Luca Parmitano: “Riunirci nella prospettiva comune di un grande sogno”

NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DEL VOLO UMANO NELLO SPAZIO, RICORDIAMO IL PRIMO COSMONAUTA

Nella tarda mattinata di 59 anni fa, i campi intorno Smelonka, un paesino della Russia sud-occidentale adagiato sulle rive del fiume Volga, diventarono lo scenario di un evento tanto curioso quanto straordinario. Dopo essere apparsa dal nulla, una misteriosa figura, resa irriconoscibile da un casco e da indumenti ingombranti di colore rosso, iniziò a procedere pesantemente verso un’incredula contadina del posto.

Terrorizzata dalla possibilità di essere entrata in contatto con qualcosa di alieno o con un nemico del comunismo (non dimentichiamo che la scena si svolgeva in piena Guerra fredda), la donna indietreggiò davanti all’indecifrabile presenza. Ma i suoi timori svanirono presto. Una volta raggiunta l’ignara passante, lo straniero rivolse a lei e alla ragazza che l’accompagnava – nel frattempo allontanatasi per la paura – parole rassicuranti: “Sono un amico, sono un sovietico!”, non prima di essere però riuscito a chiedere dove si trovasse il telefono più vicino, in modo da poter comunicare la sua posizione.

Sebbene il russo, la lingua in cui si esprimeva, rivelasse la sua origine, i sospetti della contadina non erano del tutto ingiustificati: quell’uomo proveniva davvero dallo spazio. Partito dall’allora base segreta di Baikonur a bordo della navicella Vostok-1 (“Oriente” in russo), aveva trascorso, primo nella storia, 108 minuti in orbita intorno alla Terra, a una quota compresa tra i 222 e 301 chilometri.

Quell’intrepido cosmonauta, il cui viaggio, in quel 12 aprile 1961, ebbe termine proprio nel bizzarro modo che abbiamo raccontato, dopo aver mancato di qualche chilometro il punto di atterraggio previsto, era Jurij Gagarin. È per celebrare la sua impresa straordinaria che oggi ricorre la Giornata internazionale del volo umano nello spazio.

Istituita nel 2011 grazie a una risoluzione dell’Ufficio affari spaziali delle Nazioni Unite (l’Unoosa), l’iniziativa rende omaggio a quell’innato spirito di esplorazione e di ricerca, di cui Gagarin è diventato un simbolo, che induce l’uomo a spingersi sempre oltre i confini dell’atmosfera terrestre e a superare le difficoltà insite in questa attività, che molto ha da insegnare nel momento difficile che stiamo affrontando.

Gagarin è stato solo il primo a superare la cosiddetta linea di Karman, la zona situata a 100 chilometri di altezza dalla superficie terrestre utilizzata convenzionalmente per definire l’inizio dello spazio extraterrestre: sono a oggi circa 600 le persone ad aver oltrepassato quel limite. Eppure, la sua preparazione da aviatore e le sue gesta rimangono un riferimento per tutti coloro che intraprendono la carriera da astronauta o da cosmonauta. Tra questi, anche Luca Parmitano, uno degli ultimi eredi del ruolo di professionista dell’esplorazione spaziale nato con Gagarin, da poco più di due mesi reduce dalla sua ultima missione sulla Stazione spaziale internazionale (Iss), durante la quale ha stabilito diversi record: primo italiano a ricoprire la carica di comandante della Iss e astronauta europeo con più ore di attività extra-veicolari all’attivo.

“Da ragazzino ero privo di una conoscenza esatta della differenza tra missioni quali Vostok-1 e Apollo 11; personaggi come Gagarin e Armstrong erano per me quasi indistinguibili a causa dell’aura mitologica che li circondava, facendo già loro parte dell’olimpo dell’astronautica”, racconta Parmitano. “Ho compreso la portata effettiva di quell’impresa solo più tardi. Una volta diventato pilota sperimentatore, mi sono infatti reso conto che ciò che rendeva ancora più importate il contributo di Gagarin era il fatto di essersi esposto all’ignoto, a un compito il cui risultato era all’epoca imprevedibile. Una componente che ha molto in comune con il volo sperimentale, in cui i rischi sono tuttavia minori. Oltre all’aspetto eroico del suo volo, su cui le persone di solito si concentrano maggiormente, le mie esperienze lavorative mi hanno anche consentito di cogliere la professionalità che Gagarin dimostrò affrontando consapevolmente le incognite insite in tutta la sua missione. A partire dal lancio, per finire con la rudimentale e pericolosa manovra di rientro, durante la quale il cosmonauta fu paracadutato fuori dall’abitacolo in cui si trovava: la Vostok-1 era priva di un sistema di atterraggio.”

