L’Italia su Solar Orbiter

A COLLOQUIO CON DUE PROTAGONISTI ITALIANI DELLA MISSIONE SOLARE EUROPEA

In occasione del lancio di Solar Orbiter – partito verso il Sole alle 5:03 (ora italiana) di stamattina – abbiamo fatto qualche domanda a due fra i principali protagonisti italiani della missione, che si appresta a studiare da vicino la nostra stella: Marco Romoli, docente dell’Università di Firenze e principal  investigator dello strumento Metis (in figura), e Roberto Bruno, dell’Inaf-Iaps di Roma, co-investigator di Swa (Solar Wind Analyser).

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE E GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DEGLI STRUMENTI (RISPETTIVAMENTE METIS E SWA) A CUI LAVORATE?

Marco Romoli: Metis è un coronografo, cioè un telescopio che crea un’eclissi artificiale di Sole mediante un sistema di occultamento che impedisce alla luce del disco solare di entrare nel telescopio.

In questo modo Metis potrà osservare la corona solare da 1,7 a 3,1 raggi solari quando si troverà al perielio dell’orbita di Solar Orbiter, quella regione dell’atmosfera solare nella quale avvengono l’accelerazione del vento solare e l’evoluzione delle eruzioni solari chiamate coronal mass ejection (Cme). La misura dell’accelerazione del vento solare e il monitoraggio delle Cme sono gli obiettivi principali dello strumento, progettato per fornire immagini della corona solare in luce visibile polarizzata e nella riga fondamentale dell’idrogeno nell’estremo ultravioletto. In questo modo, per la prima volta, si otterranno immagini dell’idrogeno nella corona, che, insieme con quelle nel visibile, permetteranno di misurare la densità dei due principali componenti della corona: elettroni e idrogeno.

Roberto Bruno: Solar Wind Analyser è una suite di sensori dedicati alla misura del vento solare e rappresenta uno degli strumenti chiave di tutta la missione. Ricordiamo che il vento solare è un tenue flusso di particelle cariche proveniente dal Sole, che si espande alla velocità media di 450 km/s e trasporta con sé il campo magnetico superficiale della nostra stella. Il plasma del vento solare, globalmente neutro, è principalmente costituito da protoni, elettroni e nuclei di elio.

Alla distanza a cui orbita la Terra, la sua densità è mediamente di alcune particelle per centimetro cubo, ma la sua variabilità è alla base dei fenomeni che vanno sotto il nome di Space Weather (meteorologia spaziale) e che impattano fortemente sull’attività tecnologica sul nostro pianeta. Ne consegue che una piena comprensione dei meccanismi fisici che generano il vento solare e che causano la sua variabilità risulti fondamentale per poter progredire negli studi in quest’ambito.

Il principale obiettivo scientifico di Swa è quello di stabilire una corrispondenza fra i rapidi cambiamenti alla base dell’atmosfera solare, osservati da remoto, e le misure in-situ del vento solare. La scienza che sarà possibile sviluppare con Swa risponde ad almeno tre dei quattro principali obiettivi scientifici di Solar Orbiter: il primo, determinare le proprietà fisiche, la dinamica e le interazioni del plasma del vento solare, dei campi e delle particelle alla base della corona solare. Il secondo è studiare il legame fra la superficie solare, la corona e l’eliosfera interna. Il terzo obiettivo consiste nell’esplorare la dinamica e i processi energetici che caratterizzano l’atmosfera solare dalle scale globali (per esempio tipiche dei buchi coronali) alle scale che caratterizzano le particelle del vento solare come, per esempio, il raggio di girazione dei protoni. Quest’ultimo punto è di fondamentale importanza per la comprensione dei processi fisici che causano il riscaldamento e l’accelerazione del plasma, problema ancora insoluto e di enorme rilevanza non solo per la fisica solare, ma per l’intera astrofisica. A tale riguardo, vale la pena sottolineare l’importanza delle misure fornite da Swa, in quanto il vento solare è l’unico “laboratorio” a nostra disposizione in cui possiamo effettuare misure in-situ sui plasmi astrofisici non riproducibili in alcun modo nei laboratori terrestri. La precedente missione dedicata allo studio del vento solare, con un’orbita simile a quella di Solar Orbiter, fu la missione Helios costituita da due sonde lanciate nel 1974 e nel 1976 e, come si può facilmente intuire, con sensori di plasma dalle capacità strumentali notevolmente inferiori rispetto alle attuali.

QUAL È IL CONTRIBUTO ITALIANO AL SUO STRUMENTO E ALLA SONDA IN GENERALE?

