L’Europa verso il Sole

PARTE ALLE 5:03 (ORA ITALIANA) DEL 10 FEBBRAIO LA PIÙ IMPORTANTE MISSIONE DELL’ESA VERSO LA NOSTRA STELLA

L’Europa dello spazio si prepara a un’altra, grande missione scientifica. Obiettivo: il Sole. Dopo aver  inviato per prima sonde verso le comete e su di esse, verso Venere e Marte in modo autonomo, e cooperato con altri enti spaziali alle principali imprese di sonde interplanetarie degli ultimi decenni, ora l’Agenzia Spaziale Europea punta nuovamente verso la nostra stella, già studiata in dettaglio dalla “storica” (e produttiva) missione SOHO.

Questa volta lo fa con una missione battezzata Solar Orbiter (oppure con il breve nome SolO), che ospita a bordo anche esperimenti italiani e il cui lancio è in programma per la sera del 9 febbraio (in Italia saranno le 5.03 del 10 febbraio).

Dopo una serie di ritardi (su Cosmo di gennaio la partenza era prevista per il 6 febbraio), ora Solar Orbiter parte dal Kennedy Space Center, e anziché studiare il Sole da un punto lagrangiano (cioè fra Terra e Sole), andrà direttamente verso la stella, mantenendosi a distanza di sicurezza, visto che le temperature elevate possono danneggiare in maniera irreparabile un veicolo spaziale.

La sonda viene portata oltre l’atmosfera con un razzo vettore Atlas V della United Launch Alliance, dotato di un solo booster a combustibile solido e di uno stadio superiore Centaur, che imprimerà la spinta necessaria per dirigersi verso Mercurio e verso il Sole.

La missione Solar Orbiter fa parte del programma Cosmic Vision dell’Esa (in collaborazione con la Nasa) ed è stata realizzata e sviluppata da aziende europee capeggiate da Airbus Defence and Space. Dedicata alla fisica solare ed eliosferica, permetterà di studiare il Sole come non è mai stato fatto.

È previsto che la sua durata operativa sia di quattro anni, seguiti da una possibile estensione di ulteriori quattro, nel corso dei quali indagherà “sul posto” e misurerà con accuratezza senza precedenti il plasma solare, il campo magnetico, le onde, le particelle energetiche, in tutti i processi di formazione e dinamica.

Solar Orbiter avrà a bordo dieci apparati scientifici per osservare le turbolenze del Sole, i suoi fenomeni violenti (non solo sulla superficie), e studiare i cambiamenti che si verificano quando il vento solare si immerge ad alta velocità nel mezzo interstellare, scavandosi un proprio spazio al suo interno che delimita l’eliosfera. Otto degli strumenti sono stati proposti dagli scienziati a capo della missione, selezionati dall’Esa e, a parte una collaborazione con gli Stati Uniti, realizzati da nazioni europee: Belgio, Francia, Germania, Italia (con il contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana), Spagna, Svizzera, Regno Unito. Su Solar Orbiter c’è molta scienza made in Italy, grazie ai contributi dell’Asi e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Inaf, in particolare con tre apparati scientifici. Uno, dalla sigla Metis, è di responsabilità tutta italiana; altri due, lo Swa e Stix, sono di realizzazione britannica e svizzera, ma su Swa lavora un team guidato da Roberto Bruno, dell’Inaf-Ifsi di Roma e su Stix quello di Michele Piana, del Dipartimento di Matematica dell’Università di Genova. Swa analizzerà elettroni, protoni e ioni pesanti provenienti dal Sole, mentre Stix studierà le emissioni in raggi X. Metis è, appunto, lo strumento più “italiano” di tutti, perché capo commessa su progettazione e sviluppo è l’Osservatorio Astrofisico Inaf di Torino. Ci lavora dal 2008 il Gruppo di Fisica Solare, guidato dalla professoressa Ester Antonucci.

La realizzazione industriale dello strumento, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana, fa capo a un consorzio di industrie guidato dalla Compagnia generale dello spazio di Milano e da Thales Alenia Space Italia. “Metis è il primo coronografo, uno strumento dedicato interamente allo studio della corona solare, che lavorerà contemporaneamente in due bande spettrali diverse” – spiega l’astrofisico Alessandro Bemporad, dell’Osservatorio di Torino Inaf – “in particolare, acquisirà contemporaneamente immagini a banda larga nella classica luce bianca visibile, misurandone la componente polarizzata. Inoltre potrà scrutare la corona solare nell’ultravioletto in una banda stretta centrata sulla riga spettrale Lyman-alpha dell’atomo di idrogeno, la più luminosa di tutto lo spettro ultravioletto”. Lo strumento è stato testato per lungo tempo presso Thales Alenia Space a Torino  e presso il Centro Spaziale di Altec: “Con Metis – aggiunge Bemporad – ci aspettiamo dati inediti sul plasma solare, grazie alla compresenza delle osservazioni nella banda visibile e ultravioletta, che ci  permetteranno di misurare a tutte le latitudini non solo la densità del plasma coronale, misurabile dalla luce visibile, ma anche la sua temperatura oltre alla dinamica del vento solare”.

(vedi gli articoli di Antonio Lo Campo e Walter Riva su Cosmo 4 di febbraio 2020)

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