E’ già tempo di ripartire…

Breve resoconto di una missione da record, in attesa delle prossime sfide spaziali.

La speranza consiste nella possibilità di avere sempre qualcosa da raggiungere”: Sergio Mattarella aveva chiuso con queste parole il suo tradizionale messaggio di fine anno. Con le parole dette da Luca Parmitano durante il collegamento dalla Stazione spaziale internazionale di poche settimane prima, il 6 novembre. Che il discorso di saluto al 2020 del Presidente della Repubblica, inaugurato da una foto dell’Italia vista dallo spazio, culmini con una citazione extraterrestre dell’astronauta siciliano è significativo. Prima cosa, per la potenza del messaggio, che della speranza non solo sottolinea la responsabilità di chi deve renderla possibile, ma anche la dimensione attiva: sperare significa voler fare. Significa avere un traguardo sempre nuovo, agire per raggiungerlo e poi andare oltre. Significa fare di una fine l’inizio.

In più, come ha sottolineato proprio il Capo dello Stato, evocare lo spazio è onorare la nostra eccellenza. Vuol dire parlare di un settore in cui la ricerca, la tecnologia e l’industria italiane vantano un passato glorioso, un presente solido e un futuro che impone la stessa incisività.

Luca Parmitano rappresenta tutto questo insieme. Citarlo è fare proprie le parole di chi, dell’avere un traguardo spostato sempre più in là, ha fatto il proprio lavoro. Forse, la propria vita.

OLTRE I RECORD

Non è un caso che l’astronauta catanese, più precisamente di Paternò, dov’è nato il 27 settembre di 44 anni fa, abbia chiamato Beyond la sua missione, quella che si è conclusa il 6 febbraio nella steppa del Kazakistan).

Là, in Kazakistan, tutto era iniziato lo scorso 20 luglio, a 50 anni esatti dal primo allunaggio.

Un altro traguardo, un nuovo inizio: “una coincidenza di buon auspicio – ha sempre detto l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea – che ricorda come la nostra attività spaziale non sia mai una meta, ma la preparazione a procedere”. Di nuovo, un invito ad avere sempre qualcosa da raggiungere, qualcosa di più difficile, ma anche più prezioso per tutti.

“La stazione internazionale non è un punto di arrivo della nostra ricerca, ma di partenza – ha fatto eco Parmitano – lo sapevamo vent’anni fa, quando la abbiamo iniziato a costruirla, ne siamo ancora più consapevoli oggi: la tecnologia sviluppata fin qui e la scienza che abbiamo studiato, a sua volta stimolata da domande nate da nuove scoperte, confermano che abbiamo ancora molto da capire”.

Tutto il resto, ogni cosa fatta da Parmitano in orbita, è contenuto in queste poche parole. Compresi i suoi primati, quelli che a lui non interessano – “non è per i record personali che faccio e facciamo questo mestiere”.

Eppure, lungi dall’enumerarli come in un almanacco sportivo, i record personali suggeriscono molto, evocano un confine che le attività spaziali ridefiniscono di continuo.

Non è un caso che le “prime volte” – e non solo di Parmitano – si siano accumulate negli ultimi sei mesi sulla Iss.

A partire dal ruolo di comandante assunto proprio dal nostro astronauta, il 2 ottobre 2019, prima volta per un italiano e terza per un europeo dopo Frank De Winne nel 2009 e Alexander Gerst, nel 2018. “Invece che su di me – torna a ribadire Parmitano – sposterei l’attenzione sul fatto che un italiano sia a capo della stazione orbitante.

È un traguardo importantissimo per il nostro Paese. Significa che noi astronauti italiani, appartenenti alla grande famiglia degli astronauti europei, siamo ormai considerati alla stessa stregua dei compagni di avventura russi o statunitensi. Inizialmente erano loro che si alternavano ai comandi della stazione escludendo a priori tutti gli altri paesi. La nomina di un italiano come comandante significa che l’Italia c’è, è tra quei Paesi che sono  protagonisti in un settore e più in generale in un mondo veramente d’elite, quello dello spazio. In questo ambito siamo fra i pochi che possono sedersi intorno al tavolo dove vengono prese decisioni e lanciate iniziative”. Le parole del comandante riflettono l’atteggiamento del nostro Paese, che all’ultimo Consiglio ministeriale dell’Esa, lo scorso novembre a Siviglia, si è confermato il terzo contributore dell’agenzia mettendo sul tavolo 2,28 miliardi di euro, il 16% del totale e quasi un miliardo in più rispetto alla Ministeriale precedente.

“Ben oltre le attese iniziali” aveva detto a Cosmo Giorgio Saccoccia, il presidente dell’Agenzia spaziale italiana: “un segnale forte dal governo nel momento in cui si finanziano nuovi programmi”. Piani che coinvolgeranno l’Italia in ogni fase della filiera spaziale, dalla produzione dei lanciatori a quella di future navette (si legga la riutilizzabile Space Rider), dall’elaborazione dei dati provenienti dai satelliti all’esplorazione, sia essa robotica o umana come ha immediatamente confermato l’annuncio del ritorno in orbita, dopo il 2022, di Samantha Cristoforetti.

