Australian Fires

Il ruolo dei servizi satellitari nella prevenzione e gestione dei disastri naturali

Il nostro pianeta è fragile e sempre più “caldo” e la cronaca è sempre pronta a ricordarcelo. L’esempio più recente riguarda l’eccezionale ondata di incendi che, alimentata da una delle estati più calde mai registrate in Oceania, tra ottobre 2019 e gennaio 2020 ha interessato l’Australia e che è costata la vita a 28 persone. Oltre alla perdita spropositata di circa un miliardo di animali e di una superficie boschiva pari all’estensione del Belgio.

Un’emergenza che non si ferma con l’arrivo delle piogge, perché le riprese satellitari mostrano che la gigantesca nube di fumo prodotta da questi incendi si sta spostando verso la Nuova Zelanda e nel giro di qualche mese si distribuirà intorno a tutto il mondo. Un disastro veramente “globale”.  

Oltre a testimoniare la tragica realtà del global warming, il triste resoconto dell’emergenza australiana sta contribuendo a portare all’attenzione pubblica il ruolo imprescindibile dei servizi satellitari nella prevenzione e nella gestione dei disastri provocati da eventi naturali estremi.

Nell’ambito del monitoraggio degli incendi, risultano emblematici i progetti Fire Information for Resource Management System (Firms) della Nasa e World Fire Atlas dell’Agenzia Spaziale Europea, applicazioni in grado di fornire indicazioni in tempo reale sulla presenza di fuochi attivi, grazie all’elaborazione dei dati provenienti da satelliti dedicati all’osservazione della Terra. Rispetto al passato, tali strumenti stanno inoltre iniziando a influenzare anche la narrazione pubblica di avvenimenti simili a quelli che si stanno verificando in Australia.    

Lo scorso 5 gennaio la pubblicazione di una ricostruzione 3D raffigurante le aree del territorio australiano colpite dai fuochi, postata su Instagram da un grafico di Brisbane, ha suscitato molte polemiche, tanto da essere additata come esempio di fake news. In realtà, l’immagine costituiva il riuscito tentativo di visualizzare l’estensione complessiva degli incendi, sfruttando i dati della piattaforma Firms relativi alle zone coinvolte nel periodo compreso tra il 5 dicembre 2019 e i primi giorni del 2020.

Sviluppato dall’Università del Maryland e finanziato dalla Nasa e dalla Fao, Firms nasce come strumento a supporto delle attività di sfruttamento delle risorse naturali e si avvale delle misurazioni effettate in differenti bande dello spettro elettromagnetico, da tre satelliti statunitensi (Aqua, Terra e Suomi Npp), in grado di produrre immagini ad alta risoluzione e di individuare le zone in cui sono presenti anomalie termiche dopo solo tre ore dal momento del loro passaggio sul territorio interessato.

“Interrogando” la piattaforma grazie all’inserimento di opportuni parametri, è possibile constatare come a metà gennaio l’emergenza incendi in Australia sia tutt’altro che risolta e come la maggior parte dei roghi sia localizzata nella parte sud-orientale del Paese, negli stati del Nuovo Galles del Sud e di Victoria.

L’analogo europeo di Firms è l’applicazione World Fire Atlas, curata dall’Esa, che si propone di offrire un sistema di mappatura globale degli incendi attivi, insieme a un servizio di allerta in tempo quasi reale, per ridurre i tempi di intervento. Per rendere possibile ciò, l’applicazione fa affidamento sui dati termici acquisiti dai Slstr (Sea and Land Surface Temperature Radiometer), radiometri con cui sono equipaggiati i satelliti Sentinel-3A e Sentinel-3B, due delle “sentinelle” che compongono Copernicus, la più avanzata costellazione satellitare dedicata all’osservazione della Terra mai realizzata.

“Nonostante possiedano una risoluzione pari a 1 km – spiega Olivier Arino, responsabile della sezione applicazione per i programmi di osservazione della Terra dell’Esa -, le sentinelle di riferimento di World Fire Atlas riescono a individuare incendi di dimensioni limitate e a determinare le loro temperatura, in virtù della notevole energia emessa dagli incendi.

I dati prodotti dalle sentinelle spaziali ci consentono quindi di realizzare una mappa globale aggiornata degli incendi. In caso di emergenza, l’esatta localizzazione degli incendi consente ai governi o alle agenzie di competenza di attivare strumenti d’intervento mirati, come quelli previsti dall’International Charter Space and Major Disasters, un accordo attivato nel 1999 che consente a tutti gli stati che ne fanno parte di far convergere su richiesta risorse satellitari nelle aree colpite da eventi naturali estremi.”

In figura, una mappa globale degli incendi rilasciata dalla piattaforma World Fire Atlas dell’Esa relativa al mese di novembre 2019. Si nota che anche la zona equatoriale africana è messa molto male, ma di questa stranamente non si parla.

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