Marco Romoli: Metis è uno strumento italiano. È stato definito nelle sue specifiche da un consorzio di istituti scientifici italiani tra cui l’Inaf, con molte delle sue strutture, le università di Firenze, Padova e Palermo e il Cnr di Padova, che avranno anche la responsabilità di caratterizzarlo, gestire le operazioni e l’analisi dati. Il coronografo è stato poi costruito da un consorzio industriale formato da Thales Alenia Space e da OHB Italia. La Repubblica Ceca e la Germania hanno contribuito fornendo rispettivamente gli specchi e i rivelatori dello strumento. L’Agenzia spaziale italiana finanzia sia la parte scientifica che la parte industriale.

Oltre a Metis, l’Italia ha finanziato la Data Processing Unit (o Dpu) dello strumento Solar Wind Analyser, gli algoritmi per la ricostruzione dei dati acquisiti dal telescopio a raggi X – lo Stix – e, a livello industriale, l’essenziale scudo termico della sonda, prodotto da Thales Alenia Space.

Roberto Bruno: L’intera suite di sensori viene gestita dalla Dpu, contributo italiano al Solar Wind Analyser. Nata da una proficua collaborazione fra il team scientifico dell’Inaf-Iaps di Roma, guidato dal sottoscritto, e il team industriale costituito dalla Tsd di Pozzuoli, la Planetek e la Sitael di Bari e la Leonardo di Taranto, è stata finanziata dall’Asi. La Dpu è l’unica interfaccia fra il satellite e i quattro sensori e può essere considerata il “cuore e il cervello” di Swa. Essa infatti comunica con il computer di bordo del satellite, distribuisce e controlla l’alimentazione dei sensori, comanda i loro diversi modi di funzionamento e ne controlla lo “stato di salute”. Riceve e analizza le misure fornite dai sensori, calcolando i valori dei principali parametri del vento solare come densità, velocità e temperatura ogni quattro secondi; comprime i dati in maniera loss-less (senza perdita di informazione) e li invia al computer di bordo. Inoltre, la Dpu è in grado di operare processi decisionali in maniera autonoma. Per esempio decide come gestire i diversi modi di acquisizione dei sensori in base al corridoio di telemetria imposto di volta in volta dallo European Space Operations Centre (Esoc) di Darmstadt, in Germania, e quindi rappresenta un rilevante esempio per missioni spaziali future.

QUALI SINERGIE SI POTRANNO INSTAURARE GRAZIE ALLA PRESENZA IN ORBITA ATTORNO AL SOLE DI UN’ALTRA SONDA, LA PARKER SOLAR PROBE DELLA NASA?

Roberto Bruno: Data la concomitanza della missione Parker Solar Probe, Solar Orbiter viene lanciato in una fase congiunturale estremamente positiva per lo studio in-situ dell’eliosfera interna.

La posizione relativa delle due sonde lungo le rispettive orbite offre la possibilità di effettuare misure coordinate quando le sonde saranno allineate radialmente, oppure quando saranno allineate lungo la stessa linea di campo magnetico. Per quanto riguarda le misure di Swa, saranno importanti gli allineamenti radiali, perché offriranno la possibilità di osservare lo stesso plasma a differenti distanze eliocentriche.

Questo permetterà di separare gli effetti spaziali dagli effetti temporali per la prima volta nell’eliosfera interna e acquisire informazioni dettagliate sull’evoluzione radiale delle  fluttuazioni che caratterizzano il vento solare. In particolare, saranno di grande importanza per lo studio della turbolenza magnetoidrodinamica e per il ruolo che essa ha nei processi di riscaldamento del vento solare quegli allineamenti che vedranno la Parker all’interno del raggio di corotazione della corona, laddove la velocità del vento solare in espansione è minore della velocità con la quale si propagano le onde di Alfvén, fondamentali ingredienti dei processi turbolenti.

QUANTO È COSTATA SOLAR ORBITER E QUANDO POTRANNO ARRIVARE I PRIMI RISULTATI?

Marco Romoli: Tenendo conto anche dei costi fino al termine della missione, nel 2030, il costo totale, incluso quello del personale scientifico, sarà di circa 1,5 miliardi di euro. Due euro a testa, se suddiviso tra tutti i cittadini europei. Dopo il lancio la sonda sarà sottoposta alla cosiddetta fase di commissioning, in cui il funzionamento del payload e della sonda sarà verificato e caratterizzato. Durante questa fase gli strumenti insitu saranno già operativi. In particolare, Metis acquisirà la “prima lucea metà marzo, anche se le operazioni scientifiche nominali inizieranno davvero nel dicembre del 2021.


(Vedi gli articoli di Antonio Lo Campo e Walter Riva su Cosmo 4 di febbraio 2020).

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