Sì, Luca Parmitano rappresenta tutto questo. E la sua Beyond non è stata da meno: in quanto a basi su cui fondare il futuro delle nostre attività oltre l’atmosfera, le Expedition 60 e 61, di cui Beyond fa parte, sono state fra le più importanti degli anni recenti, per motivi scientifici, tecnologici ma anche simbolici. Lo ha dimostrato il 18 ottobre la prima attività extraveicolare di sole donne – l’uscita delle astronaute Nasa Christina Koch e Jessica Meir cui Parmitano ha fornito supporto ai comandi del braccio robotico Canadarm2 – come anche l’arrivo in orbita del primo uomo degli Emirati Arabi Uniti, Hazza Al Mansouri, rimasto per una settimana sulla Iss proprio mentre l’astronauta italiano ne assumeva il comando.

Lo hanno dimostrato le prese di posizione di Parmitano rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici, da lui raccontati attraverso le fotografie, le comunicazioni social e gli interventi in diretta come quello, recente, alla conferenza internazionale sul clima tenutasi a Madrid, la Cop 25.

OLTRE LA SCIENZA

In ambito scientifico, gli oltre 250 esperimenti cui Parmitano ha preso parte (per la sua prima missione nel 2013, Volare, erano 40), ne hanno compresi trenta europei del tutto nuovi e sei commissionati all’Asi dalle nostre università.

Sono esperimenti in numerosi ambiti del sapere, dalla fisiologia umana alla fisica fino alla biologia, dalla scienza dei materiali alle dimostrazioni tecnologiche. Ognuno di loro potrebbe ridefinire il nostro modo di vivere e lavorare non solo nello spazio.

Ci sono state Acoustic Diagnostics, per valutare eventuali danni del sistema uditivo degli astronauti, e Nutriss, un’indagine di come il cibo, che in orbita è modificato, interagisce con un organismo che va adattandosi a un ambiente estremo. C’è stato xenoGriss, un esperimento con finalità scientifiche ed educative selezionato nell’ambito del bando dell’Asi Youth Iss Science 2019, con lo scopo di incoraggiare la collaborazione fra università e scuole secondarie di secondo grado su tematiche inerenti la ricerca spaziale. E ancora Grip e Grasp, progetti europei pensati, il primo, per far luce sui sistemi con cui il cervello impara a manipolare un oggetto nello spazio e, il secondo, per capire come si integrino le informazioni propriocettive con quelle proveniente dagli altri sensi – entrambi utili, qui sulla Terra, nello sviluppo di protesi, per esempio.

Ci sono state le quattro attività extraveicolari, che hanno regalato a Parmitano un altro primato (per l’Italia) e l’hanno riportato all’esterno della stazione dove, nel luglio del 2013, un’avaria alla tuta durante la famigerata Eva 23 stava costandogli caro. Un altro traguardo, che è solo un principio: le operazioni esterne alla Iss di  Parmitano hanno infatti culminato una delle operazioni più complesse mai realizzate in orbita, la manutenzione di uno strumento non progettato per essere riparato oltre l’atmosfera e adesso ancora funzionante, l’Alpha Magnetic Spectrometer,

OLTRE BEYOND

Che questa missione lascerà un’eredità pesante lo hanno infine dimostrato anche i tanti arrivi (altro record) delle navette costruite da compagnie spaziali private, da SpaceX a Boeing, gli ultimi lanci prima di quelli con  equipaggio, che inaugureranno la nuova era dello sfruttamento commerciale dell’orbita bassa. Oppure esperimenti come SpectreDemo, per cui Parmitano ha sfruttato il centro di ricerca commerciale europeo della Iss, chiamato ICE Cubes Service, un’altra frontiera dell’economia fra le stelle. Così come le indagini, si pensi ad Analog-1, con cui il comandante ha controllato attraverso un’interfaccia intuitiva un rover a terra, il preludio a uno scenario operativo che potrebbe diventare comune sul futuro Gateway o in missioni lunari come l’imminente Heracles (per non dire delle applicazioni terrestri, in zone difficilmente raggiungibili o colpite da catastrofi). A pensarci adesso, ha ragione lui: contano poco i record – fra cui comunque sarebbe possibile annoverare anche il primo dj set spaziale, lo scorso agosto, o una permanenza oltre l’atmosfera che ha superato l’anno (compresi i 166 giorni di Volare).

Quel che importa davvero è solo “mettere l’impegno al servizio dell’umanità”. Suonerebbe retorico, se non fosse vero. Perché sperare, sembra di risentire il Presidente Mattarella, significa proiettarsi sempre oltre con la  possibilità di arrivarci. Dopo sei mesi a bordo dell’avamposto umano più di frontiera, mentre tornava sulla Terra, Luca Parmitano non faceva che ripetere che è già tempo di ripartire.

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