Scienza e comunicazione, le due anime dello spazio che non si ferma

A COLLOQUIO CON MATTEO MILUZIO, DA EUCLID A “CHI HA PAURA DEL BUIO?”

Si aggiorna giorno per giorno la lista dei comunicati con cui le agenzie spaziali di tutto il mondo, al fine di adeguarsi alle misure per il contenimento del Covid19 e di salvaguardare la salute dei propri operatori, stanno annunciando lo stop e il conseguente ritardo di diversi progetti già sui blocchi di partenza. A pagare lo scotto della pandemia in corso anche missioni di alto profilo scientifico, come quella che prevedeva il lancio verso Marte del rover Rosalind Franklin a luglio.

Nonostante le inattese e dolorose sospensioni, che si tradurranno in un significativo incremento della spesa per i programmi di riferimento, il lavoro di progettazione del futuro del settore spaziale non si arresta, e con esso prosegue anche l’importante attività di comunicazione al pubblico delle sfide tecnologiche e scientifiche che verranno affrontate negli anni a venire, nel tentativo di aumentare la nostra conoscenza dell’Universo.

Uno dei portabandiera italiani di questi due imprescindibili aspetti dell’impresa spaziale è Matteo Miluzio, astrofisico impegnato nello sviluppo del telescopio spaziale dell’Esa Euclid, nonché amministratore, insieme a Lorenzo Colombo e Filippo Bonaventura, della seguitissima pagina Facebook, Chi ha paura del buio? Una iniziativa dedicata alla divulgazione nei campi dell’astronomia e dell’astrofisica, diventata negli ultimi anni un punto di riferimento per gli utenti. 

Matteo, tu fai parte del team che sta lavorando alla realizzazione di Euclid. Ci puoi dire di cosa si tratta e di quale aspetto della missione ti stai occupando?

Euclid è una missione dell’Agenzia Spaziale Europea in programma per il 2022, con cui cercheremo di studiare, per mezzo di un telescopio spaziale, la distribuzione di materia oscura nell’Universo e di ottenere informazioni che potrebbero consentirci di comprendere la natura dell’energia oscura. Il suo compito principale sarà quindi quello di creare una mappa della geometria tridimensionale del cosiddetto Universo oscuro, tramite l’analisi di una serie di osservabili cosmologiche.

Nello specifico, io mi sto occupando di sviluppare tutto il codice di elaborazione dei dati del telescopio sia ai fini del controllo quasi in tempo reale delle immagini che per la verifica della calibrazione del telescopio. Sostanzialmente, il suo scopo sarà quello di implementare un sistema rapido di analisi dei dati entro 48 dalla loro acquisizione per una valutazione preliminare della loro coerenza, individuando così eventuali problemi. Inoltre, il programma sarà anche responsabile della verifica dei parametri telemetrici della piattaforma, ovvero quelli che riguardano per esempio il suo puntamento o le prestazioni dei suoi sensori.

Tu ti trovi a Madrid, dove si trova il centro europeo per l’astronomia spaziale di ESA (ESAC). La Spagna, insieme all’Italia, è a oggi uno dei paesi più colpiti dalla pandemia. State riuscendo a portare avanti il vostro lavoro? Il lockdown imposto dalla pandemia vi sta causando problemi?

Io e il team di cui faccio parte stiamo continuando il nostro lavoro da casa, come peraltro la stragrande maggioranza dell’Agenzia Spaziale Europea, che già da oltre tre settimane ha ridotto la presenza nei siti al solo personale che deve garantire le operazioni di quelle missioni che necessitano dell’invio fisico di comandi ad alcune sonde, quali Mars Express o Tgo. Ovviamente, la distanza ci sta rallentando, ma grazie al web e alle sue applicazioni riusciamo comunque ad organizzare conferenze giornaliere di aggiornamento. Ci possiamo quindi definire molto fortunati, anche in considerazione di quanti non sono al momento in grado di lavorare che non hanno modo di tenersi occupati, anche e soprattutto dal punto di vista mentale, durante queste lunghe giornate di isolamento forzato.

Parlando invece del tuo secondo lavoro, se così lo possiamo definire, di divulgatore scientifico, vuoi parlarci un po’ del progetto Chi ha paura del buio? del motivo per cui, secondo te, sta riscuotendo un così grande successo? Oggi i vostri follower sono più di 258 mila. 

In realtà, la pagina nasce nel 2012 da un’idea Massimiliano Bellisario, che quello stesso anno aveva pubblicato un omonimo libro in cui si analizzavano le conseguenze di una possibile tempesta solare di proporzioni simili a quella che investì la Terra nel 1859 e nota come Evento di Carrington. Io e Lorenzo (Colombo) siamo subentrati come amministratori solo alla fine del 2013.

Negli ultimi sette anni, Chi ha paura del buio? è diventata perciò una parte importante delle nostre vite, nonostante il nostro rimanga un impegno che svolgiamo senza alcun tipo di compenso e nel tempo libero, e può in un certo senso anche essere considerata come un’attività che svolgiamo in maniera professionale, perché in tutto questo tempo abbiamo sicuramente accumulato una grande esperienza nella comunicazione della scienza sui social, che  ci ha consentito di raggiungere un vasto pubblico.

Il motivo della popolarità della pagina è difficile da individuare. Quello che è certo che noi ci atteniamo a un metodo di realizzazione dei contenuti che ci contraddistingue e che, contrariamente a quanto si ha modo di leggere il più delle volte online, prevede un’accurata e completa descrizione delle tematiche affrontate e l’indicazione di tutte le fonti di riferimento. Inoltre, una volta pubblicato un post, cerchiamo sempre di portare avanti l’interazione con i nostri utenti, rispondendo a tutte le domande che ci vengono rivolte. Un approccio che molto probabilmente ha contribuito a fidelizzare il nostro pubblico nel tempo.   

Per concludere, in questo momento così particolare, in che modo state cercando di rispondere alla richiesta di contenuti del vostro pubblico?   

Compatibilmente con i nostri impegni professionali, abbiamo deciso di approfittare del momento per aumentare la nostra presenza sia su Facebook che su Instagram, un social che non abbiamo sfruttato molto negli ultimi anni perché non si accorda con il nostro modo di fare comunicazione, con dirette giornaliere che riguardano argomenti differenti. Una scelta dettata proprio dalla consapevolezza che avremmo potuto cercare di riempire parte delle giornate dei nostri utenti costretti a casa e di cui siamo contenti. Infatti, il pubblico sta reagendo molto bene, inviandoci molte domande, a cui non siamo sempre in grado di dare una risposta prima che si esaurisca il tempo massimo di 60 minuti per i live previsto da Instagram. 

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