 967 milioni di dollari, cifra che dovrebbe consentire alle aziende di definire e perfezionare i progetti entro la fine di febbraio 2021. Durante questo periodo, la Nasa stabilirà quale dei tre mezzi proposti effettuerà le missioni dimostrative iniziali e l’assegnazione di eventuali contratti di servizio. Il veicolo ritenuto conforme agli standard avrà perciò il compito di integrare il “sistema di trasporto lunare” di cui fanno già parte la navicella Orion, frutto della collaborazione con l’Agenzia spaziale europea, e lo Space Launch System, il lanciatore più potente mai progettato.

A contraddistinguere le tre proposte selezionate c’è una sostanziale distanza nel design. Una eterogeneità di configurazione che dimostra come la Nasa abbia voluto rimanere aperta a più soluzioni tecnologiche. Se l’Integreted Landing Vehicle (Ilv) di Blue Origin, capofila di un consorzio nazionale di cui fanno parte Lockheed Martin, Northrop Grumman e Draper, sarà infatti composto da tre moduli distinti – uno di ascesa, uno di discesa e uno di servizio -, i veicoli di SpaceX e Dynemics faranno affidamento su un singolo elemento con capacità di atterraggio e decollo. La Starship di SpaceX e il Dynetics Human Landing System differiranno tuttavia nelle modalità di rifornimento del propellente, che si svolgerà in orbita terrestre grazie all’utilizzo di un serbatoio lanciato in precedenza, nel primo caso, e in momenti diversi del volo nel secondo.              

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