Nel corso degli anni trascorsi da allora, l’astronautica, coadiuvata dal progresso tecnologico, ha compiuto passi da gigante, trasformando completamente la nostra percezione dello spazio, che appare oggi più vicino di quanto non sia mai stato, soprattutto grazie alla presenza del nostro avamposto tra le stelle, la Iss. Una trasformazione che ha riguardato, ovviamente, anche la figura dell’astronauta.

“La propensione pioneristica tipica di ogni esploratore”, spiega l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea, “è forse fra i pochi aspetti rimasti immutati dai tempi di Gagarin. La complessità dei tempi e delle operazioni delle spedizioni contemporanee è straordinaria: un elemento che ha caratterizzato anche la mia ultima missione, Beyond. Oggi si trascorrono 200 e più giorni in orbita svolgendo azioni individuali, come esperimenti e attività extraveicolari, impensabili cinquant’anni fa. Tutto questo ci fornisce la misura di quanto sia cambiato il ruolo dell’astronauta e di quanto siano estremamente più complicate le sue mansioni”.  

Nonostante la tecnologia abbia consentito di ampliare il campo d’azione dell’uomo oltre l’atmosfera terrestre, lo spazio rimane un ambiente ostile, che mette ancora a dura prova le sue capacità di sopravvivenza.

Il rischio fa sempre parte della consapevolezza che deve accompagnare l’astronauta”, ammette Parmitano; “per scongiurarlo, l’unico antidoto rimane l’addestramento, vale a dire avere comprensione completa di quali siano le capacità, non solo dell’individuo, ma anche del sistema che lo affianca. Quando parlo di sistema, mi riferisco sia alle macchine con cui interagiamo, con le quali bisogna avere assoluta confidenza, sia all’insieme degli operatori umani che forniscono il loro supporto. Il rischio è mitigato dall’integrazione di tutti questi elementi. Non essendo tuttavia possibile evitarlo completamente, è necessario avere la certezza di essere pronti ad affrontarlo con tutti gli strumenti a disposizione”.

A partire dal volo di Gagarin con la Vostok-1, la storia dell’esplorazione umana dello spazio è stata caratterizzata da un crescendo di successi, il cui culmine è rappresentato dalla conquista della Luna nel 1969, da parte dell’equipaggio dell’Apollo 11, e dalla realizzazione della Iss. Eppure, anche di fronte a questi incredibili risultati, l’uomo continua a considerare gli obiettivi raggiunti come semplici tappe intermedie di una ricerca focalizzata su orizzonti sempre più lontani. Sfide ambiziose a cui l’astronautica si sta preparando.

“Non è un mistero”, afferma l’astronauta italiano, “che le agenzie spaziali di tutto il mondo stiano collaborando per fare ritorno sulla Luna con finalità completamente diverse rispetto al passato, non più orientate a dimostrare la superiorità tecnologica di una nazione, ma volte a rendere possibile una lunga permanenza sul nostro satellite. Questo è quello che come astronauta vedo in atto e che mi auguro possa realizzarsi, poiché credo che l’esplorazione del nostro satellite sia fondamentale per farci diventare una specie interplanetaria. Se la Iss è oggi un luogo in cui sviluppare le tecnologie che ci consentiranno di arrivare sulla Luna, quest’ultima, a sua volta, ci permetterà in futuro di studiare gli strumenti necessari per allargare lo sguardo verso Marte” .

Una sottolineatura importante, che ribadisce quanto l’esplorazione spaziale oggi sia un modello collaborativo di successo. “Credo”, conclude Parmitano, “che uno dei valori che possiamo attingere dalla storia recente dell’esplorazione umana dello spazio sia quello della cooperazione internazionale. L’astronautica, per motivi che vanno dall’ottimizzazione delle risorse alla distribuzione degli oneri, è diventata un punto di riferimento della collaborazione fra Paesi diversi. Un’altra lezione di grande fascino da trarre da questo settore è la reale possibilità di riunire le persone nella prospettiva di realizzare un grande progetto, perché l’astronautica è un grande sogno che affascina tutti e che, a ben vedere, non richiede neanche un grande prezzo rispetto ad altri programmi. In un momento così difficile, inviterei quindi a riflettere sia sul 12 aprile, in quanto giorno in cui l’uomo per la prima volta ha preso coscienza della capacità di elevarsi sopra l’atmosfera terrestre, sia sul 13 aprile, data nella quale ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario dell’incidente dell’Apollo 13 – anniversario ricordato da Cosmo con un’intervista al comandante di allora, Jim Lovell, ndr – momento in cui i cuori dell’umanità tutta batterono all’unisono per la salvezza di tre uomini che non erano più solo astronauti, ma che erano diventati tre fratelli da riabbracciare quanto prima”.

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